ANDARE PER MARE

Donatella De Rita

 

Andare per mare mi piace. Anche quando il vento tira forte e le onde scuotono lo scafo. Me ne sto rintanato dietro l'oblò a guardare i rivoli d'acqua inseguiti dal vento che si scompongono e ricompongono come l'acqua del torrente. Cielo e mare non si distinguono più e l'orizzonte è una distesa di grigio compatto. Ascolto il borbottio del motore che risponde a quello del vento e delle onde e la piccola cabina mi appare un antro sicuro, un incavo di tappo che non può annegare mai. Sono molti anni che vivo più sul mare che sulla terra, tanto che la resistenza del suolo sotto i miei piedi mi dà sempre una sensazione di fastidio, come se la terra mi resistesse. Invece il fondo della barca in mare è elastico ed accompagna il passo come se camminassi su di un materasso a molla. Adesso conduco le barche da un porto all'altro per i ricconi che non le sanno guidare. Prima stavo sui pescherecci, ma non mi piace vedere i pesci presi in trappola. I lampi di luce sprigionati dai loro corpi che si contorcono al sole mi sembrano sempre urla di ribellione. Poi, i ricchi pagano bene e non vanno mai di fretta. Insomma è meglio, anche se mi sembra di essere più un autista che un marinaio. Ma guadagno bene e non devo lottare più con la fatica del pane quotidiano. D'estate va meglio che d'inverno, ma anche d'inverno non va mica male, perché per i ricchi le vacanze ci stanno sempre. A volte me ne vado da solo, perché loro poi vogliono solo la barca da attraccare al porto e farci le cene con gli amici, ma per mare mica ci vogliono andare, con le onde grosse ed il vento che fa rivoltare la barca. Tanto meglio, me ne sto da solo, come piace a me, a guardare il mare e a fare quello che c'è da fare. D'estate invece capita spesso che mi tocca fare il cascamorto con le belle dei padroni. Fa parte del mestiere. Loro se lo aspettano ed io lo devo fare. Ma a letto non me le porto, non voglio grane e poi se Virginia lo venisse a sapere mi caverebbe gli occhi. Che donna Virginia! Un corpo che mi fa venire i brividi, con i seni prepotenti che sembrano pesche che stanno lì apposta per essere mangiate. E come si muove! E'strano, perché lei in barca non ci viene quasi mai, ma quando cammina mi fa venire in mente le onde ed il loro dondolio.....la sua gonna che scivola sui fianchi e stringe appena le anche rotonde e la curva soda delle natiche. E anche i capelli ricci e lunghi che scendono quasi alla vita, prepotenti anche loro, mi fanno pensare a mille serpenti e a quelle cose della mitologia che ogni tanto mi raccontava mio nonno. Quando li attorciglio sulle dita, mi viene di chiamarla Eva, forse per l'associazione d'idee con il serpente o perchè lei mi guarda in un modo, ma in un modo che non saprei dire, ma mi fa rigirare le budella e me lo fa rizzare all'istante. Mi manca quando il vento grida contro le onde ed io sto nella cuccetta e guardo la lanterna che oscilla ed emette fiochi bagliori come se ci fosse un camino acceso. Ci penso sempre, soprattutto quando ci sono donne a bordo che mi provocano tanto per divertirsi, perchè io sto lì a loro disposizione. Mi viene voglia di tirarglielo fuori per farglielo vedere, uno che tira ancora, mica come quello del padrone. Allora ci penso apposta a Virginia e mi metto a fantasticare di quando saremo di nuovo insieme

