MEN/UOMINI
– Ritratti maschili nella poesia femminile contemporanea (con testo a fronte) –
a cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti
PER MIO MARITO
Erica Jong
Dormi nel buio
tu, la schiena che amo
col dono di attraversare indisturbato
le mie notti rumorose di poesia.
Da quando ti conosco
ho accolto altri uomini nei miei pensieri.
Ne ho amato parti.
Ma tu solo dormi ancora nel buio
montagna su cui poggia la mia casa,
roccia su cui sorge il mio tempio,
un dizionario immenso con tutte le parole –
persino quelle
che non ho mai detto.
Respiri.
Le pagine dei tuoi sogni sfogliate
dai venti della mia scrittura.
Il cuscino ti segna la guancia
mentre colmo le pagine.
Elemento in cui nuoto
e volo,
musa silente, spina dorsale, compagno –
non va di moda
dirsi sposati –
eppure non ci sono vincoli
nell’aria che condividiamo.
(Traduzione di Ludovica Pisano)
IN LINGUA ORIGINALE:
FOR MY HUSBAND
Erica Jong
You sleep in the darkness,
you with the back I love
& the gift of sleeping
through my noisy nights of poetry.
I have taken other men into my thoughts
since I met you.
I have loved parts of them.
But only you sleep on through the darkness
like a mountain where my house is planted,
like a rock on which my temple stands,
like a great dictionary holding every word –
even some
I have never spoken.
You breathe.
The pages of your dreams are riffled
by the winds of my writing.
The pillow creases your cheek
as I cover pages.
Element in which I swin
or fly,
silent muse, backbone, companion –
it is unfashionable
to confess to marriage –
yet I feel no bondage
in this air we share.
L’INTRODUZIONE DI “MEN/UOMINI”
“Le donne parlano spesso degli uomini”: questa osservazione empirica è talmente scontata da apparire una banalità. Se proviamo ad applicarla alla scena poetica contemporanea, scopriamo un dato altrettanto evidente e macroscopico, ma indubbiamente molto più interessante: molte delle poesie scritte dalle numerose e dotate esponenti della attuale “straordinaria ondata”1 della poesia femminile hanno assai frequentemente come oggetto gli uomini, a testimonianza dell’atteggiamento concreto ed esistenziale, quotidiano e antiaccademico che percorre la poesia femminile contemporanea in lingua inglese sin dai tempi delle grandi maestre confessionali Sylvia Plath e Anne Sexton.
È un fatto che la donna che scrive poesia oggi tende a essere più “sociale”, più concreta del suo corrispettivo maschile. Sembra disposta più degli uomini a veicolare la complessità del proprio vissuto nei versi che compone. È in grado di prendere sul serio sia la propria vita che la propria poesia, e le due cose appaiono spesso indissolubilmente legate. Forse può farlo oggi perché, grazie ai decenni di lotte e alle conquiste del movimento femminile, è più libera, meno condizionata dalla tradizione che ha sempre relegato la donna al ruolo di musa2 e ne ha determinato gli stereotipi della rappresentazione poetica da parte dei poeti maschi, detentori del potere letterario dallo stilnovismo in poi.
Corporeità e relazionalità sembrano essere i poli tematici essenziali della poesia delle donne. Soprattutto, verrebbe da aggiungere, quando sono gli uomini gli oggetti e le fonti di ispirazione. Il naturale obiettivo della woman poet, quindi, non è tanto l’Uomo come ideale astratto, come archetipo di gender, quanto piuttosto tutti quegli uomini “reali”, quotidiani e in carne ed ossa che le vivono accanto: figli, padri, amanti, mariti, fratelli. È il mondo personale e privato che, nelle sue infinite variabili, assume caratteri di universalità, di esemplarità perché le donne sembrano avere la grande capacità di abitare quasi fisicamente lo scorrere del tempo e la storia, considerata nella doppia accezione di Storia dell’Umanità e di storia quotidiana nelle loro vite o di quelle delle generazioni precedenti o successive.
Nel proporre e compilare questa antologia tematica – un genere popolare nei paesi anglosassoni, ma inspiegabilmente poco praticato dalla nostra editoria – abbiamo voluto dare una testimonianza, parziale ma significativa, di quella coralità di voci che sono espressione dello sguardo femminile contemporaneo sull’universo maschile. È Venere che guarda Marte, secondo una definizione per molto tempo in voga, ed è una Venere che non dissimula i propri sentimenti ambivalenti e contraddittori, appassionati e distaccati, affettuosi e ostili, empatici e cinici, verso Marte. Gli uomini sono ritratti col proposito di celebrare, emendare, stimolare, esprimere amore o avversione, approvazione o disapprovazione, senza reticenze o censure. E i toni sono di conseguenza assai vari: si va dal drammatico al giocoso, dal tenero al sarcastico, dall’appassionato al disincantato, dall’elegia all’invettiva.
