DICAS

 
Il silenzio
Lettura pericolosa
Le umiliazioni letterarie
Residuo fecale
Le ombre
Chopin nel Mato Grosso
Sai che ieri ho vomitato?
Due generi di persone
I neri finiti nei lager tedeschi
Il discorso e i fatti
Inseguita dalla pace
Umana e non umana

 

Il silenzio

"Oggi si parla molto di lotta contro il rumore, - dice Kapuscinski in uno dei suoi progetti per un libro futuro - mentre sarebbe più importante la lotta contro il silenzio. Scopo della lotta contro il rumore è la pace dei nervi, quello della lotta contro il silenzio la salvaguardia della vita umana. Nessuno giustifica né difende chi fa molto rumore, mentre chi introduce il silenzio nel proprio paese è protetto dall''apparato repressivo. Per questo la lotta al silenzio è così difficile."



Lettura pericolosa

Alain de Botton ci ricorda nel suo libro su Proust questo suo commento sulla lettura: "Finché la lettura per noi è un'istigazione che con le sue chiavi magiche apre la porta a quelle profonde dimore dentro di noi in cui non avremmo saputo come entrare, il suo ruolo nella nostra vita è salutare. Diventa pericolosa, viceversa, quando invece di ridestarci alla vita personale della mente, la lettura tende a prenderne il posto."






Le umiliazioni letterarie

Un libro molto divertente: Le umiliazioni non finiscono mai, a cura di R. Robertson (Guanda), in cui 70 scrittori anglofoni confessano in maniera a volte esilarante, e comunque ironica, le proprie umiliazioni letterarie (presentazioni, recensioni, readings, gaffes varie...).


Residuo fecale

A un'inchiesta sul Neorealismo del 1951, Carlo Emilio Gadda dichiarò la propria freddezza nei confronti di una poetica del "fatto in sé" e rivendicò una "dimensione noumenica, che in alcuni casi da me considerati sembra alquanto difettare". E più avanti: "Il dirmi che una scarica di mitra è realtà mi va bene, certo: ma io chiedo al romanzo che dietro questi due ettogrammi di piombo ci sia una tensione tragica, una consecuzione operante, un mistero, forse la ragione o le irragioni del fatto... Il fatto in sé, l'oggetto in sé, non è che il morto corpo della realtà, il residuo fecale della storia".




Le ombre

"All'inizio non era così spaventoso, una volta che il cambiamento era sottile, ma io ho avvertito che l'ambiente assumeva un tono diverso ogni tanto: le ombre del tramonto sembravano più cupe, le mattine erano meno gioiose, le camminate nel bosco erano meno rilassanti, e arrivava sempre un momento, durante il mio lavoro nel tardo pomeriggio in cui una sorta di panico e di ansia mi soggiogava" - William Styron in Darkness Visibile, il libro in cui lui descrive la propria crescente depressione.



Chopin nel Mato Grosso

Claude Lévi-Strauss, mentre era nella giungla brasiliana a svolgere delle ricerche etnografiche fra le tribù indigene, si sfogava della sua solitudine e isolamento con queste parole: "Ci si domanda una cosa: che siamo venuti a fare qui? Con quale speranza? A quale scopo? Che cos'è esattamente un'inchiesta etnografica? L'esercizio di una professione come un'altra, con la differenza che l'ufficio o il laboratorio distano alcune migliaia di chilometri da casa? O invece la conseguenza di una scelta più radicale, che implica una messa in discussione del sistema nel quale si è nati e cresciuti? Avevo lasciato la Francia da quasi cinque anni, avevo abbandonato la carriera universitaria e nel frattempo i miei compagni più giudiziosi ne salivano i gradini; coloro che, come una volta anch'io, erano portati alla politica, oggi si ritrovavano deputati, sarebbero diventati ministri. Io giravo per i deserti inseguendo rifiuti di umanità. Chi, che cosa, mi aveva spinto a far esplodere il corso normale della mia vita? Si trattava di un'astuzia, di un raggiro per consentirmi di reintegrare la mia carriera con benefici supplementari che sarebbero tornati a mio vantaggio? Oppure la mia decisione esprimeva una profonda incompatibilità verso il mio gruppo, dal quale ero comunque destinato a vivere sempre più isolato? Per uno strano paradosso, invece di aprirmi un nuovo universo, la vita avventurosa mi restituiva piuttosto all'antico, mentre il mondo cui aspiravo mi svaniva tra le dita. Quanto più gli uomini e i paesaggi alla cui conquista ero partito perdevano, a possederli, il significato che avevo sperato di trovarci, tanto più a queste immagini deludenti, benché presenti, se ne sostituivano altre, messe in riserva dal mio passato e alle quali non avevo attribuito alcun valore quando facevano ancora parte della realtà che mi circondava. Percorrendo zone che pochi sguardi avevano contemplato, dividendo esistenze la cui miseria era il prezzo pagato prima di tutto, da chi le viveva, perché potessi risalire il corso dei millenni, non vedevo più quello che mi stava intorno, ma avevo solo visioni fuggitive della campagna francese da me ripudiata, oppure ricordavo frammenti di musica e poesia che erano l'espressione più convenzionale di una civiltà contro la quale bisognava pure che mi persuadessi di aver optato, se non volevo smentire il senso attribuito alla mia vita. Per settimane e settimane, su quell'altopiano del Mato Grosso occidentale, ero stato ossessionato non da quel che mi circondava e che non avrei più rivisto, ma da una melodia trita e ritrita che il mio ricordo impoveriva ancora di più: lo Studio numero 3, opera 10 di Chopin, dove pareva riassumersi, per una derisione di cui avvertivo in pieno l'amarezza, tutto quanto mi ero lasciato dietro."



