CERTI CARNEVALI

Breve presentazione

Julio Monteiro Martins

 

L'immagine, così come il personaggio, ha una forte autonomia estetica: indipendente dal tema che gli ha dato origine, dal pretesto contestuale, circostanziale, essa si presenta alla fine come vuole: cambia e tradisce la sua fonte, per trasmettere qualcosa di più grave, di più importante, di più profondamente vero, qualcosa che si imponeva con vigore da dietro le quinte.
È questo il caso della mostra on-line, Certi carnevali, del fotografo Enzo Cei, che la Sagarana vi propone nel suo numero di compleanno: il contesto di origine erano i baracconi dove venivano costruiti, fino all'anno scorso, i carri allegorici del Carnevale di Viareggio, sinonimo, in tutta l'Italia, di allegria collettiva e di sana satira politica. Ma il risultato che ne è emerso va ben oltre: in sintonia con i nostri tempi, con il vero e aspro avvio del Ventunesimo secolo, queste foto svelano una sorta di incubo surreale, di macabra fantascienza, di unheimlich, di senso di distacco, di straniamento dal reale. Proprio come in certi incubi, il confine tra la maschera comica, esagerata, caricata, e il ghigno di orrore è molto sottile. Registi del cinema come Stanley Kubrick, o Dario Argento, in Profondo Rosso, hanno impregnato di un'aura sinistra le bambole e i giocattoli infantili. Chi non si ricorda del bambino che gira in triciclo per i lunghi corridoi di un albergo deserto in The Shining? E non è arrivata proprio durante un ballo di Carnevale la peste nera, la morte mascherata, nel celebre racconto di Edgar Allan Poe?
Sappiamo infatti che ciò che incute paura nell'uomo non è il "totalmente diverso", ma il familiare trasformato, riconoscibile e allo stesso tempo strano. È appunto un'operazione artistica del genere che il talento di Cei ha realizzato in questa mostra: un'operazione di grande intuizione e di alto contenuto simbolico, che parte dalle immagini dell'ampiamente noto Carnevale viareggino per giungere a un'acuta rappresentazione dello spirito di un'epoca, la nostra, con i suoi fantasmi, il suo tacito disorientamento, la sua opacità digitalizzata.






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