E' quasi l'ora di pranzo e Virginia cammina pigra per gli stretti vicoli del paese. Poi, da un vicolo buio, sbuca all'improvviso nel porticciolo e come sempre lo spettacolo del paese arroccato sulle rocce a picco sul mare e le piccole barche colorate tirate a secco la fanno sorridere di piacere. Ma il paese d'inverno non le piace molto, perchè in giro non c'è nessuno, il mare del porticciolo è vuoto e lascia che lo sguardo si perda in lontananza, a ricordarle che quello è un piccolo posto dove nessuno ci tiene a venire d'inverno. Invece d'estate si anima, arrivano barche grandi di lusso e sul molo e per tutto il lungo mare c'è una ressa di corpi nudi e profumati che esalano sospiri, si strusciano e si guardano con un'emozione che a lei fa girare la testa. Stamattina il porticciolo è vuoto. C'è il sole ma un vento freddo arriva a folate e si insinua tra le pieghe della gonna e sotto le trame del maglione fino a farla rabbrividire. Virginia vuole comprare del pesce fresco e cerca il marinaio della Lola che è uscita nella notte e ha sentito dire che ha fatto buona pesca. E' un po' tardi ma forse Mario non ha ancora venduto tutto il pesce, e a chi dovrebbe venderlo che non c'è nessuno?! Il pensiero di Mario la eccita. Eh sì, Mario è proprio un bell'uomo, con i capelli ricci e neri lunghi sul collo e gli occhi chiari, così chiari che sembra abbiano rubato un ricciolo delle onde del mare. Lui la guarda di sottecchi in un modo che a lei ricorda il grasso gatto che se ne sta sul termosifone di casa.
Ed ha la pelle del colore del mogano, lucida e soda, così tesa sui muscoli delle braccia e delle spalle che tutte le magliette che porta sembrano sempre troppo strette. Ma non è proprio la bellezza del suo corpo che l'attira; è il suo modo sicuro di muoversi; la sua voce giovane; il suo modo di guardare e le cose che dice. Mario parla della vita come se fosse un frutto maturato apposta per lui. C'è una tale vitalità in lui che stargli accanto è un piacere. E' per questo che lei lo cerca quando rimane da sola, quando d'inverno la casa vuota diventa buia troppo presto ed il silenzio si rincorre per le poche stanze e nel cortile. Non rimane che la povera cena ed il letto vuoto e freddo. Il pensiero di Alfredo la prende di sorpresa e si scopre a desiderarlo come quando erano ancora fidanzati. Adesso che sono sposati, pensare così ad Alfredo le sembra una cosa perversa. Soprattutto perché non le è mancato durante il giorno, in realtà non ci ha pensato mai. E' abituata a svolgere i suoi lavori senza averlo tra i piedi ed anzi la sera non deve pensare a cosa vorrà mangiare, non deve affrettarsi per fargli torovare la cena pronta e non deve neanche preoccuparsi se se ne va ad ubriacarsi al bar. Ma la notte, la notte pensa al suo corpo caldo, alla sua barba morbida ed alla sua pelle che sa di mare. Vorrebbe risentire l'odore dolciastro del tabacco della sua pipa e le sue mani sui suoi seni. Il corpo le sta per scoppiare e tra poco prenderà fuoco anche se l'aria è fresca e se scosta le lenzuola diventa subito di ghiaccio. Quanto manca al ritorno di Alfredo? Una o due settimane? Non riesce a ricordare quando è partito e se le ha detto che tornerà questo Venerdì o il prossimo. Un tempo troppo lungo e lei non riesce a prendere sonno. Si rivede al porticciolo vicino alla barca rossa di Mario. Si sorprende del rossore sul suo viso e della sua risata cristallina. Vede nei suoi capelli i riflessi del sole e si accorge che il giaccone si è aperto sul maglione e che lei quasi casualmente ha scostato il largo giro del collo per mettere in risalto il suo seno sodo. Come sarebbe se nel suo letto ci fosse Mario? E come brillerebbero i suoi occhi di mare nella penombra della stanza?. Come sarebbero le mani di Mario sul suo seno? E risente il tocco delle sue dita; quando le ha dato il pesce, le sue mani sono rimaste sulle sue più del necessario e lui l'ha guardata dritta negli occhi, con quell'intensità con cui a volte guarda il mare e a lei sembra che se lo voglia bere in un lungo sorso senza riprendere fiato.

Quando l'ho conosciuta era poco più di una bambina. Me la ricordo che correva sulla spiaggetta del porto con i piedi nudi in mezzo all'acqua e la gonna che le si inzuppava e lei, niente, indifferente, con i capelli nel sole e quei seni prepotenti offerti all'aria e al mio sguardo. Quando mi vide si fermò di botto e smise di ridere. Io l'ho saputo da quel momento che ci saremo innamorati. Nel paese se ne sono accorti subito della nostra storia e tutti a dire che Virginia era troppo giovane per me, era troppo giovane per il matrimonio, era troppo giovane per fare la moglie di un marinaio che se ne sta sempre in mare. Allora stavo sui pescherecci e non tornavo a casa per mesi. Ma di Virginia mi fido.
Adesso la barca fila liscia senza alcun rumore. Solo un lieve fischio che rincorre quello del vento. Domani arriverò al porto. Questa traversata è stata difficile: ha piovuto tutto il tempo e mi è toccato andare spesso di motore anzichè di vele. Sono stato contento che non c'era nessuno con me sulla barca. I ricchi si spaventano sempre con questo tempo! pensano che Dio glielo mandi apposta per punirli dei loro peccati. Io di peccati ne faccio pochi, sempre in mezzo al mare, e a Dio ci penso poco perchè è come se lui fosse il mare stesso o il cielo. Magari un peccato lo faccio col pensiero. Quando penso a Virginia e al piacere del suo corpo; ma non lo so se Dio ne sarebbe offeso. Virginia è mia moglie. Domani sarò di nuovo a casa! e far l'amore sarà come stare di nuovo in mezzo al mare. Lei sotto di me si muove come le onde ed il suo corpo è fresco e morbido come quando nel mare ci nuoto. Chissà che sta facendo adesso? Lei è una brava donna. Mi aspetta e non appena apro la porta mi si butta tra le braccia e mi trascina in camera da letto e sembra un'affamata che non si sazia mai di me. Gli altri uomini neanche li guarda.

