LA LAVAGNA DEL SABATO -
13 luglio 2002
LA
LETTERATURA DELL'ESILIO
Daniela
Floridia* - Stefano Martello**
Premessa
Le
moderne tecnologie multimediali hanno letteralmente ridefinito
il campo d'azione di molti settori dell'agire umano; una situazione
che ha comportato rilevanti cambiamenti non solo nel corpus
della creazione - in qualunque campo la stessa dispieghi i propri
effetti - ma soprattutto nell'animus, rendendo evidente
un cambiamento di rotta per quanto riguarda i valori ora in auge.
Tale
breve premessa per rendere evidente come, al di là di dati
prettamente economici in merito alla "caduta" commerciale
del prodotto libro, l'essenza di questa rivoluzione culturale
sia da ricercare fondamentalmente in una modificazione delle strutture
sociali e dei valori che della stessa sono diretta emanazione.
L'affermazione - all'interno del contesto sociale occidentale
- di valori laici e pratici ha, di fatto, cancellato ogni traccia
di tradizione culturale del passato, ponendosi, nel contempo,
come terreno estremamente fertile per la crescita ed il consolidamento
della cosidetta Globalizzazione.
Una globalizzazione che ha appiattito lo strato sociale, rendendolo
uniforme, una globalizzazione che ha imposto i propri parametri
alle diverse culture dando luogo alla nascita di una società
anonima e non da tutti accettata, se è vero che tale processo
è stato compiuto in maniera inconsapevole e forzata con
l'aiuto di strumenti economici di coercizione e induzione (1)
.
Tra le attività che, sicuramente, più di altre hanno
patito tale inversione, vi è la letteratura, intesa non
solo come fonte di intrattenimento (2), bensì anche come
fonte di riflessione, imput prezioso per tutti coloro che continuano,
nonostante i tempi, ad intendere la cultura - in tutte le sue
variegate forme - come forza incentivante il progresso e la civiltà
sociale.
A tale proposito sia concessa una riflessione in merito all'Artista
- in qualunque campo operi - unitamente al suo ruolo nella società
occidentale che lo individua ancora come sognatore perso nelle
sue fantasie, e non come cittadino ben integrato nel suo status
sociale, professionista incaricato di giocare con la parola al
fine di provocare dibattiti e momenti di riflessione (3).
In questo senso, compito essenziale delle Istituzioni competenti
è quello di configurare l'operato dell'Artista alla stregua
di una vera e propria professione, eliminando l'odiosa situazione
attuale che vede tanti "operatori della cultura" stazionare
nel limbo del doppio lavoro: uno per vivere dignitosamente, l'altro
- spesso il lavoro artistico - per sopravvivere.
Ecco, allora, che il ruolo sociale dell'Artista diviene centrale
ed importantissimo; e a questo punto sovvengono le sapienti parole
dello scrittore franco algerino Tahar Ben Jelloun che afferma
come "per fortuna ci sono ancora società che prendono
la letteratura sul serio, dove un libro, un romanzo o persino
una poesia possono fare correre qualche rischio al loro autore;
paesi dove l'analfabetismo è ancora un fenomeno importante,
e dove essere un intellettuale comporta precisi doveri, dove si
chiede alla creazione letteraria di essere anche lotta politica,
opera sociale destinata a guarire certi mali".
Proprio grazie a queste splendide parole, si cercherà,
di seguito, di operare una difficile quanto necessaria riflessione,
la cui essenza si concentra soprattutto sul clima di apparente
benessere e gratificazione che permea la società occidentale;
dove, forse, molti aspetti della nostra vita vengono decisi in
maniera troppo poco consapevole, e dove gli aspetti problematici
(4) vengono ghettizzati sotto un ideale "tappeto sociale".
Abbiamo forse smarrito la facoltà alla critica e alla coesione,
troppo obnubilati dal comodo progresso e da un sentimento individualista
(5) che si insinua, sempre più, nel nostro sentire comune?
