DICAS - Speciale
PERCHE'
SCRIVO?
Diverse
pubblicazioni, in tutte le grandi tradizioni letterarie nazionali,
riuniscono interviste con scrittori nelle quali è presente
questa domanda così impalpabile e misteriosa: Perché
scrivi?
Questa edizione speciale della sezione "Dicas" presenta
alcune delle risposte più antologiche, sia per la loro
sincerità, a volte spiazzante, sia per l'autoironia degli
stessi autori, sia per ciò che hanno di illuminante per
la comprensione della vera natura delle loro opere.
DORIS LESSING
"Scrivo
perché sono un animale scrittore".
HEINRICH BÖLL
"Io
amo scrivere, per me è una vera allegria costruire. L'argomento,
il contenuto, il messaggio viene da ciò che è stato
vissuto dalla mia generazione, tutto ciò che in qualche
modo mi è stato dato, il contenuto è sempre un dono.
La qual cosa non vuol dire che sia superfluo - un regalo è
una bella cosa. Ma, il lettore, deve "conquistare" questo
dono, e lo farà imponendo limiti a se stesso, e cioè,
essendo costretto ad accettare la forma con la quale esso si presenta.
Ma, innanzitutto, scrivere è più semplicemente il
desiderio di creare qualcosa".
ANTÓNIO LOBO ANTUNES
"Credo
proprio che ci siano anche dei motivi inconsci che portano una
persona a scrivere. Penso che una parte dello scrivere funzioni
come catarsi, come un fattore equilibrante. Possiamo forse modificare
la Bibbia e al posto di dire che 'Nel principio c'era il Verbo',
dire che 'Nel principio c'era la Depressione', perché,
in fondo, la nostra esistenza altro non è se non una forma
con la quale cerchiamo di lottare contro la depressione. Vivere,
probabilmente, non è molto più di questo".
TRUMAN CAPOTE
"Sono
uno scrittore essenzialmente orizzontale. Penso meglio quando
sono sdraiato, con una sigaretta tra le labbra e una tazza di
caffè a portata di mano. La tazza di caffè può
anche essere cambiata con un bicchiere di vodka, non bisogna essere
fanatici. Non uso la macchina da scrivere, scrivo a mano, con
la matita. Lavoro quattro ore al giorno per quattro mesi all'anno.
Sono uno stilista: mi preoccupo di più sul posto di una
virgola che sull'elezione del premio Nobel".
ALEJO CARPENTIER
"Anche
se la mia formazione è più musicale che letteraria,
ho deciso di scrivere per rispondere ad una necessità che
riguardava senz'altro una vocazione più profonda. Mentre
ero interessato allo studio del contrappunto e della fuga in modo
oggettivo (cosa che accade anche per l'architettura, sono figlio
di un architetto), mi sono innamorato della letteratura per altre
ragioni... Dalla mia adolescenza, ho sempre avuto la sensazione
molto chiara che nell'America Latina il romanzo rispondesse ad
una 'necessità', e che non fosse così fondamentale
la sua realizzazione sul piano di una determinata estetica letteraria,
quanto piuttosto la sua rispondenza ad una certa 'ossessione'.
Il romanzo sudamericano ha tutto un mondo da 'svelare'. Soprattutto
se uno pensa che i nostri primi romanzi hanno poco più
di un secolo di esistenza, e che solo molto recentemente gli scrittori
sudamericani hanno preso coscienza del significato del loro mestiere".
GABRIEL GARCIA MARQUEZ
"Perché
i miei amici mi amino di più."
ITALO CALVINO
"In
un certo modo, penso che sempre scriviamo su qualcosa che non
conosciamo, scriviamo per dare al mondo non-scritto un'opportunità
di esprimersi attraverso di noi. Ma, a partire dal momento in
cui la mia attenzione vaga dall'ordine prestabilito delle linee
scritte verso una complessità mutevole che nessuna frase
potrà apprendere totalmente, credo di capire che al di
là delle parole c'è qualcosa che le parole potrebbero
significare".
ERNESTO SABATO
"Scrivo
per non morire di tristezza in questo paese disgraziato!"
FEDERICO GARCIA LORCA
"A
volte, osservando ciò che accade nel mondo attorno a me,
mi domando: perché scrivere? Ma, bisogna lavorare, lavorare,
lavorare. Lavorare come forma di protesta. Perché l'impulso
normale di una persona sarebbe urlare tutti i giorni nello svegliarsi
in un mondo pieno di ingiustizie e di miserie di tutti i tipi:
Io protesto! Io protesto! Io protesto!"
CLARICE LISPECTOR
"Durante
l'infanzia avevo diverse vocazioni che mi chiamavano ardentemente.
Una di queste vocazioni era scrivere. E non perché è
stata quella che ho inseguito. Forse perché per le altre
vocazioni io avrei bisogno di affrontare un lungo apprendistato,
mentre per scrivere l'apprendistato è la vita stessa che
vive dentro di noi e attorno a noi. Il fatto è che io non
so studiare. E per scrivere l'unico studio vero è il proprio
scrivere. Da quando avevo sette anni mi sono addestrata per avere
un giorno la lingua in mio potere. E, nonostante ciò, ogni
volta che vado a scrivere, è come se fosse la prima volta.
