IL DUELLO
João Guimarães Rosa
"E
grida il piranha color paglia,
arrabbiatissimo:
- Ho denti di rasoio, io, e
con un salto avanti e indietro
risolvo la questione!...
- Esagerato... dice la razza -
dormo nella sabbia,
col pungiglione in resta
e c'è sempre uno sventato
che ci s'infilza.
- Ma, amici - mormora in gimnoto,
tranquillo, ricaricando la sua batteria -
non voglio neppure pensarci:
se lascio scappare tre pensierini
elettrici,
qui nell'acqua, nell'acqua tutt'intorno
perfino voi due
galleggerete morti...
(Conversazione
a due metri di profondità)
Turíbio
Todo, nato sulla riva del Barrachudo, faceva il sellaio di professione,
aveva lunghi peli nel naso e piangeva senza fare smorfie; per
dirla tutta fino in fondo, aveva il gozzo, era un lazzarone,
vendicativo e malvagio. Ma all'inizio di questa storia aveva
ragione.
Anzi, i bifolchi lo affermano perentoriamente, ma è ben
vero che in quel caso c'erano diverse attenuanti. Impossibile
negare l'esistenza del gozzo; ma era un gozzo piccolo, discreto,
bilobato e poco mobile - verso l'alto, il basso, ai lati - e
non era quel gozzo scandaloso "gozzo gigante, steso come
la mano del mendicante"... Oltretutto, nessuno nasce gozzuto
né si fa venire il gozzo perché gli pare bello:
deriva dai tentativi della cimiciona dei boschi di diventare
un animale domestico nei tuguri in riva al fiume, dove ci sono,
anch'essi complici, compari della pentatome, armadilli di cinque
specie, più o meno. E un gozzetto così modesto,
incapace di allettare i bisturi di un chirurgo, non imbruttiva
il suo proprietario: Turíbio Todo era perfino simpatico:
costretto a usare colletto e cravatta, a volte sembrava proprio
elegante.
Non riponeva però molta fiducia in questi doti, e quindi
era abbastanza misantropo: per questo aveva pensato di fare
il sellaio per poter lavorare in casa ed essere visto di meno.
Ora con la ferrovia e poi quando avevano aperto le due strade
asfaltate, le ordinazioni di briglie e ceste da soma si erano
fatte molto più rare, e Turíbio Todo si ritrovò
di necessità a stare spesso senza fare niente.
Ora, per quel che riguarda le vibrisse e il fatto di piangere
senza fare smorfie, può anche darsi che fossero indici
di un certo gusto vendicativo e malvagio, ma con moderazione,
solo quando fosse necessario, senza esagerare. E poi, lo sappiamo
tutti, alla gente di campagna piacciono molto i rapporti di
causa ed effetto, inferiti in modo sconsiderato e dogmatico:
Manuel Timborna, per esempio, da tre o quattr'anni non fa che
discutere con un canottiere del Rio das Velhas, il quale sostiene
che l'alligatore dal gozzo giallo ha il collo color zolfo perché
è più cattivo degli altri alligatori, al che Timborna
oppone che è più feroce solo perché ha
la base del mento color limone maturo e zafferano. E la gente
assennata fa un sacco di fatica a dar ragione a entrambi quando
stanno insieme.
Così, dunque: sia come sia in questa storia, almeno all'inizio
- e l'inizio è tutto - Turíbio Todo aveva ragione.
Per
lui era stata una giornata storta: era uscito presto per andare
a pesca, e sulla riva del fiume s'era reso conto di aver dimenticato
la sua treccia di tabacco, per cui era stato spolpato vivo dalle
zanzare; aveva dato un calcio a un ceppo, schiacciandosi le
dita del piede destro; aveva perso l'amo grande, impigliato
nel frascame galleggiante; e, ora, se ne veniva sconsolato verso
casa, portando nel cestino appena due tinche. È chiaro
che tutto questo, svoltosi così, in serie, esigeva una
disgrazia maggiore, che non mancò.
Ma a questo punto Turíbio Todo doveva lamentarsi solo
del suo non saper vivere; perché aveva avvertito la moglie
che non sarebbe tornato a dormire a casa, poiché aveva
intenzione d'arrivare fino al vivaio delle Quattordici Croci
e dormire a casa del cugino Lucrécio, a Decamão.
Aveva cambiato idea, senza riavvertire la moglie; ben fatto!
La trovò in pieno (scusando la parola, ma la narrazione
è veritiera) in pieno adulterio, nel più dolce,
dedicato, disattento degli idilli fraudolenti.
Fortunatamente i colpevoli non si accorsero della sua presenza.
Turíbio normalmente arrivava in casa quasi senza far
rumore; sentì delle voci e sbirciò attraverso
una fessura della porta; con l'aiuto della luce del lumino là
dentro, vide. Ma non fece nulla. E non fece nulla perché
l'altro era Cassiano Gomes, ex caporalmaggiore del 1° plotone
della 2a compagnia del 5° Battaglione di Fanteria delle
Forze Armate, in cui imparavano a maneggiare a suon di musica
lo ZB cecoslovacco e perfino le mitragliatrici pesanti Hotchkiss;
aveva pertanto tutti i requisiti per centrargli una pallottolona
in fronte, anche se vestito in modo succintissimo e fosse pure
a distanza di ducento metri e con il bersaglio in movimento.
Turíbio Todo lo sapeva benissimo, così come sapeva
che Cassiano Gomes non si separava mai dalla sua Parabellum,
e pure che lui, Turíbio, al momento non disponeva d'altro
che del suo onore imbrattato e di un coltellino buono per tagliare
il tabacco e scalzare le pulci penetranti.
Tuttavia, poiché il buono e autentico bifolco ragiona
tanto meglio e con più calma quanto maggiore è
la sua rabbia, Turíbio Todo si allontanò da lì
in modo ancor più vellutato di come s'era avvicinato,
e andò a sbollire il suo odio al calore bianco di una
pentola d'acqua fredda.
E fece bene, perché allora gli successe ciò che
in tali circostanze accade alle creature umane a 19° di
latitudine sud e a 44° di longitudine ovest: mezza dozzina
di passi e tutto il malumore si dissolveva in uno stato di sollievo,
perfino di soddisfazione. Respirava a fondo e la testa gli lavorava
di gusto, tremando accurati piani di vendetta.
Così il giorno dopo tornò a casa, fu gentilissimo
con la moglie, fece ferrare il cavallo, pulì le armi,
preparò la sacca, parlò vagamente di una partita
di caccia ai paca, rise molto, si agitò molto e andò
a dormire molto prima del solito. E questo fu il mercoledì.
Il giovedì mattina...
... Alte sono le montagne di Transmantiqueira, belli i suoi
fiumi, calme le sue valli; e buona la sua gente... Ma gli uomini
sono uomini; e la pazienza conduce a girare a vuoto, a metà
maggio come a fine agosto. Ci sono pistole che sparano da sole.
Ed è molto facile rimediare una croce per una sepoltura
lungo la strada, perché il banano selvatico ha rami orizzontali,
ed angolo retto con il tronco, simmetrici, da parte a parte,
e basta tagliarli tutti meno due. E... che? L'armadillo sdentato
non disseppellisce i morti? Certo che no. Chi svuota le tombe
è l'armadillo dalla coda morbida. L'altro che se ne farebbe,
visto che sta già sottoterra in belle sinuose gallerie?
Mangia tutto là e poi trascina lontano gli scheletri,
mentre prolunga i suoi cunicole storti da accurato zappatore.
Bene, il giovedì mattina Turíbio Todo decise che
i preparativi erano sufficienti e andò a fare un'imboscata
a casa di Cassiano Gomes. Lo vide alla finestra, che dava le
spalle alla strada. Turíbio non era un cattivo tiratore:
lo colpì giusto alla nuca. E corse a casa, dove il cavallo
lo aspettava al palo, sellato, pasciuto e bello riposato.
Neppure per un momento gli passò per la testa l'idea
di massacrare la moglie (donna Silivana aveva begli occhi grandi,
di capra attonita) perché era un cavaliere, incapace
di maltrattare una signora, e perché basta e avanza il
sangue di una creatura per lavare, sciacquare e asciugare l'onore
più esigente.
