DA SKOPJE A BELGRADO PER LA FIERA DEL LIBRO. 
OTTOBRE 2000



Anastasija Gurcinova



Voglio raccontare in italiano un breve viaggio nella città che una volta era la capitale del mio ex-paese. È stato per me una grande sfida e una vera impresa in questo periodo. 
Una decina di giorni dopo la famosa "rivoluzione" serba e la caduta di Milosevic, la direttrice del mio Istituto mi dice: Anastasija, fra una settimana inizia la fiera del libro a Belgrado. Forse quest'anno potremmo andarci. Sei interessata? 
Se ero interessata? Come potevo mancare ad una sfida del genere?
Eravamo già tutti emozionati per quello che si vedeva alla TV i giorni precedenti. E poi, l'entusiasmo che ho sentito nelle voci di tutti gli amici serbi che avevo chiamato per telefono, mi ha spinto ad andare e vedere personalmente che succedeva. Belgrado era la città nella quale mi sono sempre sentita così bene. Lì avevo finito anche i miei studi post-laurea, all'inizio degli anni 90. Ma poi, a causa degli eventi politici, ho quasi smesso di andarci. E forse era meglio mancare tutto questo decennio, tormentato dal regime di Milosevic. Così, non era solo una semplice curiosità. Speravo di ricuperare tante cose, di ristabilire i contatti ormai interrotti, con tante persone. 
Ho subito cominciato i preparativi. Ho annunciato le nostre intenzioni al mio compagno di ventura di Porto Franco quest'estate in Toscana, Predrag, che si è subito mostrato entusiasta del prossimo incontro. Ci ha prenotato un buon albergo a Belgrado e ci aspettava lì. 
Perché un breve soggiorno nella città che conoscevo così bene mi ha turbato tanto, rendendomi ancora emozionata? Credo che ci siano parecchie ragioni. 

1. Il viaggio. Insieme ad altre 4 colleghe dell'Università di Skopje ho preso un pullman notturno, perché abbiamo saputo che nei treni non funzionava bene il riscaldamento. Però, dalla condizione tecnica del veicolo, era chiaro che saremo tornati a casa con un raffreddore. L'autista cercava di spiegarci che la forte corrente d'aria proveniva dal modo brutale con cui i poliziotti alla dogana macedone avevano fatto il controllo dello stesso pullman, il giorno prima. Ma questo non mi ha salvato dall'influenza che mi ha tenuto a letto quasi una settimana dopo il ritorno a casa. Per una distanza che una volta si superava in 5 ore di macchina, ora ci voleva tutta una notte insonne, con la frontiera, i passaporti, il controllo dei bagagli e tutte le altre cose assurde. 

2. La città. La prima vista della città nelle ore del mattino, è stato il più grande "shock" per me. Non potevo credere, mentre attraversavamo le strade che riconoscevo, quanti palazzi erano ancora danneggiati dal bombardamento dell'anno scorso. Ma che danneggiati: avevano nel mezzo buchi di una decina di metri, mostrandosi vuoti, deserti, pieni di fantasmi. E tutto questo nelle più belle vie del centro della città. L'avevo visto tante volte sui giornali e nella TV, ma non è lo stesso. Mi ha colpito molto. Ed è tornata la rabbia, l'indignazione e tutto quello che provavo anche un anno fa, mentre sentivo costantemente gli aerei che passavano sopra la mia testa, per raggiungere proprio queste mete. La città di Belgrado ha definitivamente perduto la gioia e lo spirito che ricordavo io dai tempi dei miei studi. Spero che riesca a ricuperarli presto. 

3. Condizioni di vita. Di solito mi disturba l'inevitabile discorso sul confronto degli stipendi e dei costi della vita in diversi paesi. Provengo anch'io da un paese dove si vive molto male, dove la maggior parte degli abitanti si trova ai limiti della povertà e della sopravvivenza. E dopo gli eventi "rivoluzionari" di Belgrado, mi divertivo molto, vedendo il panico che aveva preso tutti attorno a me. Una cosa da non credere; i soliti commenti della gente in Macedonia, anche di alcuni giornalisti, dopo la prima eccitazione per la "rivoluzione" serba, erano: "Va bene la caduta di Milosevic, ci voleva, finalmente, ma ora, sapete che tutti i soldi andranno solo in Serbia? E noi? Saremo dimenticati. Che succederà?". Ma, considerando quanto "progresso" abbiamo fatto negli anni in cui la Serbia si trovava sotto le sanzioni, non dobbiamo essere preoccupati. Sarà lo stesso. Più o meno, per tutti. Quello che mi ha preoccupato, invece, erano le cose che ho visto ancora a Belgrado: la mancanza di petrolio, la mancanza di luce, le case quasi senza riscaldamento. L'autista del taxi mi diceva: "Lei ha un attimo? Devo prendere benzina". Ma, non andiamo dal distributore. Lì non si trova. La prendiamo qui, dalle persone che stanno per strada, a vendere benzina nelle bottiglie di plastica. Io sono rimasta a bocca aperta, ma poi, ovviamente, uno si abitua. Loro hanno vissuto così per anni. E la luce. Con Predrag abbiamo girato parecchio una notte, attraversando quartieri alternativamente oscuri ed illuminati. Si cercavano alcuni amici, che dovevano aspettarci in un bar. Ma, non ci si trovava mai, perché, appena entrati in un posto, si spegneva la luce e si doveva cambiare il locale. E così tre o quattro volte, a correre dietro di loro, per finire poi tutti al bar presso il nostro albergo, dove, per fortuna, c'era tutto. 

