ORGOGLIO

Rubem Fonseca

In diverse occasioni aveva sentito dire che dalla mente di un individuo che sta per morire affogato sfilano in vertiginosa rapidità i principali avvenimenti della sua vita e tutto ciò gli era sempre sembrato una gran baggianata, fino al giorno in cui accadde che stava morendo, e mentre moriva, si ricordò di circostanze dimenticate, della notizia di giornale secondo la quale durante la sua infanzia povera se ne andava in giro con le scarpe bucate, senza calzini e dipingeva l'alluce per camuffare il buco, in realtà aveva sempre usato calzini e scarpe senza buchi, calzini che sua madre rammendava con cura, e si ricordò dell'uovo di legno molto liscio e levigato che lei infilava nei calzini per rammendarli, rammendando tutti gli anni della sua infanzia, e si ricordò che sin da piccolo non gli piaceva bere l'acqua ché se ne beveva un bicchiere tutt'intero rimaneva senza fiato, e così passava intere giornate senza bere una goccia visto che non aveva i soldi per comprare succhi o altre bibite, e che a volte di nascosto alla madre preparava un dissetante a base di dentifricio Kolynos, ma non sempre avevano dentifricio a casa, e nell'istante in cui stava morendo si ricordò anche di tutte le donne che aveva amato, o quasi tutte, e persino del pavimento di legno colorato di rosso di una casa dove aveva vissuto, e sebbene angustiato non riuscì a rammentare di quale casa si trattava, e anche del primo scadente orologio a cipolla che ruppe il primo giorno che aveva usato, e poi della giacca blu di flanella, e il dolore che lo aveva fatto strascicare per terra, e del medico dicendo che doveva fare un'urografia, e quanto più la morte lo assediava tanto più i ricordi antichi si mescolavano a quelli recenti, lui che arrivava in ritardo all'ambulatorio del medico mentre quest'ultimo si era già vestito per uscire, aveva già dispensato l'infermiera, e il medico frettoloso, ansioso come chi deve raggiungere una ragazza molto desiderata, che lo invitava a togliersi la giacca, ad arrotolare la manica della camicia e a sdraiarsi sul letto di metallo mentre spiegava che infondo l'urografia era questione di un minuto, bastava iniettare il liquido del contrasto e fare le lastre, e il medico si curvò sopra il letto per applicare il contrasto nella vena del braccio e lui avvertì l'odore delicato del suo profumo e poté notare la sua cravatta a pois, e non ci volle poi molto perchè avvertisse la propria laringe occludersi impedendogli di respirare e cercò di allertare il medico, tuttavia non riuscì a emettere alcun suono e i ricordi tutti gli tornarono alla mente, la notizia di giornale, la giacca blu, il pavimento di legno, le donne, l'uovo liscio di legno della madre, mentre il medico in un angolo dello studio parlava al telefono a bassa voce, e poiché sapeva che stava morendo batté con forza sul metallo del letto, il medico spaventato e in preda al nervosismo rigirava i cassetti degli armadietti, imprecando, dando colpa all'infermiera e pregandolo di rimanere calmo, che gli avrebbe fatto un'iniezione antiallergica ma non trovava il maledetto farmaco, e pensò sto morendo soffocato, vita e morte corrono fianco a fianco, e cosciente della sua morte imminente e inevitabile, si ricordò delle parole di una poesia, devo morire ma questo è tutto ciò che farò per la Morte, visto che non aveva mai sentito la minima afflizione per lei, e nell'istante in cui moriva non le avrebbe permesso di impossessarsi della sua anima, poiché il massimo che la morte avrebbe avuto da lui era il morto stesso, e così pensò alla vita e alle donne che aveva conosciuto, alla madre che rammendava i calzini, all'uovo liscio di legno, alla notizia di giornale, e batté con forza sul comodino di metallo, sbeng! sbeng! sbeng! sto pensando alle donne che ho amato, sbeng! sbeng! sbeng! pensando a mia madre, e in quel momento il medico, senza sapere cosa fare, tormentato e spaventato dai colpi fragorosi che infieriva al letto di metallo, lo guardò con grande tristezza e commiserazione, e lui gridò nuovamente sbeng! sbeng! che perdonava il medico, sbeng! sbeng!, che perdonava tutti, mentre la sua mente percorreva velocemente le reminiscenze di una vita, il medico, stavolta in preda all'impotenza, disperato e confuso, gli tolse le scarpe, e lui sollevato il capo notò ai piedi un paio di calzini neri, e vide nel calzino del piede destro un buco che lasciava intravedere l'alluce, e si ricordò come sua madre era orgogliosa, come lui stesso lo fosse, e che questo era sempre stato la sua rovina e la sua salvezza, e pensò non me ne starò qui a morire con un buco nel calzino, non sarà questa l'ultima immagine che lascerò di me al mondo, e contrasse tutti i muscoli del corpo, si contorse nel letto come uno scorpione che arde sul fuoco e con uno sforzo brutale riuscì a far penetrare aria attraverso la laringe con un urlo spaventoso, e l'aria espulsa dai polmoni fece un gran rumore ancor più bestiale e terrificante, e sfuggì alla Morte e non pensò più a niente. Il medico, seduto su una sedia, si asciugò il sudore del viso. Lui si alzò dal letto di metallo e si infilò le scarpe.


(Traduzione dal portoghese di Cristiana Sassetti)





Rubem Fonseca (Juiz de Fora, Minas Gerais, 1925 -) autore di romanzi, racconti e sceneggiature cinematografiche, è uno desgli scrittori più popolari e tradotti del Brasile contemporaneo. In Italia sono usciti i libri Romanzo Nero e L'arte di andare a piedi per le strade di Rio de Janeiro per la Biblioteca del Vascello, Agosto per il Saggiatore e Buon Anno per la Voland.



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