Pur non potendo rispondere in maniera certa alla domanda, rimane
il fatto che un certo tipo di letteratura - ancorata al dato reale
e finalizzata all'esame di tematiche di particolare rilievo sociale
- non riesce a trovare spazio all'interno del circuito letterario
europeo, se non dopo aver vinto qualche premio importante: quindi
non per ragioni di natura sociale, ma per motivazioni prettamente
commerciali.
Il riferimento, nello specifico, è rivolto alle tematiche
in merito al rifugiato il cui status, troppo spesso, è
confuso con quello dell'immigrato, ponendo la necessità
di una doverosa puntualizzazione.
Il rifugiato è una persona in pericolo costretta a fuggire
dal proprio paese d'origine in quanto perseguitato per la sua
razza, religione, nazionalità, per il gruppo sociale a
cui appartiene o per le sue opinioni politiche (6).
Storicamente, il fenomeno affonda le proprie radici nell'alba
dei tempi (7), ma senza andare troppo indietro nel tempo, ci basti
ricordare il poeta Ovidio - che trascorse gli ultimi nove anni
della sua vita in esilio -, Lev Lenin, Bertold Brecht, Luis Bunuel,
Albert Einstein; senza scordare un illustre protagonista della
vita politica italiana, quel Sandro Pertini che dovette riparare
in Francia per motivi politici.
Il fenomeno, poi, ha iniziato ad assumere rilievo istituzionale
con la creazione della Società delle Nazioni (1919) che,
per la prima volta, sperimenta meccanismi di organizzazione a
livello universale per contrastare un fenomeno che - complice
una difficile situazione politica (8) - diviene costante oggetto
di preoccupazione. L'esploratore norvegese Nansen viene nominato,
così, primo Alto Commissario per i Rifugiati (9).
Rifugiati
celebri
La
storia dei rifugiati rispecchia fedelmente la storia degli uomini,
e non poteva essere altrimenti, visto che la terribile decisione
di abbandonare la propria Patria, spesso dipende da eventi di
carattere politico e sociale.
Ecco che la letteratura dell'esilio assume un carattere importante,
perché, nella sua stessa essenza, si trasforma in una testimonianza
- storica, sociale, politica - rilevante, all'interno della quale
il dato letterario si arricchisce del dato sociale, riunendo in
un unico documento quelle che, a parere di coloro che scrivono,
sono le vere "armi" della letteratura: un foglio vergine
unitamente ad una penna carica di inchiostro, pronti più
di mille armate a portare una salutare distruzione, quella del
"buon senso" e della civiltà.
Publio Ovidio Nasone (10), ricco e colto frequentatore della Corte
imperiale di Augusto, nonostante il suo esilio fosse l'esilio
del ricco - non gli furono confiscati i beni e non venne neppure
radiato dall'ordine equestre a cui apparteneva fin dalla nascita
- visse la propria condizione con grande sofferenza, scrivendo
versi che indirizzerà, poi, agli amici più cari
e all'Imperatore.
Ma quale fu la colpa di Ovidio? Molti storici hanno affermato
che Ovidio fu vittima, essenzialmente, del nuovo ordine morale
che Augusto cercò di imporre all'indomani della disastrosa
sconfitta di Varo, in un momento politico in cui i vecchi ideali
della Roma imperiale si stavano perdendo, soffocati dal benessere
e dalla decadenza (11).
Un altro importante caso di esilio politico è quello di
Dante Alighieri (1265 - 1321) che, dopo l'esilio da Firenze, girò
di corte in corte, da Lucca a Verona, fino a Ravenna dove morì.
Tra le opere politiche, si cita la Monarchia, in cui le figure
del Papa e dell'imperatore sono raffigurate alla stregua di estremi
difensori e garanti della libertà e della pace, e, paradossalmente,
la Divina Commedia in cui - secondo gli studi di Giovanni Papini
- il poeta esternò il proprio risentimento verso i suoi
nemici politici.