Ogni libro è un esordio sofferto e felice. Questa capacità
di rinnovarmi completamente via via che il tempo passa è
ciò che chiamo vivere e scrivere".
JOYCE CAROL OATES
"Io
non ho risposto a causa della difficoltà della domanda
e dell'immensità della risposta. Perché? Non è
una questione che l'artista si pone quando sta totalmente immerso
nel suo lavoro. La teoria è territorio di quelli che non
agiscono. Quindi, la ragione può essere, in parte, modificare,
anche in modo infimo, la coscienza della nostra epoca; comunicare
(come soltanto uno scrittore può fare) intimamente agli
individui; onorare lo splendido fenomeno che è il linguaggio;
nel gioco; nella guerra; perché è un modo intimo
di stabilire un dialogo con il nostro vero essere, quello più
segreto e sconosciuto".
PAUL AUSTER
"Mi
faccio spesso questa domanda. Non ho una buona risposta. Credo
che la ragione per cui scrivo sia: devo scrivere. È così
semplice. Non è esattamente un'attività facile,
non dà... ahimè... molti piaceri. Scrivere è
l'arte della solitudine, è un modo di essere in armonia,
o almeno in pace con l'angolo più ombroso dell'essere.
Paul Celan, un ebreo nato in Romania, scriveva in tedesco anche
se viveva in Francia, dove è morto suicida annegandosi
nella Senna. Lui scriveva incessantemente. Come ho scritto nel
mio saggio "La poesia dell'esilio", il dolore e la rabbia
di Celan hanno fatto diventare furiosa la sua poesia, che era
una poesia ispirata dall'amarezza. Ossia, tu devi lavorare davvero
duramente quando scrivi, perché è un'attività
che risucchia tutte le tue energie. E, nonostante ciò,
io mi sento più vivo e più umano quando sto scrivendo".
JORGE AMADO
"Non
so fare altro. Questa è la verità, non so fare altra
cosa. C'è un numero di cose che tutta la gente sa fare
ed io non so. Allora, primo, scrivo, perché, nel bene o
nel male, è l'unica cosa che so fare; secondo, perché
è un mestiere che, essendo duro, difficile, a volte anche
drammatico, ci dà anche molta allegria, una certa soddisfazione
di aver compiuto qualcosa. Quando qualcuno - e questo accade piuttosto
spesso - mi scrive o viene da me e dice 'io ho letto il tuo libro
e questo è stato importante per me, ha aiutato la mia vita',
quando un giovane brasiliano viene e dice 'ho letto Capitani della
spiaggia e ora posso capire molto meglio il problema dei meninos
de rua', questo mi dà una grande soddisfazione."
JEAN-PAUL SARTRE
"Scrivo
perché non sono felice. Scrivo perché è un
modo di lottare contro l'infelicità".
SAMUEL BECKETT
"Ho
scritto tutta la mia opera molto velocemente - tra il 1946 e il
1950. La mia opera in francese mi ha portato al punto che sentivo
di dire le stesse cose sempre un'altra volta. Per alcuni scrittori,
più scrivono, più facile diventa scrivere, per me
è il contrario, è sempre più difficile. Per
me il campo delle possibilità si riduce sempre di più".
JORGE LUIS BORGES
"Non
potrei smettere di scrivere. Ho sempre saputo che il mio destino
era un destino letterario, di lettore e, imprudentemente, anche
di scrittore. Scrivo per rispondere ad una domanda, un bisogno
interno. Se io fossi stato Robinson Crusoe, nella sua isola, o
Edmond Dantés, il Conte di Montecristo, io non avrei scritto.
Fino all'età di 30 anni, ho letto quello che scrivevano
su di me. Poi ho smesso. Quando pubblico un libro, i miei amici
sanno che non devono parlare su quello che ho scritto. Così,
pubblico un libro e non so nulla della critica, buona o cattiva,
giusta o ingiusta che sia. Nemmeno delle vendite. Questo può
interessare i librai e gli editori, non lo scrittore. Non scrivo
per pochi e nemmeno per la grande maggioranza. Io faccio quello
di cui sento la necessità. Non cerco i personaggi. Aspetto
che i personaggi vengano a me... e posso anche cacciarli via.
E, se loro insistono davvero, allora io scrivo loro per poter
passare ad altre cose."
PETER HANDKE
"Questo
uno non può decidere. Noi ci proviamo perché non
sopporteremmo un altro tipo di vita, forse perché in un'altra
vita saremmo troppo vincitori o troppo sconfitti. Così
abbiamo scelto questo terzo percorso, senza speranza. Non scegliamo,
siamo scelti, non so da chi. Comunque, è successo quando
ero studente di Giurisprudenza a Graz, in Austria. Non vedevo
alcun senso nello studio, avevo avversione per il mestiere che
mi aspettava, essere un avvocato. Allora ho pensato: sarà
ora o mai più. Ho provato a scrivere un libro. Prima già
scrivevo, anche se occasionalmente. E poi le cose prenderanno
il suo corso".
OCTAVIO PAZ
"I
poeti dicono la verità quando affermano che, iniziando
a scrivere una poesia, non sanno cosa finiranno per dire. Scriviamo
per dire il non detto, e per conoscerlo".
WILLIAM FAULKNER
"Scrivo
solo per campare".
Copertina.
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