Ora doveva andarsene e passare un po' di tempo lontano, e così
tutto si sarebbe rimesso a posto, logico e sicuro, condotto
in modo pulito proprio come tanti altri casi locali.
Ma... Ci fu un piccolo sbaglio, un contrattempo dell'ultima
ora, che coinvolse due brave persone pacatissime e pacifiche
in un gioco demoniaco, in una complicazione senza fine: Turíbio
Todo ingannato da una grande somiglianza e mirando a un avversario
di schiena, aveva eliminato non Cassiano Gomes, bensì
Levindo Gomes, fratello dell'altro, che non era mitragliatore,
né ex soldato né niente, e che, è bene
dirlo, odiava andare a sfruculiare le mogli altrui. Turíbio
Todo seppe dell'errore mentre infilava il piede nella staffa...
- Uhi!... Al galoppo sfrenato, invece che al passo!... - pensò.
E batté di speroni e sfrecciò via, scagliando
di lato la ghiaia e sollevando un polverone.
Cassiano Gomes seguì al cimitero il corpo del fratello,
sparse il primo pugno di terra e ricevette con molta compostezza,
triste e grato, le condoglianze del caso. Poi tornò a
casa, sbarrò molto bene porte e finestre - per fortuna
era scapolo - e uscì, con la sua mantellina verde dell'esercito,
il Winchester, il parabellum e altre cosucce necessarie, per
cercare dietro alla chiesa Exaltino, che vendeva animali di
sella.
Comprò una mula melata; ma prima esaminò bene
la dentatura, per vederne l'età; ci fece un giretto,
ebbe a ridire sul passo e chiese uno sconto sul prezzo. Concluso
l'affare, con i finimenti e tutto il resto, Cassiano fece dare
mais e sale alla mula; la strigliarono, la lavarono e me misero
i ferri nuovi.
Quando era già pronto e stava legando la mantellina alle
cinghie della sella, riuscì a sentire Exaltino che diceva
piano a Clodino Preto:
- È morto, Turíbio Todo è morto e sepolto!...
Questo è l'ultimo pasticcio che quel gozzuto ci combina...
Cassiano pensò, fumò, immaginò, trottò,
meditò e, solo a due leghe dal paese, sulla grande strada
che conduce a nord, giunse a una conclusione: Turíbio
Todo aveva dei parenti a Piedade do Bagre, o poco lontano...
Era corso là, senza esitare, ancora atterrito per il
qui pro quo commesso. Non era possibile che fosse andato in
un'altra direzione e certamente era partito a rotta di collo,
galoppando come un'anima dannata. Quando fosse arrivato a Piedade
- più in là non c'erano terre che un cristiano
potesse prendere in considerazione - riposato, con i suoi, gli
si sarebbe rinvigorita la furia e sarebbe tornato indietro.
Ne era molto sicuro:
- Va come un cervo inseguito, ma torna come un giaguaro... A
metà strada c'imbattiamo l'uno nell'altro, e chi è
più forte avrà ragione...
Quindi non c'era bisogno di fare in fretta, poteva andare al
trotto, senza sfiancare la mula. E, solo per non lasciare che
si esaurisse la sua scorta d'odio, si metteva a pensare a cose
piacevoli, e si rilassava per cacciare jaó nei boschi
e, nella campagna, quaglie e colombi domenicani.
Comunque, poiché sapeva che le notizie arrivano sempre
prima della gente perbene, gli sembrava ragionevole dare una
mano alle cose: bastava che s'incrociasse con un manipolo di
mulattieri che menavano una mandria, o raggiungesse uno zappatore
che andava al potere, marra in spalla, che Cassiano si fermava
attaccando discorso e parlando del nemico con i peggiori improperi:
- Conosce Turíbio Todo, il sellaio, quello col gozzo?...
Perché è un... (Qui, supposte condizioni di bastardigia
e indecorosi riferimenti alla genitrice.)
Ma becco chiusissimo quanto ai suoi piani: nessuna minaccia,
solo insulti.
E Cassiano Gomes aveva colto nel segno, almeno in parte. Turíbio
Todo era davvero andato a Piedade do Bagre, proprio come un
cervo inseguito dal latrato di dieci cani da caccia, più
la buccina del battitore; e gli era bastato un giorno di riposo
per capire che si era infilato in un vicolo cieco, perché
quel villaggio era la porta del sertão.
Ma non tornò sui suoi passi come un giaguaro in agonia:
trasbordò dal ronzino sfiancato - più giumento
che cavallo - su un sauro balzano a quattro, con gli occhiali,
e fece la mossa di venire e non venne, come una volpe. Inclinò
la sua rotta verso nord-nordest, dirigendosi verso le alture
del Morro do Guará e del Morro da Garça, e allora
successe quello che Cassiano non aveva saputo prevedere, rovinando
il suo piano e mandando a monte quella partita.
- C'è tempo... - disse. E continuò la sua battuta
di caccia, confidando a quel punto solo nell'ispirazione del
momento, perché il mazzo era stato mescolato e ora entrambi
avevano altre carte da giocare.
Però, considerando che la situazione s'era complicata,
l'essenziale era vagolare nell'ombra, per cogliere l'altro alla
sprovvista, di sorpresa; e per far questo agguattarsi, perché:
- Non lo vedi? Chi sta alla luce è visto per primo e
si becca la pallottola che gli spara chi sta al buio!...
Fuggendo, Turíbio Todo apparentemente si trovava in svantaggio.
Ma Cassiano si fidava poco, perché in qualsiasi momento
la preda avrebbe potuto rivoltarsi, furiosa; e deriva da questo
il fatto che a volte è gioco far da presa, e chi dice
il contrario non ha ragione.
E così, pensandola in questo modo lodevole, cominciò
a viaggiare prevalentemente di notte, attraversando boschi,
evitando la strada maestra, facendo grandi giri e dormendo di
giorno in luoghi impossibili. Bastava che abbassasse un poco
la guardia o che corresse qualche minimo rischio, che smettesse
di andare a grandi cerchi e di passare per sentieri impervi,
che decidesse di dormire con entrambi gli occhi chiusi o di
preannunciare l'itinerario che avrebbe seguito, perché
da un momento all'altro - nessuno tende agguati bene come un
gozzuto, lo dicono tutti - Cassiano Gomes fosse risvegliato
da un proiettile o da una coltellata, e questo ammettendo che
l'altro avesse la bontà di svegliarlo.
Ora, quando s'imbatteva in qualche contadino o viandante, sondava
il terreno con chiacchiere astute, senza fargli sapere chi fosse;
sì, perché era già passato il momento di
seminare voci, e bisognava aprire bene le orecchie e raccogliere
notizie sul gozzuto, che doveva tornare indietro per potergli
sparare.
E così, visto che Turíbio Todo era forse ancor
più schivo e inafferrabile, per due mesi le informazioni
furono indefinite e incerte, e non si seppe mai bene per dove
passarono i due nemici o quali posti evitarono.
Ma un giorno Cassiano, arrivando a Traíras, sentì
dire che l'altro stava a Vista Alegre, dov'era andato per nostalgia
della moglie, a cui era molto affezionato. Cassiano Gomes trasse
le sue deduzioni e proseguì lungo il fiume Guaicuí,
sempre costeggiandolo per lasciarlo solo in un bel posto - con
gallinelle d'acqua che covavano nelle aie e una laguna al centro
del villaggio - chiamato Jequitibá; e nel frattempo
Turíbio Todo, un po' più a nord, irrompeva trionfalmente
a Santo Antonio da Canoa, dove, tronfio e pieno di sé,
osò perfino assistere alle feste del Rosario, con teatrino
e asta pubblica.
Sputando bili, Cassiano cambiò direzione, rovistando
l'intrico del sottobosco, battendo sentieri erbosi, aprendosi
un passaggio nel filo spinato delle recinzioni dei pascoli,
per cadere senza preavviso in mezzo a villaggi tranquilli incuneati
fra le montagne. Ma i volontari del servizio informazioni erano
pessimi e, vicino al Saco dos Cochos, loro due s'incrociarono,
passando a meno di un chilometro l'uno dell'altro, pronti alla
guerra e assetati di vendetta.