Virginia spia il tramonto dietro le finestre di casa. Il cielo infuocato sembra striato di nero quà e là, ma la tramontana ha già portato via i nuvoloni più neri e ora che il vento è calato l'aria profuma intensamente di mare. Il rumore della risacca riempe lo spazio degli stretti vicoli e s'amplifica rimbalzando sulle pietre della strada. Una malinconia densa e fitta le sale dal petto e le si incastra in gola. Il resto della giornata è un antro buio nel quale non vuole addentrare lo sguardo. Potrebbe preparare un dolce per Alfredo. Si rende conto solo allora che non si è mai preoccupata del mare grosso e della tempesta dei giorni scorsi. Ma per Alfredo guidare una barca in piena tempesta è la stessa cosa che farlo in bonaccia. Rivede il corpo solido di Alfredo, la calma dei suoi gesti lenti e misurati. E' per questo che lo ha sposato. Le è subito apparso come lo scoglio in mezzo al mare. Solo con il tempo si è resa conto che a volte lo odia, per averla indotta piano piano a navigare in acque troppo tranquille, senza osare mai. L'ha protetta, messa al riparo da ogni insicurezza ed incertezza, ma Virginia alla fine si sente un oggetto fragile e prezioso nascosto in un angolo sicuro della casa perché non si rompa. E stasera ha la sensazione che la vita le sfugga via dalle mani, che passi su di lei come l'onda della risacca che abbandona la spiaggia per tornarsene in mare aperto senza lasciare indietro niente. Virginia prende lo scialle nero frangiato di perline ed esce con passo sicuro. Il paese le appare diverso con l'oscurità che si sta espandendo in ogni angolo e le luci fioche che deformano gli oggetti. Non è abituata ad uscire da sola con il buio ma si dice che è ancora presto, il sole non è tramontato del tutto e lei farà solo una scappata al porto per vedere quali barche si stanno preparando per la pesca della notte. Quella di Mario c'è. La riconosce ancora prima di averla vista bene e di aver letto il nome dipinto di bianco sulla fiancata purpurea. E c'è anche Mario che sta trafficando chino sulle reti ed intanto fischietta. Virginia si avvicina con passo ondeggiante. Si stringe al petto lo scialle e si rammarica di non aver passato un velo di rossetto sulle labbra. Mario la scorge e le sorride. Non sembra sorpreso di vederla e non le chiede cosa fa in giro per il porticciolo a quell'ora insolita. Come se avessero lasciato un discorso in sospeso inizia a parlarle della fatica della giornata e degli scherzi con i compagni. Virginia ascolta i colpi del suo cuore che si placano al tono tranquillo della voce di Mario, mentre la notte scende sul mare e le luci del paese in alto si accendono per moltiplicare le stelle. Si siede sul bordo della barca e Mario poggia il piede nudo accanto alla sua gamba. Poi si china in avanti verso di lei e con fare casuale le passa lieve una mano sulla guancia per scostarle una ciocca ribelle. Un brivido attraversa la schiena di Virginia come se un lampo avesse attraversato il cielo e lei è quasi sicura di averlo visto. Glielo dice e lui sorride guardando lontano. Il porticciolo è pieno di richiami e di luci improvvise dei marinai che stanno preparando le barche. Ma a Virginia sembra che ci siano solo loro due, loro due e il rumore della risacca che sbatte sulla sabbia piatta.