4. La gente. Finalmente un po' d'ottimismo e di speranza. Tutti, assolutamente tutti si sono mostrati gentili, contenti, emozionati e quasi commossi d'avermi trovata di nuovo fra di loro. Solo che alcune persone non sono riuscita a trovarle. Il mio professore, con cui avevo fatto la tesi "masters" su Calvino, non vive più a Belgrado. Sembra che sia tornato in Italia, dopo più di 40 anni passati in questa città. Lui, che diceva sempre che la sua scelta l'ha fatta da giovane, essendo comunista, prendendo la decisione di andare a vivere in un paese del "socialismo reale". Poi, la mia migliore amica, che mi ospitava in casa sua, una delle più brave studentesse di medicina, ora dottore di ricerca in immunologia, ha preso la strada di tanti intellettuali giovani, confusi e disperati: è scappata all'estero. Prima in Germania e ora in Australia. Abita a Melbourne; cercherò di contattarla per e-mail, l'unico conforto che ci rimane, in tanti casi. 
Ma, gli incontri mancati non erano poi tanti. Sono anche riuscita a vedere molte persone. E poi, mi capitava di incontrare anche tante persone per strada, a caso, una cosa che non mi capita spesso neanche nella mia città. Sapevo che non era "per caso": volevano farsi vedere, volevano proprio incontrarmi. Ma, quanto sono cambiati! Tranne Predrag, che è sempre lo stesso, (spontaneo e di buon umore), ho trovato tutti gli altri invecchiati, rattristati, pensosi, con una forte amarezza nello sguardo e nella voce. Poi, se tu chiedi cosa pensano adesso, d'un tratto sorridono, esclamando: sì, ora sarà meglio, le cose cambiano, finalmente! Ma si sente la fatica della vita quotidiana, si sente il dolore e il tormento che hanno vissuto per tanti anni ormai. 
E gli incontri ufficiali, per esempio con il preside e alcuni professori della Facoltà di Lettere. Sembrava che fossero in un tempo "sospeso", fra il periodo prima, e quello che dovrebbe ancora venire. Gentilissimi con noi, ma preoccupati con le loro storie, i rapporti di ognuno di loro con l'ex regime, la paura che hanno vissuto per la propria esistenza e il proprio posto di lavoro... Le lezioni quasi non le facevano più negli ultimi anni: dicono che gli studenti sono stati quasi sempre fuori, a protestare per le strade… Ora si deve riprendere tutto. Meno male che c'è l'ottimismo. 
Alla fiera del libro ho incontrato scrittori, vecchi professori dell'Università, grandi intellettuali che conoscevo in contesti diversi. Persone che una volta non osavo forse neanche fermare per strada. Ora, tutti mi vedevano con tanta simpatia, con una forte nostalgia, spiegandomi che "le cose sì, forse cominciano ad andare meglio, ma le ferite, Anastasia, le ferite rimangono…" Mi sono sentita davvero male. 
Forse sono cambiata e invecchiata anch'io, in dieci anni. Ma i miei amici: hanno tutti avuto davvero i capelli grigi! Dicono che succede spesso in periodi difficili. E grigio era il colore che dominava ancora, quest'autunno a Belgrado. Nonostante il sole, il bel tempo e le vetrine arredate in rosso, che mi hanno detto che sta finalmente ritornando di moda questa stagione. Meno male: salutiamo il suo arrivo. E auguriamoci un po' di roseo anche nelle nostre vite.


Anastasija Gurcinova, saggista e traduttrice, ricercatrice di letteratura comparata all'Universita' di Skopje, Macedonia. Si occupa delle relazioni interletterari italo-macedoni. Ha finora pubblicato un libro su Italo Calvino ("Kalvino i skaznata", Skopje, 2000), un'antologia del racconto italiano del Novecento ("Tajna igra", Skopje, 1996), una sua traduzione del "Principe" di Machiavelli ("Vladetelot", Skopje, 1993) e un'ampia scelta bilingue delle poesie di Edoardo Sanguineti ("Poezija", Skopje, 2000). 

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