Cassiano Gomes, che aveva appena ventotto anni e dunque era
più fine stratega, avanzava a salterello, ora con ritirate
stravaganti, ora in attese bizzarre, sempre ricamando spirali
attorno all'asse della strada maestra. Ma Turíbio Todo,
che era più vecchio, sfruttava ovviamente la tattica
migliore, e avanzava e indietreggiava a zig zag, come il volo
di una farfalla, o meglio di una falena, perché anche
lui era diventato nottambulo; e inoltre aveva un magnifico vantaggio,
perché era inseguito su un terreno che conosceva come
il palmo della mano.
E così continuarono, tracciando linee frettolose in tutte
le direzioni per un raggio di dieci leghe nella Mesopotamia
che va dalla valle del Rio das Velhas - lento, vago, mutevole,
nostalgico, sempre fresco, ora stretto, ora largo, di acqua
rossa, con banchi di sabbia, isole frondose di bosco, fiume
quasi umano, fino al Paraopeba, ampio, armonioso, impassibile,
sugoso, senza argini, senza sponde, con spiagge lucide di mica
e acque profonde che non offrono mai un grado.
E nessuno dei due era capace di passare per gallerie sotterranee
e di dormire due notti consecutive nello stesso rifugio, né
di attraversare una pianura aperta sotto la vista delle colline;
e se si fossero fermati e avessero pensato a come era cominciata
la storia, forse ciascuno di loro avrebbe pagato molto per tirarsi
fuori da quel ginepraio, ma questo non era più credibile
né tanto meno possibile.
Quando Cassiano oltrepassò i monti del Ginete, scendendo
verso il Cuba, s'imbatté in un mendicante giramondo,
con gambe enormi per l'elefantiasi, che portava per voto sulle
spalle la pesante immagine di un santo ormai non più
identificabile; e quel vagabondo bizzarro gli fornì una
pista: anche il gozzuto aveva cambiato rotta e stava seguendo
il percorso del sole. Gli andò dietro. Ma arrivato a
São Sebastião pianse d'odio: incrociò un
ladro di cavalli che risaliva con l'ultimo branco, perché
aveva già guadagnato molto e tornava al suo paese per
rifarsi una vita onesta, il quale annunciò che Turíbio
Todo era lontano, un'altra volta oltre il Rio das Velhas, a
Moroso o a Baldim.
Allora Cassiano cambiò cavalcatura per la seconda volta
e comprò un roano della criniera nerastra, perché
il suo baio balzano aveva sei ferite sulla groppa e le sue gavigne
erano infiammate a sangue, quel baio che aveva scambiato con
la mula melata, a cui a sua volta si erano consumati tutti e
quattro gli zoccoli.
Anche Turíbio Todo a questo punto era alla quarta o quinta
cavalcatura, e fu allora che ebbe l'audacia di passare per il
suo paese, perché aveva nostalgia della moglie, donna
Silivana - proprio quella che aveva begli occhi grandi di capra
attonita - con cui stette una notte e al momento di separarsi
rivelò, sotto giuramento, il suo stratagemma finale.
La donna gli aveva suggerito:
- Perché non te ne vai lontano, molto lontano, aspettando
che a quello gli passi la rabbia?... (Donna Silivana aveva saggi
disegni nella testolina...)
- Macché!... Se ti dico una cosa, mi giuri che non la
racconti a nessuno?...
- Sui miei occhi, lo giuro!... Non ti fidi più neanche
di me?!
- Allora, senti: io, se si eccettua il gozzo, ho molta salute,
grazie a Dio... Ma quello lì... Correndo così
per queste macchie, voglio proprio vedere come va a finire!
Cambia il cavallo, cambia, cambia, peggio d'uno zingaro, ma
non può cambiarsi il cuore, che non ce la fa! Basta aspettare
un pochino e agitare un panno rosso sotto il naso del toro...
Eh, che bue selvaggio!... Non ho il cane, ma caccio appostato,
e sto aspettando un cornuto!...
Ascoltandolo, donna Silivana cominciò a star male, sentì
un brivido dentro, perché Cassiano Gomes non s'era dimesso
dalla polizia senza motivo, ma era stato congedato dalla commissione
medica; e nonostante il suo aspetto aitante, il cuore non gli
funzionava molto bene.
Turíbio Todo sferrò il cavallo e comprò
degli altri ferri, con cui fece finta di far ferrare la bestia
- manovra questa per far sì che l'altro, se fosse stato
il caso, informato male, perdesse le sue tracce; montò
e si diresse verso Lages, dove un fazendeiro gli esibì,
già grasso e ristabilito dalle marce forzate, quel baio
balzano che era stato il secondo animale usato da Cassiano.
Lì non seppe resistere: lo comprò, pagando senza
battere ciglio una volta e mezzo il suo prezzo; e partì
verso Tabocas, giubilante, torcendosi dalle risa:
- Un buon cavallino, il cavallino di un defunto... Ricevo l'eredità
in anticipo, ma il bello verrà dopo!...
E girandosi sulla sella, insultò l'invisibile simulacro
del nemico:
- Tienti l'anima con i denti, maledetto!
Cassiano presto conobbe le intenzioni del sellaio, che donna
Silivana gli trasmise nel modo in cui, in campagna, una bocca
ben disposta fa le veci delle radiocomunicazioni.
In una bella pianura fra Maquiné e Riacho Fundo, fuori
dalla rotta di chi va a cavallo, un mandriano che conduceva
dei buoi che erano fuggiti fu il primo ad annunciargliele:
- ... e Turíbio vuol farvi morire di mal di cuore, don
Cassiano. Non vale la pena di dargli questa soddisfazione, no
davvero!
Cassiano Gomes si accigliò, e ci pensò, ma rispose:
- Sciocchezze! Se era così, non faceva la stupidaggine
di andarlo a raccontare in giro... Lui spera, questo sì,
che io abbandoni per paura di ammalarmi...
E sorrise di un sorriso bilioso, di rabbia congelata, riposandosi
su una delle staffe, girandosi con le redini sciolte, mentre
scrutava la linea lontana delle montagne per vedere se veniva
a piovere.
Ma poiché Turíbio Todo aveva detto la verità
in modo che l'altro pensasse a una trappola, Cassiano Gomes
s'ingannò una volta di più.
Continuò il lungo duello, e così erano già
cinque mesi, o cinque e mezzo, che quell'inseguimento andava
avanti, monotono, senza giungere a una conclusione.
Finché a un certo punto cambiarono tattica, e a poca
distanza l'uno dall'altro - Turíbio Todo in testa - partirono
dal Rio das Velhas verso ovest. Forse senza nessun motivo, o
perché al sellaio sembrò opportuno imitare ancor
di più l'altro, o perché l'altro, che aveva smesso
di bere per avere le idee più chiare, in quel periodo
aveva ricominciato a farlo.
E quando Turíbio Todo disegnò un arco da Aruá
a Cedro, Cassiano Gomes stava giusto arrivando in linea retta,
a tutta velocità, e il giorno dopo e il giorno prima
gli toccò la traiettoria in tangente in ritardo e quella
in secante in anticipo. Dopo viaggiarono quasi di conserva,
perfettamente paralleli, e sentirono entrambi che stava arrivando
il momento della verità e la fine di tante scocciature.
Finché all'improvviso le due parallele vennero a convergere
sul ponte della chiatta su cui un traghettatore trasportava
animali e persone a quattrocento réis a capo, e nel punto
in cui ruzzolava, sporco e senza ombre, mugghiando nel deserto,
il Paraopeba - il fiume giallo dall'acqua tranquilla.
Cassiano, che aveva raccolto notizie ben retribuite, e ora sapeva
che stava alitando sul collo di Turíbio, arrivò
sulla riva del fiume alla fine del pomeriggio.
- E se quel dannato bastardo ha già attraversato il fiume?
Andrò dritto alla tettoia, dove c'erano solamente, una
accanto all'altra a formare un paravento, due dozzine di pelli
di bue. Pistola in pugno, le sollevò una a una. Si voltò
all'improvviso, violento, pronto a sparare.