Ancora, gli Autori citano Sigmund Freud (1856 - 1939) che, perseguitato
dai nazisti, abbandonò Vienna per recarsi a Londra; nel
suo "Psicologia delle masse ed analisi di me" edito
nel 1921, Freud, in un certo senso, anticipa l'inquietante potere
dell'illusione verbale sulle masse affermando che "le folle
non hanno mai conosciuto la sete di verità. Esse reclamano
illusioni alle quali non possono rinunciare
Docile mandria,
la folla non saprebbe mai vivere senza un padrone" (12).
E nonostante le pressioni della Gestapo, egli visse il suo esilio
in maniera tormentata, come emerge dalle parole di Ernest Jones,
suo discepolo che nella biografia scritta su di lui, racconta
come il padre della psicoanalisi si considerasse un disertore,
"un soldato che lascia la sua postazione".
Tale sentimento si afferma come il punto d'incontro di molti tra
coloro che hanno dovuto abbandonare la propria Patria; un senso
di inadeguatezza in cui la fuga viene vissuta come sottrazione
ai propri doveri morali e sociali, proprio come un soldato che
fugge dalla chiamata alle armi con un sotterfugio inesistente,
evitando un dovere ineliminabile quanto necessario.
Tra i letterati fuggiti dall'orda nazista, vi è anche Bertold
Brecht (1898 - 1956) che alla fine della prima guerra mondiale
compose il suo primo poema antimilitarista "La leggenda di
un soldato morto" a cui seguì la commedia pacifista
"Tamburi nella notte" che fu notata da Hitler ai tempi
del mancato colpo di stato nel 1923 e che, conseguentemente, rappresentò
il punto d'inizio di una persecuzione (13) che costrinse lo scrittore
a fuggire prima a Praga, poi a Londra e infine a New York.
La
parola ai rifugiati
Quando
si parla di rifugiati, si ha quasi sempre l'impressione di trattare
l'argomento in termini di gruppi piuttosto che di singoli individui,
dimenticando, troppo spesso, che il rifugiato è un uomo,
una donna, un bambino con propri ricordi, con un proprio bagaglio
di affetti, legami ricordi e speranze.
Quanto sopra ha convinto gli autori dello scritto in esame a introdurre
"pensieri" di non intellettuali, persone comuni, cittadini
comuni che hanno dovuto abbandonare la propria Patria per l'arroganza
e la mancanza di buon senso che, troppe volte, si pone prima della
logica politica.
Tutti gli scritti riportati sono parte integrante del fascicolo,
a cura del Consiglio Italiano per i Rifugiati, "Richiedenti
asilo e rifugiati, chi siete?"
La
scatola dei colori
Ho
una scatola di colori
In cui ogni colore esprime una sua felicità.
Ho una scatola di colori
Calda, fresca e allegra.
Non ho rosso per le ferite e il sangue.
Non ho il nero per un bambino orfano.
Non ho bianco per la faccia morta di un ragazzo.
Non ho il giallo per le sabbie gialle che bruciano.
Ho l'arancione per la voglia di vivere.
Ho del verde per radici e foglie.
Ho il blu per un cielo terso.
Ho il rosa per i sogni e il riposo.
Mi sono seduta e ho disegnato la pace.
Tail
Shurek (bambina tredicenne israeliana)
Canto di libertà
Cosa
non daresti per la libertà di un uccello;
senza territorio,
senza dimensione storica!
Così felice nella moltitudine della sua specie
e tra le altre specie.
A volte sul ramo,
a volte nell'infinito senza repubblica.
Cosa non daresti per agitare
un paio d'ali nello spazio.
Anonimo
(Nicaragua)
Dove sono gli eroi della mia terra?
Dove
sono gli eroi della mia terra?
Voglio sapere ciò che è nascosto
per ritrovare me stesso;
lasciatemi indagare!
Percorro una via ignota
perché un involucro
mi ricopre l'anima;
dove sono i miei intellettuali?