Sai che ieri ho vomitato?

Teofrasto (ca. 370-286 a.C.) ha scritto questo vivace e sempre attuale bozzetto: "La logorrea è l'esposizione di discorsi lunghi e insensati, e il logorroico è un uomo che, sedutosi accanto a un estraneo, per prima cosa gli fa un elogio della propria moglie, poi gli racconta il sogno che ha fatto la notte prima, poi gli descrive una per una tutte le portate che ha avuto a pranzo, poi ancora - se la cosa procede - dice che gli uomini di oggi sono molto peggiori degli antichi, e che affare che è il grano al mercato, e quanti immigrati arrivano in città, e da marzo in poi il mare è navigabile, e se Zeus dà più pioggia i raccolti ne guadagneranno, e lui con l'anno nuovo lavorerà il suo campo, e com'è difficile la vita, e la fiaccola più grande, durante i misteri, l'ha dedicata Damippo, e quante sono le colonne dell'Odeon, e "Sai che ieri ho vomitato?" e "Che giorno è oggi?" [...] Se lo si tollera, non va più via.



Due generi di persone

Ryszard Kapucinski parla della guerra che ha vissuto: "Ognuno di noi ha fatto uno sforzo immane per sopravvivere alla guerra, abbiamo praticamente scavato la terra con le nostre mani. Al segnale dell'attacco, dalle trincee balzava fuori una miriade di soldati che dilagava nei campi, nei boschi e nelle strade. Ci si imbatteva ovunque in uomini con il fucile. Nel mio paese, la Polonia, la guerra non ha risparmiato nessuno, è entrata in ogni casa, sfondato ogni porta, ha incendiato decine di città e migliaia di villaggi. La guerra ha ferito tutti, e chi ne è uscito vivo se la porta dentro per sempre cme un male incurabile. L'uomo che ha attraversato una grande guerra è diverso da quello che non ne ha passata nessuna. Sono due generi di persone differenti e che non troveranno mai un linguaggio comune, perché in realtà la guerra non si può descrivere né condividere. Non possiamo proporre a nessuno di prendersi un po' della nostra guerra: dobbiamo portarcela dentro per tutta la vita. La guerra è la più crudele delle esperienze per la semplice ragione che esige sacrifici terribili. La gente del mio paese che è arrivata alla Porta del Brandeburgo può testimoniare quanto costi la vittoria. Chi vuol sapere quanto costi vincere una guerra vada a vedere i nostri cimiteri. Chi sostiene che si può ottenere una vittoria duratura senza perdite eccessive e che ci possono essere guerre senza cimiteri non sa quello che dice. Ma soprattutto, e questa è la cosa principale, la guerra stende le sue ali nere su tutti indistintamente. Nessuno può restare in disparte a bersi un caffè quando arriva il momento di lanciare granate."



I neri finiti nei lager tedeschi

Lo scrittore franco-ivoriano Serge Bilé, che già nel 1995 aveva prodotto n documentario, Noirs dans les camps nazis, ha pubblicato per le Éditions du Rocher un piccolo libro che porta lo stesso titolo e che racconta la vita e la morte nei lager dei neri che abitavano l'Europa negli anni dell'ascesa del nazismo, ma soprattutto lo sterminio dei neri e meticci della regione del Reno, di padri africani e madri tedesche. In Francia, dove il video di Bilé aveva avuto una ampia circolazione, questo nuovo testo, che ha suscitato molte polemiche, ha fatto vendere decine di migliaia di copie. Non pochi sono i punti deboli del saggio però: se infatti dalla prospettiva della ricerca storica il libro appare quanto meno fragile, anche il titolo non corrisponde del tutto al contenuto, perché su centocinquanta pagine solo un terzo sono dedicate al tema indicato in copertina. Inoltre. Bilé non chiarisce come a determinare la deportazione dei neri sia stata - assai più del colore della pelle - la loro opposizione al nazismo e la loro attività di resistenti o di comunisti.



Il discorso e i fatti

Chris Hedges: "Ogni volta che ci arruoliamo nella crociata della guerra, ogni volta che crediamo di essere dalla parte degli angeli, ogni volta che abbracciamo un sistema teologico o ideologico che si definisce la quintessenza del bene e della luce, in realtà stiamo solo scegliendo i modi in cui compiere le esecuzioni."



Inseguita dalla pace

La scrittrice Marguerite Duras, che ha partecipato della Seconda Guerra Mondiale come esponente della Resistenza francese, ha descritto con queste strane parole l'arrivo del periodo di pace: "La pace è già visibile. È come un grande buio che cala, è l'inizio dell'oblio. Si può già vedere [...] sono uscita, la pace sembrava imminente. Sono tornata a casa di corsa, inseguita dalla pace. Ero stata improvvisamente colpita dall'idea che poteva esserci un futuro, che una terra sconosciuta poteva emergere da questo caos dove nessuno sarebbe più stato costretto ad aspettare."



Umana e non umana

Sul suo libro The Warrior's Honor: Ethnic War and the Modern Conscience, Michael Ignatieff ha scritto: "È la paura dell'altro, forse più di ogni altra cosa, a scatenare la guerra. È una paura che rende grandi le piccole differenze, che trasforma la distanza fra etinie in una distinzione fra specie, umana e non umana. E non è solo paura, ma anche colpa. Perché se hai diviso la tua vita con un altro gruppo e a un tratto cominci a temerlo, visto che improvvisamente ha acquistato potere su di te, devi vincere il peso dei ricordi lieti, devi rovesciare su di loro la colpa di aver distrutto la vita comune."


       Copertina.