Ma era solo un ragazzetto magrolino, che succhiava un pezzo
di canna da zucchero lungo come un bambù.
- Hai visto se è passato di qui un tizio, bianco, col
gozzo, su un cavallo leardo colle zampe nere? Sai se è
andato sull'altra sponda?
- Gnornò. Questo tipo io non l'ho visto, no.
- Che fine ha fatto il barcaiolo, allora?
- È mio padre, sì, signore... È andato
a prendere lo zucchero a Coanxa... Domattina presto sarà
di nuovo qui...
- Be', allora vattene e stai bene attento a quello che succede
sulla riva del fiume... Ma non dire a nessuno che mi hai visto,
capito!?... Se quel tale arriva, corri a dirmelo, che ti do
dei soldi, quello che vuoi...
E Cassiano tolse i finimenti al cavallo e lo lasciò al
pascolo, con una lunga fune, dietro alla fitta macchia di ortica
dove c'era un praticello di erba bassa e tenera. Poi si nascose
sotto una delle pelli, perché Turíbio Todo doveva
per forza passare di lì, forse per traversare il fiume,
ed era stata una gran fortuna, d'essere arrivato per primo.
Quando fu completamente buio, uscì quatto quatto dal
suo nascondiglio con la pistola in mano. Grilli cantavano, civette
ridevano e, in fondo alla notte freschissima, un cane abbaiò.
Cassiano scorse un falò a meno di trecento metri a valle.
Si gettò a terra, come ai tempi in cui era soldato -
aspettando che la sagoma del gozzuto si delineasse alla luce
delle fiamme per poter schiacciare il grilletto. Ma fu dall'altro
lato, dietro a lui, che scoppiettarono spari, dal canneto; e
le pallottole gli fischiarono rasente alla testa.
- Ti dimentichi le precauzioni! - pensò con rabbia Cassiano,
spegnendo la sigaretta, perché era stata la piccola brace
rossa a trasformarlo in bersaglio.
A quel punto però anche dalla parte della strada, dove
la chioma del tiglio nereggiava come un tapiro accovacciato,
partirono altri spari.
Cassiano strisciò rinculando e in tre mosse successive
oltrepassò la spianata fra la festuca e l'altea, fra
l'altea e la tettoia, e fra la tettoia e la grassa palma di
cocco della quaresima. Si accovacciò, coperto dalle foglie,
e scrutò nel buio cercando di cogliere una figura o un
volto in movimento.
Ma che succedeva?... Il tiratore da oltre il fiume, dal canetto,
e l'altro, dalla strada, da dietro al tiglio, ora si sparavano
fra loro? Ciascuno ora se la doveva vedere contro due?
Poco dopo, comunque, la sparatoria finì.
Ma Cassiano non dormì neppure un momenti per tutta la
notte. Galli cantarono, esattamente all'ora in cui canta il
gallo. Per il resto la vegetazione dormiva, taciturna e senza
allarmi. Il fiume era un lungo lamento. Dalle stelle cadeva
un freddo che schiacciava la schiena. E con il passare delle
ore aumentava il profumo di foglie bagnate. Poi arrivò
il mattino, insieme agli uccellini. L'alba stava irrompendo.
E un tizio dalle spalle larghe apparve in piedi davanti al bivacco.
Era armato di una falce, e ringhiò:
- Che fine ha fatto il tuo amico, quello col gozzo?
- Sono solo, come potete ben vedere...
- Non vedo proprio nulla!
E l'omone si appoggiò a uno dei pali della tettoia, proteggendosi
contro una possibile aggressione alle spalle. Ritrasse il braccio
con la falce, e insistette:
- Quanto vi ha pagato Elias il rosso, a voi due, per farla finita
con me? Eh?!
- Non t'avvicinare, amico, così va bene!
Guardandolo negli occhi, Cassiano contrasse i muscoli della
pancia; e il corpo gli oscillava di un nonnulla, leggerissimo,
come legato a un filo, ondeggiando al soffio del vento. Allora
gli giunse, da lì davanti, il lieve rumore, il tenue
e costante gemito delle pelli di bue.
Nessuno dei due osava distogliere lo sguardo, fisso negli occhi
dell'altro, entrambi aspettando lo slancio dell'assalto per
il selvaggio corpo a corpo. Ma subito Cassiano comprese l'equivoco
e gridò:
- Facciamola finita con queste scemenze! Sta sognando? Non c'entro
nulla con questa storia, non conosco questo Elias il rosso,
non ho niente a che vedere con lei!... Io sto inseguendo quel
tipo col gozzo, a causa di una questione nostra, e lei mi sta
facendo perdere tempo...
Il gigante, senza abbandonare la posizione di guardia, avvicinò
le sopracciglia per pensare e abbassò la falce.
- Non so... Non so... E se non è vero?
Al che Cassiano si rese conto che lo doveva convincere rapidamente,
altrimenti ci sarebbe stata la lotta bestiale, dando a Turíbio,
che di certo stava ronzando attorno alla tettoia, l'opportunità
di arrivare bello fresco come ultimo ospite. Disse perciò,
furioso:
- Sono il soldato Cassiano Gomes, di Vista Alegre, capito?
- Hum hm! mmmm!... - fece l'uomo, lasciando cadere la mascella
e agitando la testa come a dire di sì. E per lui s'era
tutto chiarito:... aveva sentito parlare di quella lite, come
no... Anzi, chiedeva sempre ai viandanti diretti a ovest se
uno dei due aveva già fatto scopa... Che stupido! Li
aveva presi per pistoleri di Elias il rosso, di São Sebastião,
nemico suo... Ma erano apparsi così di soppiatto, nascondendosi...
Ed Elias il rosso diceva sempre che avrebbe benedetto l'acqua
del fiume con il suo sangue...
Si avvicinò subito a Cassiano, gli occhi che sprizzavano
un'avida curiosità. Era il traghettatore. Gli si accovacciò
tranquillamente davanti, mise per terra la falce e prese dalla
tasca il tabacco e tutto il necessario per fumare. Cassiano
dovette raccontargli la storia fin dall'inizio, mentre il barcaiolo
accennava con la testa in segno d'approvazione e faceva altre
domande, sbuffando gloriosi cirri di fumo.
Ma Cassiano aveva smania di acchiappare l'assassino, che sicuramente
non era lontano. E il traghettatore, sapendo che doveva mantenersi
neutrale, lo lasciò perlustrare inutilmente fino all'ora
di pranzo. Turíbio Todo non comparve.
- Di certo ha avuto paura, per via degli spari... Ho sprecato
molto piombo...
- Sì... Continuando così non combino un fico secco,
e mi distruggo per nulla. È meglio che me ne torni a
casa e lasci passare un po' di tempo, finché non si sente
tranquillo e comincia ad abbassare la guardia...
Cassiano Gomes stava ingannando se stesso, perché in
realtà all'improvviso si sentiva stanco, perché
un uomo è un uomo e non è di ferro, e il suo difetto
cardiaco cominciava a farsi sentire.
Chico il barcaiolo lo vide montare e partire a un ambio che
il roano raspava mollemente, da quadrupede giramondo che da
molto aveva perso ogni illusione.
Chico il barcaiolo non aveva espresso alcuna opinione e andò
a pescare. Ma aveva appena fermato la canoa e gettato l'amo,
in mezzo al fiume, quando dalla riva qualcuno si mise a gridare
gesticolando. Non c'erano dubbi - era il gozzuto.
Chico il barcaiolo tirò su la lenza, diede qualche robusto
colpo di pagaia e si diresse lemme lemme verso la riva.
Turíbio Todo, moderatamente ansioso, volle cominciare
a dare spiegazioni sulla storia degli spari e il resto. Ma Chico,
guardandolo in malo modo, gli fece cenno di salire sulla chiatta
e spinse dentro il baio, che resisteva a zampe unite, pronto
a impennarsi. Poi il traghettatore sciolse la catena, diede
uno strappo con la pertica e la chiatta - quattro canoe dalla
prua squadrata legate insieme, coperte da assi di legno e fornite
di un basso parapetto senza cancelletto - ondeggiò e
avanzò.