E' l'alba quando Virginia rientra da sola nella sua piccola casa. Una luce lattiginosa ha appena rischiarato il cielo e una nebbiolina impalpabile sale dagli angoli delle strade e serpeggia nei rigagnoli ai bordi dei vicoli. Il silenzio sembra una coltre pesante che ancora si attarda sui tetti delle case. Le brucia la pelle come se fosse scottata. Le fanno male gli occhi per non aver dormito mai, ma il cuore le canta come quando era bambina e si sentiva felice solo di poter respirare e correre lungo la spiaggia. Tutto il paese lo saprà presto che è stata fuori la notte da sola nella barca di Mario. Anche se hanno cercato di rimanere scostati dalle altre barche e lei si è messa la cerata ed il berretto da marinaio di Mario. Risente il vento nei capelli e gli spruzzi delle onde che le arrivavano in piena faccia. Mario le ha fatto governare la barca, ha lasciato che manovrasse la grossa fune di ormeggio e tirasse giù e su l'ancora e le reti per i pesci. Rivede i lampi argentei dei corpi che guizzavano sui suoi piedi e risente la pesantezza delle reti colme. Lo spazio angusto della barca dove i loro corpi si erano sfiorati più volte e alla fine si erano stesi a guardare il cielo. Non è pentita. Sa di aver fatto un torto ad Alfredo. Un torto imperdonabile. Ma Alfredo è lontano, confuso con l'odore ed il colore del mare. Alfredo potrebbe essere suo padre! e lei gli vuole bene come ad un padre ma adesso sa che l'amore è un'altra cosa. Nell'aprire l'uscio di casa viene colpita dal riverbero del primo sole sulla sua fede d'oro. L'eco di una promessa fatta con troppa leggerezza, l'anello di una catena che adesso vorrebbe sfilare come la trama del suo maglione di lana. Appoggia la fronte sul legno duro e si scopre a pregare Dio che non permetta ad Alfredo di tornare.

Virginia contro sole è l'immagine più bella che abbia visto nella sua vita. Il sole che si attarda sui contorni del suo corpo e lascia al buio lo scintllio dei suoi occhi. La sua pelle d'avorio e le sue labbra carnose sui denti bianchi. Le mani di Virginia, lunghe e forti, tenere e calde. Le sente ancora sulla sua schiena e sul petto e tra i capelli. Rubare un gesto d'amore è il suo mestiere, nel paese tutti conoscono Mario e le sue storie di donne. A lui è sempre sembrato che la vita andasse vissuta così, almeno fino a quando una donna più intrigante delle altre non gli avesse offerto un figlio e un focolare dove tornare ogni sera. Ma che questa potesse essere Virginia non se l'era sognato mai. Virginia è la moglie di Alfredo, il vecchio lupo di mare. Non aveva neanche sperato che lei si accorgesse di lui, fino a che a poco a poco si era reso conto che Virginia era sempre intorno a lui e che il suo corpo emetteva scariche elettriche capaci di accenderlo come una lampadina. Allora aveva pensato per la prima volta che il vecchio lupo di mare era davvero troppo vecchio per Virginia. Lo aveva sentito dire al paese molte volte. Tutti si chiedevano come sarebbe andata a finire quella storia di matrimonio tra un uomo più che adulto ed una ragazzina. Ma stare insieme a quel modo è stata una pazzia. Il paese gli si rivolterà contro, a lui e anche a Virginia: questi tradimenti urlati senza alcun ritegno, sotto gli occhi di tutti ,non sono tollerati. E neanche a lui farebbe piacere incontrare Alfredo al bar. Ma Virginia è salita sulla barca come se andasse ad una festa, senza neanche un attimo di esitazione. Mario si prepara un caffè caldo. E adesso? questa domanda è in agguato dentro di lui da quando la barca ha toccato terra; ed è tornata mentre scaricava il pesce e con la coda dell'occhio seguiva il passo di Virginia che furtiva scappava verso casa. E quella fuga gli sta piantata in gola come il nodo di un tradimento.