I miei preti?
La mia strada?
Voglio una prospettiva di libertà
anche per me!
Ndjock
Ngana
Io
Io
non sono duro
ma la mia vita
era dura
e qui dietro il petto
c'era il mio cuore
non questa pietra.
Yhia
Allsallal
* Ufficio Stampa del Consiglio Italiano per i Rifugiati
- www.cir-onlus.org
** Giornalista
Note
(1)
Il lettore veda la politica attuata dai paesi industrializzati
nei confronti del paesi del terzo mondo: una politica che, sotto
l'alibi dell'aiuto e della solidarietà, è finalizzata
esclusivamente ad una colonizzazione economica e sociale, attraverso
l'imposizione di visioni tese alla sostituzione di valori obsoleti
ed antistorici.
(2)
Anzi, si può tranquillamente affermare che la funzione
dell'intrattenimento si sia affermata come unico movente dell'opera
letteraria.
(3)
S. Martello, Un moderno antropologo dell'anima, intervento al
1° Congresso Nazionale dell'Unione Nazionale Scrittori, Roma,
febbraio 2001.
(4)
Il lettore intenda tali aspetti come poco consoni e poco adatti
al piano generale imposto dalla società occidentale.
(5)
La creazione di un modello culturale di riferimento, che ha imposto
i propri parametri alle diverse culture, ha portato paradossalmente
ad un riemergere di antistorici rigurgiti nazionalisti che, nel
quadro generale in esame, si affermano come unica arma di difesa
per vincere un pericoloso quanto inquietante "anonimato sociale".
(6)
Dati del Cir - Consiglio Italiano per i Rifugiati, organizzazione
umanitaria indipendente, costituitasi nel 1990 sotto il patrocinio
dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR/UNHCR),
istituito nel 1950. I Rifugiati presenti in Italia, secondo dati
UNHCR risalenti al gennaio 2000, sono 22.870, con 9620 richieste
d'asilo presentate; in Europa, invece, vi sono ben 4.856.326 Rifugiati
con ben 466.587 richieste d'asilo.
(7)
Il primo esempio di espulsione può essere individuato nell'episodio
di biblica memoria di Adamo ed Eva.
(8)
Basti pensare alla disgregazione dell'Impero Ottomano, e in seguito,
ai rifugiati della guerra civile spagnola e ai rifugiati austriaci
vittime della persecuzione nazista.
(9)
Nel 1921. Il lettore ricordi che, in onore dell'esploratore è
stato istituito un premio, che consiste in una medaglia e in una
somma in denaro pari a centomila dollari, e che viene assegnato
ogni anno a una persona o a una organizzazione che si sia distinta
nel sostenere la causa dei rifugiati. Tra i recenti vincitori
la Signora Graca Machel e Luciano Pavarotti.
(10)
Poeta latino tra i maggiori, contemporaneo di Virgilio, Orazio
e Catullo, fu condannato all'esilio nell'8 d.C. su ordine dell'Imperatore
Augusto.
(11)
Altri affermano che Ovidio fu testimone delle dissolutezze che
si svolgevano a corte, ma la teoria più accreditata riguarda
il sostegno politico fornito dal poeta ad Agrippa, nella corsa
alla successione al trono dell'imperatore, che l'imperatrice Livia
voleva destinare a Tiberio, suo figlio di prime nozze. A sostegno
di tale ipotesi, l'evidente rancore dello stesso Tiberio che,
durante il suo regno, rifiutò ogni atto di clemenza nei
confronti del letterato.
(12)
Il pensiero è stato espresso utilizzando una citazione
di Gustave Le Bon.
(13)
Persecuzione che culminò nel 1935 con la perdita della
nazionalità, episodio a cui l'Autore rispose, qualche tempo
più tardi, con un laconico "Non mi fece né
caldo né freddo. La sorte dei fuggitivi non mi sembrava
peggiore di quella di coloro i quali erano restati in patria".
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