Turíbio Todo si sedette e rimase a controllare i movimenti
dell'altro con la coda dell'occhio, sospettosissimo. Nessuno
dei due parlò. Fiotti d'acqua colpivano delicatamente
la carena della chiatta; l'anello là sopra strideva lungo
il cavo; e la corrente sbatacchiava a monte.
I due uomini e il cavallo rimasero tranquilli. Ma proprio a
metà del fiume il barcaiolo accigliato cominciò
a fissarlo insistentemente. Turíbio, di profilo, abbassava
gli occhi. E allora l'altro non ce la fece più a trattenersi:
- Siete una persona che non vale nulla, senza spina dorsale,
senza carattere! Un vero uomo tornerebbe indietro...
- Io?... Sono un uomo pacifico, padre di famiglia, signor mio!...
Vi sbagliate...
- Lo so... Scappate, vi nascondete... Mi fa schifo vedere uno
svergognato come voi che m'insudicia la chiatta!
E sputò nell'acqua, scatarrando fragorosamente.
Turíbio Todo si accigliò, strinse i denti, con
gli occhi che lampeggiavano di rabbia. Il barcaiolo però
impugnava la lunga pertica. Anche su terra ferma sarebbe stato
pericoloso affrontarlo, ma lì - e senza saper nuotare
bene - no, no , assolutamente! Protestò solo:
- Io non vi ho offeso, signor canottiere! Ognuno sa gli affari
suoi!... Vi state mettendo contro di me, eh?!
- Va bene, va bene... Ah, Dio me ne scampi. Se fosse... - Chico
il barcaiolo dovette rispondere lentamente.
E gettò la testa all'indietro per grattarsi il pomo d'Adamo;
si aggiustò il colletto della camicia; controllò
rapidamente il cavo; spinse con il piede un rotolo di corda;
e poi rimase a sbirciare Turíbio, senza sapere cos'altro
aggiustare. Finché non passò un'anatra muta, volando
in viaggio: collo proteso, zampe unite, planando ora su un'ala,
ora sull'altra; deviò dalla rotta della chiatta con una
manovra della coda, scese ancora, si allontanò, batté
tre volte le ali e si posò sulle tavole della sponda
sinistra.
- Guardate lì! Questa viene da lontano... È qui
di passaggio. Quelle che vengono da vicino si fermano quando
arrivano sul lato paludoso del fiume. Ma l'anatra muta migratrice,
questa non si ferma: sorvola l'intero fiume e scende e si riposa
solo sull'altra riva... È curioso! Fanno così,
credo, per poter capire meglio dove sono...
Tranquillo. Ma Turíbio Todo non gli rispose. E il traghettatore
continuò:
- Conosco le loro abitudini. Conosco queste piccole mandrie
volanti! Vivono qua e là, come zingari, viaggiano sempre...
A volte passano a stormi, tutti ordinati in fila per cinque...
come per non farsi disperdere dal vento... E arrivano in certi
periodi, è tutto già organizzato...
Turíbio fingeva di non vedere il sorriso di buona volontà
che l'altro gli offriva. La corrente crepitava, cercando di
farsi onda, e batteva contro le sponde. Il fiume aperto profumava
di pioggia recente. E la chiatta odorava di catrame e olio buono.
- Ci sono i paturí... Ci sono le anitre dalla gola rossa...
C'è il germano reale con il suo becco grande, e quell'altro
azzurro, e uno dai mille colori... C'è l'alzavola, che
fischia... Ci sono le marzaiole... Ci sono gli aironi. Tanti!...
Ma non sono tutti i tipi di pennuti che volano sul fiume, nossignore:
di sparvieri, ne passano solo di quelli grandi, con il ciuffo,
sembrano aquile e vengono sempre dal sertão... E non
tornano mai, sembra che gli altri li ammazzino, là...
Io qui non ammazzo nessun uccello, mai. Passano anche i nibbi,
ma solo quando stanno inseguendo qualche uccellino...
...A volte fanno pena quando c'è la siccità e
arrivano certi anatroccoli stanchi, che senz'altro vengono da
troppo lontano... Così per sbaglio pensano che questo
sia il São Francisco, che ha lagune sulle sponde... Pensano
di fermarsi sulle canne di bambù... Si vede che non ce
la fanno più, ma che non possono fermarsi: continuano
a sbattere le ali, sembra che qualcuno glielo ordini, chiamandoli,
svuotandoli, da lontano, senza riposo... Secondo me molti cadono
morti... Non vi sembrano cose strane, eh, amico?
- Sì.
Il cavallo diede una zampata al parapetto. Chico il barcaiolo
insistette:
- Bell'animale, il vostro. È di carriera? Tiene un buon
passo?
- Sì... Sì... - borbottò Turíbio.
E rimase ancor più serio, a braccia conserte, occhi quasi
chiusi, godendosi la superiorità ottenuta così
facilmente, così assoluta e pomposa che non alzava la
testa solo perché a chi ha il gozzo non piace farlo;
ma si sentiva con la coscienza in pace, perfettamente tranquilla.
La terraferma si avvicinava. Si affiancarono alla banchina.
Turíbio pagò.
- Va con Dio!... - gli augurò ancora il traghettatore.
- Amen!... - rispose Turíbio, già di schiena,
montando a cavallo. E partì.
Poco dopo stava risalendo la strada in vista dell'altopiano
aperto, dove stormi di gru dalle lunghe gambe correvano gridando.
Ma da lì Turíbio Todo cominciò a vedere
posti che non conosceva. Pianure scure, senza alberi... Burití
da Estrada... Terra rossa, "Carne di vacca"... Pompeu...
Indaiá nane, quasi senza fusto, che aprivano le foglie
verdi... Papagaio... E andava avanti sempre dritto, sempre verso
sud.
Allora, in questi posti nuovi, gli vennero in mente cose nuove,
e gli venne anche una gran voglia di riposarsi. Che bello, potersi
liberare da tanti affanni... "Tutti giù per terra!"...
Turíbio Todo era saltato fuori dal girotondo, e non volle
più giocare.
Risalì. Salì fino a dove le recinzioni di filo
spinato lasciavano il posto a palizzate di pertiche e argilla
- magri pali neri che s'inchinavano gli uni agli altri. Salì
ancora. Ora avvistava muraglie di pietre nere, costruite dagli
schiavi neri. Le piccole fazende non avevano più verande,
ma solo scalette fatte con lastre di pietra sovrapposte. E la
gente mangiava fagioli neri, invece che fagioli marroni. Erano
brave persone, ma ancora più sospettose dei suoi compaesani.
E allora vide che aveva bruciato un altro bel po' di leghe,
e che s'era lasciato indietro un altro po' di mondo.
Cosicché si trovava all'inizio della zona che chiamano
Ovest di Minas.
Ora s'imbatté in un fiume verde e nascosto, un fiume
che si trova sempre così all'improvviso, fiume vivo che
corre attraverso i boschi come un animale.
- Questo fiume così bello, come si chiama, eh, amico?
- È il Parà... Che poteva essere?!... Ma passiamo
sull'altra sponda, che qui la malaria è terribile!...
- Ah, questo no! Non posso passare, ho già traversato
due fiumi e non voglio passarne altri, perché chi passa
tre fiumi grandi dimentica il suo amore... Ma qual è
la città più grande qui attorno?
- È Sant'Ana do São João Acima...
- Vado là e vedo se riesco a mandare una letterina a
mia moglie!
Poi un gruppo di gente allegra lo chiamò. Andavano a
sud, a lavorare nelle piantagioni di caffè. Baiani diretti
a São Paulo. E uno di loro:
- Ehi, fratello! Andiamo a São Paulo, su!... A guadagnare
un fracco di soldi... Davvero! Là i soldi piovono!...
Sentì nostalgia della moglie. Ma era solo per un po'
di tempo. Poi sarebbe andato a prenderla. Andò anche
lui.
Cassiano Gomes, tornando al paese, dichiarò:
- Queste storie di vendetta, no, non ne vale la pena. Non ne
voglio più sapere. È meglio mettere tutto nelle
mani di Dio...