Appena girerò la punta vedrò il porto. Sto arrivando a vele spiegate come si addice al vecchio lupo di mare. Avrei dovuto avvisare Virginia per vederla sul molo ad aspettarmi! Ecco, ecco il paese abbracciato alla roccia; uno di questi giorni se ne verrà giù, dritto nelle fauci del mare che lo aspetta a bocca spalancata. C'è vita sul molo! Non mi aspettavo tanta gente, ma già, è l'ora del passeggio! Bè farò la mia figura con questa barca. Spero che Lino sia pronto all'attracco, mi fido solo di lui per queste manovre. Vai, vai bella, ce la siamo guadagnata la terra questa volta. Dio quanto mi piace questo momento: solenne come una cerimonia in chiesa! I miei gesti lenti e precisi e la barca docile che si infila dritta tra la punta di roccia ed il molo proteso verso il largo, il suono della sirena ed i corpi delle persone che da piccoli piccoli diventano grandi. Piano piano il filo di fumo della pipa diviene dritto sul naso ed io sono costretto a chiudere un occhio, ma non smetto di girare il timone ed il ronzio del motore diviene un borbottio sempre più lento finchè non si spegne e la barca accosta piano al molo ed urta appena i galleggianti.
Con un balzo scendo sul molo per stringere le mani e mi prendo con gioia le pacche sulle spalle. Ma mi accorgo quasi subito degli sguardi sfuggenti e dei sorrisi sotto i baffi. C'è una aria strana in giro stasera, qualcosa di stonato. Presto tutti si allontanano da me e me ne rimango solo a fare le ultime cose e questo non mi quadra per niente.
"Lino va tutto bene? E' successo qualcosa durante la mia assenza?" Lui scuote solo la testa e continua a fumare e siccome io continuo a guardarlo interrogativo guarda il mare fisso come se fosse la prima volta che lo vede. Della mia traversata non mi chiede niente. Allora il presentimento di qualcosa di triste mi prende allo stomaco e mi azzittisco. Il paese non parla solo quando ci sono di mezzo fallimenti e tradimenti.

Alfredo risale il vicolo stretto, attento a poggiare i piedi al centro delle pietre dell'acciottolato. La sacca blu gli pende da una spalla ed il suo corpo magro oscilla piano come se sentisse ancora il dondolio delle onde. Virginia non è sulla soglia di casa. Il silenzio lo insegua e lo incalzi ed una sensazione d'ansia lo costringe ad accelerare il passo. La mano si ferma un'attimo prima di spalancare l'uscio sulla stanza. Virginia sta seduta al tavolo con la testa tra le mani. Quando sente il fruscio della porta alza appena la testa ed i suoi occhi lucidi guardano Alfredo con l'intensità dell'animale ferito.
Ad Alfredo sembra che il mondo si frantumi con il fragore dei vetri rotti e ancheVirginia gli sembra un vaso di cristallo andato in pezzi. Per un attimo ha solo voglia di picchiarla. Poi chiude per un istante gli occhi e vorrebbe vederla scomparire, vorrebbe non fosse mai esistita e poi,sconfitto, darebbe chissà che cosa perchè non fosse successo niente, magari anche solo per non averlo mai saputo! Invece Virginia si alza e va verso la finestra stringendosi le braccia al petto. Alfredo vede in trasparenza le lacrime che le scendono giù per le guance e lei ogni tanto fa il gesto di scansarle via. Poi Virginia mormora "Mi dispiace". Mi dispiace e basta. Non dice altro e continua a guardare fuori la finestra ed Alfredo continua a stare fermo sulla soglia con la mano sulla maniglia senza sapere cosa fare: "Dovrei ucciderli, il tradimento si paga con la vita!" ma sente le braccia pesanti, così pesanti che la mano scivola via e rimane abbandonata lungo il fianco. Mentre si allontana per lo stretto vicolo buio ascolta i battiti del suo cuore che rieccheggiano i suoi passi sull'acciottolato ed in lontananza il mormorio del mare che torna e ritorna instancabile sulla spiaggia deserta.

La piccola barca ondeggia e beccheggia incustodita in mezzo al mare. Il primo raggio di sole si posa sulla prua deserta e poi si attarda a frugare nello scafo gli oggetti che giacciono sul fondo: una logora sacca di tela blu, un cappello rigido da capitano ed una vecchia pipa dal cannello consumato. Non c' è altro, solo l'ancora lasciata sotto la panca che sbuca con le sue punte arrugginite. Il vento spinge la prua della barca verso gli scogli per poi lasciarla ritornare indietro verso il mare aperto, ruotando su se stessa. Poi una spinta più forte quasi la solleva dalle onde e la getta contro la roccia che appena emerge dall'acqua. La barca si piega di lato e resta immobile mentre il mare curioso entra lentamente dallo squarcio sul fianco e si impossessa ad uno uno degli oggetti abbandonati.





Sono nata a Roma nel 1954, ho frequentato il liceo classico e quindi ho scelto una facoltà scientifica come Geologia in
cui mi sono laureata nel 1976. Dal 1987 sono Professore di Geologia prima alla Sapienza poi all'Università Roma 3. Mi occupo di vulcani su cui ho scritto più di un centinaio di note.




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