BOHEME

Paolo Chierici


L'ultima sigaretta, dopo il caffè con gli amici, sul piazzale della chiesa. Poche auto, qualche bicicletta, gente che va al lavoro. Il fumo della nazionale si perde nell'aria fresca di un lunedì mattina di fine aprile.
"Eccola, arriva." La 1100 nera entra nel piazzale; lei è bella come una margherita di campo, gli occhi tristi, esile nel vestito bianco: lui la guarda, sorride commosso. Suona la marcia, entrano tutti in silenzio e qualcuno si chiede il perché di quegli occhi tristi.
Ultime briciole degli anni cinquanta, ad un passo da quelli del boom economico, della Versilia ruggente - stessa spiaggia stesso mare - delle sfide popolari Lambretta contro Vespa, Coppi contro Bartali, della Seicento, delle case per tutti, del definitivo distacco da una guerra vissuta in prima persona. Il boom non certo per loro; i regali di nozze stanno sul tavolo: una catinella di "Moplen", un coltello da pane, alcune tazzine, il servito buono da dodici. Pasticcini, confetti, vino bianco e vermouth per i grandi; cioccolata in tazza e spuma per i piccoli. Perché quegli occhi tristi, continuano a chiedersi i pochi invitati.

Dalle finestre del piccolo appartamento, davanti al carcere in Via S.Giorgio, all'ultimo piano di una scala popolare, non si apprezza una vista panoramica ma la città possiede ancora un'anima e i suoi ritmi vitali sono scanditi dai rumori consueti di chi vive lì: vociare, strilli e risate, posate e stoviglie, carretti di frutta e litigi. 
Una camera, una cucina, il bagno "grande" come un foglio aperto di giornale. Ogni sera la bicicletta sulle spalle fino in cima alle scale poi, dopo la cena frugale, lei cuce, lui legge ed ascoltano insieme alla radio le opere liriche. 
Dignitosa povertà, rinuncia quotidiana a quel poco di più, messo da parte, nella speranza e nel timore di un futuro ancora tutto da scrivere.
Lui fa il calzolaio, ripara le scarpe; ha una piccola bottega da solo in una via laterale della città; lei l'operaia, dipendente di un noto artigiano, anche lui calzolaio, fornitore di un buon numero di famiglie borghesi: signore e signori arricchiti da poco, chissà come, o nobili decaduti con ancora buone rendite alle quali attingere. Bambini viziati e mamme degne dei figli, capricci da accontentare e sopportare, specchio appannato di una vita condotta nell'agio, lontana dalla realtà.

Alberto e Pinuccia si erano conosciuti lì, entrambi operai di quell'artigiano avido e avaro di lodi e di denaro, nella fredda penombra di stanze odorose di mastice e cuoio, qualche anno prima. Avevano addosso un'infanzia dolorosa marcata a fuoco dalla violenza e dalla morte di una guerra subita, dalla fame del pane a tessera. Alberto con cinque fratelli, Elio, Anna, Adele, Agnese e Guido, era figlio di Cesare e Armida contadini senza terra. Pinuccia e le due sorelle, Lina e Mariuccia, erano figlie di Salvatore, un carabiniere di Paternò, un paesino sulle pendici dell'Etna, e di Anna, donna ligure di S.Remo che aveva nel sangue il sale ed il mare e nel cuore la nostalgia per la sua terra, profumata e tiepida anche d'inverno.

Al piano di sotto la signora Gina prepara il sugo e il profumo si spande, quando apre la porta per portarne un vasetto. "Buon giorno, ne ho fatto un pochino anche per voi. Venite stasera?Giochiamo a carte ". I giorni trascorrono sereni nella scala popolare davanti al carcere, scenario d'una Boheme d'altri tempi, primo atto da protagonisti della loro gioventù quasi al termine, solo adesso vissuta e non subita. "Che gelida manina, se la lasci riscaldar…" Canta Alberto. "Mi chiamano Mimì, ma il mio nome è Lucia" risponde Pinuccia.

Chissà se fu amore o affetto o il tentativo di uscire da due affollate solitudini; due anime assieme, lui taciturno e un po' permaloso, lei estroversa e malinconica con gli occhi accesi ma tristi, sposati di lunedì in una modesta chiesa di parrocchia periferica, abitata da tanti sfollati, operai e dipendenti statali.


Paolo Chierici è nato a Lucca nel 1963 da genitori di umili ma sane origini. Ha assorbito da loro tutti quei valori che oggi sono definiti "anacronistici", compreso l'amore per la natura e per le cose semplici. Non ha frequentato l'università ma si è semplicemente diplomato all'Istituto Tecnico Industriale. Lavora dal 1984 presso un'industria metalmeccanica lucchese per la quale si occupa di comunicazione. Abita in una minuscola casa sulle colline, circondata dal bosco, dalla quale, nelle giornate più limpide, si può scorgere il mare.


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