Ma mentre parlava tranquillamente, la sua mano, senza che lui
se ne accorgesse, accarezzava il manico del coltello, e per
questo non gli credette nessuno.
In seguito Cassiano continuò a vedersi con la donna fatale
della storia, proprio quella che aveva gli occhi sempre più
grandi, più neri e più di capra attonita. E donna
Silivana gli aveva mostrato la lettera spedita da Sant'Anna
do São João Acima, e poi un'altra, anch'essa su
carta a quadretti, piena di nostalgia, che veniva da Guaxupé
e conteneva una fogliolina di malva con il disegno di un cuore
trafitto da una freccia.
- È andato a São Paulo.
- Davvero?... Che sciocchezza" Non ce n'era bisogno...
Non ce l'ho più con lui... Se torna, non gli faccio nulla...
Se gli scrivi, puoi dirglielo...
Ma donna Silivana, con uno sguardo molto languido, concluse:
- Lascia perdere... Non è meglio così?...
Era vero, e le donne hanno sempre ragione.
Tuttavia un gentiluomo, congedato dall'esercito a causa delle
valvole e dei ventricoli malfunzionanti, non si estenua senza
risentirne in raid così faticosi per i sentieri della
guerra senza pietà.
Cassiano si accorse che ora al minimo sforzo si sentiva stanco.
E a partire da mezzogiorno non poteva più portare gli
stivali, perché le caviglie gli si gonfiavano.
Andò dallo speziale e gli chiese di essere sincero.
- Sincero davvero, don Cassiano? Davvero? Voi... Be', se vi
gonfiate di pomeriggio, e non si gonfiano gli occhi, ma solo
le gambe, è cattivo segno...
- Morirò presto?
- Be', non così presto... Verso san Giovanni dell'anno
prossimo... Ma se peggiorate un po', intorno a Natale.
- Deve andare così. La salute è di Dio, don Raimundo...
- Per tutti noi, don Cassiano, se Dio vuole aiutarci!...
Cassiano Gomes pensò: vendo tutto quel che ho, metto
insieme i soldi, vado a Paredão do Urucuia a dire addio
a mia madre... E poi allora vado giù e acchiappo Turíbio
Todo a São Paulo, o dove s'è ficcato.
E disse addio a tutti, sapendo che non sarebbe tornato mai più.
Ma in cammino via via peggiorò e dovette fermarsi a Mosquito
- villaggio sperduto incuneato fra le montagne, lontano da tutto
- dove tre dozzine di stamberghe occupavano la valle amena,
che profumava di borragine, miosotide e mirto, le mucche leccavano
le mura delle case, gli alberi di casuarina risuonavano al vento
e grandi fusti di jatobá facevano ombra davanti
alle porte. Un posto, insomma, dove non si ha voglia di fermarsi
foss'anche solo per la paura di doverci restare a vivere per
sempre.
E fu là che Cassiano Gomes si sentì male e la
sua insufficienza mitrale peggiorò molto. Lo tirarono
giù dal cavallo e gli diedero ospitalità. Si sistemò
su un pagliericcio, con la sua pancia da idropico e la respirazione
difficile di un segugio che torna dalla caccia.
Migliorò. E digrignava i denti al pensiero di Turíbio
Todo. Ma grazie a Dio aveva soldi. Chiese in giro se c'era lì
un uomo che avesse del fegato, capace d'incaricarsi di risolvere
una storia così e così... Dava un milione di réis...
Non c'era nessuno. Cassiano aveva scelto male il posto dove
cadere sfiancato: a Mosquito erano tutti piccoletti, giallastri
o malarici, stracciati, schivi, non conoscevano il treno, molto
pacati e senza iniziativa. Non si ricordavano di crimini violenti,
non avevano morti sulla coscienza: - Scusate, eh ma vedete,
qui nessuno vuole rovinarsi...
- E non c'è modo di far venire un uomo in gamba da qualche
parte qui vicino?
- Nei posti più vicini, anche lì gente così
per questo lavoro non ce n'è...
- Allora me ne vado! Subito!...
Ma non poté fare più di tre passi: barcollò
e si dovette sedere sulla porta della bicocca; e lì seduto
cominciò a passare tutto il suo tempo, un giorno dopo
l'altro, con il petto sulle ginocchia e, per via dell'abitudine,
con il Winchester in braccio e il parabellum a portata di mano.
Il paesaggio era triste e le cicale tristissime, di pomeriggio.
Passavano porci con la testa presa da una specie di forcella,
per impedire loro di attraversare i recinti dei poteri. Passavano
galline chiocciando e spingendo i pulcini sotto il cotogno.
E cuculi rossi, che volavano sui rami scarlatti dell'albero
di ibisco.
E passavano anche i valligiani - donne con la gonna rimboccata,
con l'orcio sulla testa, che venivano dalla fonte; bambini panciuti
che giocavano a tirare pietre agli animali o a mangiare terra;
e braccianti con la zappa o con la falce, ma molto soddisfatti
e sereni, a un'andatura irregolare, strascicando le scarpe di
tela o dondolandosi, come per inginocchiarsi, o ancora con il
passo del papero - così, storto, con il piede piatto,
come se stessero per inciampare.
E passò un fratello di Timpim che lo picchiava. Considerando
la sproporzione fisica, era una gran vigliaccheria, e Cassiano
lo chiamò:
- Ehi! Vieni qui!...
Il fratello di Timpim si avvicinò, pensando che ce l'avesse
con lui, ma Cassiano gridò rabbioso:
- Vattene, diavolaccio! Sei troppo in gamba! Un vero ammazzasette!
Vattene, che non t'ho fatto chiamare... Quando ti faccio un
fischio, puoi venire.
Allora Timpim si avvicinò, molto esitante e con un'espressione
sciocca.
- Vieni più vicino, ragazzo... Come ti chiami?
- Lei riderà di me... Ma se mi chiamate col mio nome
di battesimo, Antonio, nessuno mi conosce... Timpim è
un soprannome che non mi piace... Preferisco che mi chiamate
Ventuno.
Cassiano cominciò a ridere, ma smise subito perché
tossì e sputò sangue.
- Ventuno! Che buffo!... Ma perché ti chiamano Ventuno?
- È un altro soprannome che mi hanno dato. È che
mia madre ha avuto ventuno figli, e io sono l'ultimo... E così
mi sono ritrovato questo nome.
- E chi è quello spilungone? Quell'omone che te le stava
suonando?
- È mio fratello Izé, signore.
- E perché ti stava picchiando?
- Perché voleva prendersi questo po' di manioca ammollita...
Ma io non gliela do, perché la sto portando a mia moglie,
che ha avuto un figlio ieri l'altro e in casa non c'è
niente, e lei deve mangiare!...
- Oh, Ventuno! Ma allora sei sposato?... E questo è il
tuo primo figlio?
- Gnornò, con questo fanno tre... Il primo è morto
a un anno, e l'altro, che era una femmina, è nato morto.
- E perché tu, che hai questa testona piena di capelli,
da uomo che non si fa calpestare, e queste sopracciglia che
si uniscono sul naso, perché non hai reagito e non l'hai
picchiato anche tu?...
- Sapete, mia madre mi diceva sempre che non devo alzare le
mani sui fratelli maggiori... E dato che sono tutti maggiori,
per questo tutti me le suonano.
Cassiano scrutava quel bifolco e lo guardava dall'alto in basso
e poi dal basso in alto.
- Oh, diavolo! E dimmi, sei sempre così duro come l'acciaio?
Non t'incurvi mai, non pieghi mai le spalle in avanti?
- Gnornò... Penso di no... Non so.
- Be', allora, tieni questi soldi e compra qualche gallina a
tua moglie, e domani torna qui.
Ma il giorno dopo Timpim fece una sorpresa a Cassiano: gli portò
il bebè per farglielo benedire, tutto fasciato con panni
di lana, troppi, e con la boccuccia tappata da uno straccio
di panno imbevuto di miele, a mo' di ciuccio. Timpim, tutto
orgoglioso, esibiva il suo frugoletto, e quando qualcuno gli
elogiava la bellezza del figlio, gli chiedeva ansioso d'aggiungere
"Dio lo benedica" per scongiurare il malocchio.
E il bambino, che era grazioso e sveglio, aprì gli occhi
in braccio a Cassiano, che, di fronte a tanta fragilità,
si commosse:
- Non potrò neppure rivedere mia madre, prima di morire?!...
- balbettò singhiozzando.
Chiese che lo mettessero a letto, ma era già un altro
uomo, perché piangere sul serio fa bene.
Sul pagliericcio, appoggiandosi a un mucchio di stracci, cuscini
e addirittura a un vecchio sellino che donne pietose gli aggiustavano
dietro la testa, ansimando a fatica e cambiando posizione per
tentare di incamerare un po' d'aria, si dimenticò delle
armi da fuoco e aspettò l'ora di morire. La calma e la
tristezza del paesino erano immutabili, con il canto di tortore
e di cardinali e i lugubri muggiti del bestiame. E la placidità
dell'ambiente a poco a poco gli addolcì lo spirito, mentre
il volto gli si gonfiava sempre più, attorno alle labbra
gli veniva un alone bluastro e la malattia gli sfilacciava il
cuore.
Cominciò a chiedere alle vecchie di andare a pregare
accanto al suo pagliericcio. Voleva che i bambini, bambinetti
magri, giocassero lì vicino; e dava loro soldi. E se
ne stava zitto, contando e ricontando le assi del tetto, nere
di fuliggine, e seguendo i movimenti dei ragni, che gettavano
fili a piombo per salire e scendere. E per la prima volta dopo
tanti mesi si ricordò del fratello assassinato, rendendosi
conto che era a causa della sua morte che era andato dietro
a Turíbio Todo. Pensò anche al cielo, mentre fino
ad allora non gli era mai avanzato tempo per farlo.
E dunque fu un giorno, quando stava peggio e aveva fatto aprire
le finestre per far entrare un sole impietoso e bruciante, che
gli piombò nella stanza, con gli occhi rossi e moccioso,
piagnucolante, anche Timpim.
- Che cosa è successo, Ventuno?
Era suo figlio, il lattante, che era malato, stava molto male
davvero, e per mancanza di mezzi, stava per morire. E Timpim
cominciò a singhiozzare; ma le lacrime scorrevano e lui
non si piegava.
Cassiano gli domandò:
- Ma dimmi, Ventuno: ad Abóboras non c'è un dottore?
- Sì, ma sarebbe meglio che non ci fosse, Dio mio! Io,
che non ho nulla di nulla, come faccio a pagare il dottor medico,
a trentamila réis ogni lega, per farlo venire qui?!...
Ho mandato a prendere una ricetta, e il resto di quei soldi
che mi hai dato l'ho speso tutto dallo speziale, in medicine...
- Be', ecco qui i soldi. Fa' venire il dottore. Compra le medicine
e tutto il resto. Se te ne servono degli altri, ce ne sono ancora.
Timpim strabuzzò gli occhi, senza riuscire a credere
a quello che stava sentendo. All'improvviso cominciò
a piangere ancora più forte e s'inginocchiò ai
piedi del benefattore, cercandogli la mano per baciargliela
e profondendosi in ringraziamenti e benedizioni, quasi soffocato
dai singhiozzi.
- Non è nulla... Non ci pensare... - si schermì
Cassiano. - Voglio che il medico venga a vedere anche me...
E già che ci sei, fa' venire anche il prete, che voglio
confessarmi...
Ma Timpim ora insisteva per baciargli i piedi e, sempre grondando
lacrime, esclamò:
- Dio la ricompenserà, don Cassiano Gomes! Io non posso,
perché non ho nulla... Il bambino è già
stato battezzato, subito appena nato, sennò sareste voi
il suo padrino!... Ma anche così se mi permettete io
sono il vostro compare e voi siete il mio più di tutti,
perché non mi dimenticherò mai di tanta carità!...
Allora Cassiano, a sua volta molto commosso, perché è
meglio essere buono che malvagio, lo strinse in un abbraccio,
dicendo:
- Ricompense meglio di questa non ce n'è, compare Ventuno...
E Cassiano Gomes non poté nascondere il conforto che
tutto ciò gli portava.
Venne il medico, venne il prete: Cassiano si confessò,
si comunicò, ricevette l'estrema unzione, pregò,
pregò. Mandava i soldi alla madre? No. Fece chiamare
Timpim, per rivedere in lui la sua buona azione. Parlarono.
Poi il moribondo disse:
- Questi soldi sono tutti per te, compare Ventuno...
Allora, con un'espressione felice, parlò della madre,
strinse in mano la medagliera della Madonna dei Dolori, morì
e andò in cielo.
A Turíbio Todo la buona notizia arrivò in una
lettera della moglie, che, ora affettuosa, l'implorava di tornare
a casa. Aveva già guadagnato un sacco di soldi e la lettera
lo convinse definitivamente: comprò una valigia, comprò
molti regali, mise al collo un fazzoletto verde per coprire
il gozzo; calzò un paio di stivali rossi di vernice;
e venne.
Scese dal treno anche con un bocchino, un orologio da polso,
bei vestiti e una nuova concezione dell'universo. Ma doveva
passare ancora una giornata a cavallo e aveva fretta, perché
donna Silivana aveva begli occhi, occhi sempre grandi da capra
attonita. Perciò non ebbe nemmeno il tempo di comprare
un cavallo, ma ne rimediò uno imprestato, pranzò
senza fame e partì.
Superò la prima lega. L'allegria larga della libertà
non gli faceva sentire gli scrosci che ogni tanto venivano giù,
perché era una giornata incerta, da matrimonio della
volpe o della vedova, con una pioggerella diafana, obliqua e
frettolosa, che correva qua e là per bisticciare con
il sole.
All'improvviso sentì lo scalpitio di un galoppo sfrenato
che gli veniva dietro. Fermò il cavallo sul ciglio della
strada, davanti a un albero di sucupira, e scrutò
e aspettò. Era un pony o una cavalla, un animale pezzato,
magro, ben trattato, dagli stinchi scandalosamente robusti e
pelosi, con un tizio allampanato in groppa. Il cavaliere tirò
le redini quasi a lato di Turíbio, così che, a
uno sbuffo del ronzino, un fiocco di schiuma bianca gli volò
sul braccio.
- Il tuo cavallo ha la rabbia, amico?
E Turíbio Todo indicò con il frustino le nari
dell'animale, che pulsavano ricoperte da un bianco d'uovo montato
a neve.
- Gnornò... È stato molto tempo fermo... Per questo
ora si stanca così.
Il bifolco, con un sorriso timido che rivelava molti denti spezzati,
rimase a fissare Turíbio, che l'esaminava con una pazza
voglia di ridere.
Perché l'altro, a guisa di mantello, vestiva un sacco
di iuta a cui aveva scucito i lati facendo passare la testa
per un buco sul fondo; e quell'abbigliamento bizzarro gli ricadeva
davanti e sulla schiena come la pianeta di un prete durante
la messa. Era scalzo ma portava sui calcagni degli enormi speroni
e usava un ramoscello come frustino.
Il cavallino pezzato - era davvero un cavallo - con la coda
legata e la criniera tagliata corta, sbuffante, magrolino, si
distingueva per la stessa aria miserabile del padrone: le briglie
si riducevano a una cavezza; al sellino da bestia da soma mancava
una staffa; non aveva sottocoda né sottopancia.
Il tipo magrolino prese il coltello e il tabacco a treccia il
che, nella convenzione delle strade del sertão, indica
il desiderio di fare quattro chiacchiere. Ma Turíbio
Todo aveva fretta:
- Se vai da questa parte, andiamo...
- Gnorsì...
E appaiarono le bestie.
Il piccolo bifolco lasciò cadere le redini sul collo
del cavallino, che si sforzava di tener dietro all'andatura
dell'altro cavallo; e tagliuzzava minuziosamente il tabacco,
riunendolo nel palmo della mano.
Turíbio non gli toglieva gli occhi di dosso, e gli sembrava
buffissimo, in faccia, in tutto, con quel cavallo, con quei
cernecchi pidocchiosi e quella palandrana. Ma quel tipetto gli
stava simpatico. E gli offrì una sigaretta.
Il giovane fece per prenderla, ma ritrasse bruscamente la mano.
- Molte grazie... Fumo solo queste, colla cartina di paglia
di mais... Qui non siamo abituati a cose fine...
Che tipo! - pensò Turíbio Todo.
L'altro fece scattare il suo acciarino e aspirò una lunga
boccata, al che sembrò farsi coraggio:
- Se posso permettermi, siete proprio Turíbio Todo, sellaio
di Vista Alegre, che arriva dall'estero?...
- Sì. Vengo da São Paulo... Come lo sai? Sono
arrivato oggi...
- Me l'hanno raccontato là al negozio.
Turíbio scoppiò a ridere. Quel piccolo buzzurro
gli piaceva sempre di più.
- Perché gente come te non va a lavorare là? Potreste
far soldi, imparare a vivere. Questa qui non è vita,
è una miseria nera, da far piangere i sassi!... Se vuoi
andare, ti spiego tutto per benino, ti aiuto, ti do dei soldi,
se ti servono...
- Macché!... Qui si nasce, qui si resta...
E confuso, come se volesse cambiar discorso, il bifolco gli
indicò:
- Guardate, lassù!
Sui rami più alti del cacciadiavoli, un apale, spettinato
e smorfioso, gesticolava stridendo e saltellando. I cavalieri
si fermarono. Turíbio Todo prese il revolver e lo puntò.
ma la scimietta si nascondeva dietro al tronco e tirava fuori
solo il musetto, ogni tanto, per guardarli. Turíbio s'intenerì,
e rimise a posto l'arma.
Nel frattempo l'apale scivolava giù a spirale per il
tronco e saltava sul tamarindo, e dal tamarindo sul mirto e
dal mirto al jequitibá; scese scivolando per la
corda angolosa della bignonia, risalì per la pista di
fiori solari dell'acacia, si elevò all'altezza di una
robinia; scomparve fra i rami più alti e da lì
fischiò.
- Poveraccio, lasciamolo in pace! Perché maltrattare
queste creaturine del bosco?... Anche loro si meritano di vivere...
Là a São Paulo, un giorno...
- Quanto l'avete pagato, questo vostro cavallo?
Turíbio Todo si girò sorpreso, inquieto, perché
era già la seconda volta che quel compagno così
umile e mite l'interrompeva.
- Me l'hanno prestato... Andiamo avanti. Là c'è
Restinga?
- Gnornò, è Quilombo.
Qui e là una capanna di paglia, sul ciglio della strada,
in mezzo ai banani.
- Più in fretta, ragazzo, che non vedo l'ora di arrivare!
Arrivarono al guado di un torrente. Un vecchio con un sacco
sulle spalle veniva dall'altra sponda, attraversando il torrente
su una trave; volle salutarli e quasi cadde, e si rimise in
equilibrio con difficoltà. Sul fango liscio della riva
farfalle gialle atterravano per restare immobili come petali
al suolo in una festa paesana.
I cavalli, immersi nella corrente fino agli stinchi, piegavano
il collo ad angolo ottuso per bere. Sciami di pesciolini, cozzando
in corsa o oscillando da fermi con palpitazioni da atleta, scodinzolavano
nella trasparenza dell'acqua che le bestie sorbivano in getti
copiosi.
L'aria era fresca. Dalla collina giungeva un buon profumo di
muschio, di licheni e verdura vecchia. E la sella era così
morbida, e le onde lo cullavano così dolcemente, che
Turíbio tolse un piede dalla staffa e rimase a guardare
con affetto una libellula che svolazzava scintillando e finì
per posarsi sulla sua cavezza.
Anche l'altro se ne stava zitto e ruminava fra sé e sé,
osservando il fango che a ogni movimento dei cavalli risaliva
alla superficie dell'acqua e l'intorbidiva. Furono gli animali
che, placata la sete, decisero di riprendere il cammino.
- Mi sento proprio allegro!... Vado da mia moglie, che non vedo
da molto tempo... Penso di arrivare al casolare di sua madre
domani pomeriggio. Se vuole partire con me, torniamo a São
Paulo... Voglio riposarmi un po' e godermi la vita... - disse
Turíbio Todo con un sospiro di soddisfazione.
- Ma don Turíbio Todo... Scusate la parola, ma questo
mondo è una montagna di sterco! Non vale la pena di stare
allegri... No, non ne vale la pena.
- Che discorsi, ti piace pensare alle cose tristi?... Che dici?...
- Si vive per soffrire... Tutti non fanno altro che soffrire...
Non ne vale la pena!... E prima o poi tocca sempre morire...
- Sai una cosa? Devi occuparti della tua salute, per non farti
venire queste idee... - consigliò Turíbio.
L'altro si ammutolì. Molto abbattuto, lugubre, sembrava
che stesse portando il peso del mondo sulle spalle.
Salirono per una collina, scesero giù per la collina;
e il sentiero entrò in un bosco fitto, in cui tutto era
silenzio e ombra. Uno dei cavalli sbuffò e addentò
il morso. Gocce di pioggia rimaste sulle foglie cadevano sui
cavalieri, mentre i rami schiaffeggiavano loro il viso. E all'improvviso
Turíbio Todo gelò sentendo venire dal contadino,
un'altra voce ferma e adulta, ancora sconosciuta:
- Don Turíbio! Smontate e pregate, perché io ora
vi ammazzo!
- Come? Cosa?... Sei ammattito?...
Ma il bifolco era serio e pallido, e nella destra teneva un
vecchio pistolone a due canne parallele e sinistre.
- Smontate, presto, don Turíbio!...
E l'omino parlava tranquillamente ma tenendo tutto sotto controllo.
Allora Turíbio Todo, affrontandolo, si tirò su
e fece la voce grossa.
- Smettila, bastardo, che ti faccio a fettine!...
- Non urlate, don Turíbio, non serve a nulla... Che Dio
mi perdoni, e pure voi, ma non posso fare altrimenti, perché
l'ho promesso al mio compare Cassiano, là a Mosquito,
proprio nel momento in cui chiudeva gli occhi...
Sentendo il nome del nemico, Turíbio Todo si spaventò
ancor di più. La mano del bifolco che reggeva il pistolone
tremava. Anche Turíbio cominciò a tremare tutto
come una canna.
- Ah, e quanto ti ha pagato? Posso darti il doppio, ti do tutto
quel che ho!
- Non serve, non è possibile, don Turíbio
Dio mi ha dato mio figlio, e lui me l'ha salvato
E gliel'ho
promesso quando aveva già la candela in mano
È
triste! Ma non c'è altro modo
Non c'è soluzione
Attonito, Turíbio spalancava gli occhi e sentiva com'è
terribile non avere tempo per poter pensare.
- Ascoltami
Anch'io ho famiglia
Ho
- Smontate, don Turíbio
- Per l'amore della Vergine santíssima! Per l'amore di
tuo figlio! Non farlo! Dio ti punirà!
Non m'ammazzare
- Pregate, don Turíbio, perché non voglio la vostra
perdizione!
Allora Turíbio Todo fu stravolto dal terrore, e stese
le braccia.
- Aspetta! Aspetta! Non sparare ora
E portò la mano alla fronte, facendosi il segno della
croce, gridando e cominciando a singhiozzare:
- In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, amen!
Padre nostro
Ma no! Non così come una pecora! Si gettò di lato
e impugnò il revolver e diede uno strappo alle redini
e un colpo di speroni, facendo impennare il cavallo.
Ma il pistolone non fallì. Turíbio Todo vacillò
e ricadde sulla sella con una pallottola nella guancia sinistra
e l'altra nella fronte. Il cavallo corse via; il piede del morto
uscì dalla staffa. Il corpo piombò di lato, contorto,
e restò a terra.
Allora il piccolo Timpim Ventuno si fece anche lui il segno
della croce e aprì le ginocchia, dando un colpo di speroni.
E il cavallino pezzato prese al galoppo un sentiero fra i grandi
alberi di itapicurú e le piante di cassia, correndo via
dalla strada maestra.
(Racconto
tratto dal libro "Sagarana", Casa Editrice Feltrinelli,
1984, traduzione di Silvia La Regina)