Abbiamo, così, le sferzate di Wendy Cope – nota nel Regno Unito per la sua poesia parodistica – mitigate da un tono scherzoso e leggero enfatizzato dal sapiente uso della rima, che prima paragona gli uomini ai “bloody buses”3, perennemente “in ritardo” rispetto alle necessità delle donne, ma finisce poi magnanimamente col convenire, e addirittura proporre, che venga scritto nel cielo notturno dai fuochi d’artificio, che gli uomini “sono più o meno normali”4.
Incalza Liz Lochhead con l’ilarità dei suoi monologhi drammatici, uno dei quali si chiude lapidariamente con la ben nota e sempre consolatoria accusa, “tutta colpa di sua madre”. Quale donna può giurare di non avere mai pronunciato queste parole?
Rincara la dose Carol Ann Duffy, in particolare con la tagliente Tu Jane che traccia un quadro impietoso del macho britannico – ma il tema è universale – tutto casa, pub, muscoli e sesso; della sua milantata forza, ma anche della sua insospettabile vulnerabilità. Altrettanto ilare e impietoso è l’umorismo surreale di Selima Hill quando paragona con funambolico wit l’ex-marito a un recinto per polli o a una valigia.
C’è, però, anche l’affettuosa ironia della poetessa irlandese Nuala Nì Dhomnail che celebra la bellezza del corpo maschile in versi leggeri e lirici, e la simpatia con cui Kate Clanchy descrive i suoi Uomini. E mentre agli artisti in genere è riservato sarcasmo e ridicolo, fino al paradossale consiglio di Sylvia Kantaris alla fidanzata ansiosa di un poeta, di mollarlo prima possibile perché affetto da un male che “Negli stadi avanzati è terribile e / assolutamente incurabile”, l’Anne Hathaway di Carol Ann Duffy esalta il suo Shakespeare – sia lo scrittore che l’amante – in versi appassionati: “Il letto in cui ci amavamo era un mondo vorticoso / di foreste, castelli, fiaccole, scogliere, mari / in cui lui si tuffava in cerca di perle”.
Molto tenere sono per lo più – da Sharon Olds a Margaret Atwood, da Anne Stevenson a Elaine Feinstein, per citarne solo alcune – le poesie dedicate ai padri e ai figli. Un esempio per tutte la straordinaria poesia La nudità di mio padre della poetessa israeliana di lingua inglese Karen Alkalay-Gut: “La sua bellezza / nascosta e grande e gentile / mi ha sempre / mozzato il fiato”.
Naturalmente è impossibile – e risulterebbe superfluo in questa breve introduzione – citare una per una tutte le poetesse della raccolta. Rimandiamo per questo alle note in fondo al volume. Ci auguriamo che la loro giustapposizione, l’alternanza pirotecnica di colori e toni, possa comunicare al lettore parte delle emozioni, dello stupore, del genuino divertimento che abbiamo provato noi a tradurle.
Le autrici che abbiamo scelto, tutte viventi, molto diverse tra loro per età, ambiente culturale e geografico, percorso poetico e biografico, alcune famosissime altre meno, hanno un tratto in comune – ed è quello di una grande urgenza comunicativa. Queste poesie sembrano tutte fortemente “necessarie”; scaturiscono dalla consapevolezza che la forma poetica sia il mezzo ideale, con la sua sintesi semantica e ritmica, per esprimere memorabilmente questa urgenza. Quasi tutte le poetesse incluse sono state pubblicate in Gran Bretagna o negli Stati Uniti, ma svariate di loro hanno origini non europee e non WASP a dimostrazione che il flusso geografico e migratorio da molto tempo in atto ha la sua importante influenza sulla poesia contemporanea, soprattutto in termini di ibridazioni culturali e di produttive mescolanze (citiamo, tra le poetesse incluse nell’antologia, le indiane Chitra Divakaruni, Sujata Bhatt, Arundhathi Subramanian e Eunice de Souza; le afroamericane Maya Angelou e Sonia Sanchez; le neozelandese Fleur Adcock e Rachel McAlpine; l’indiana americana Joy Harjo). I ritmi e le allusioni dei loro vari vernacoli ci appaiono allo stesso tempo inauditi e familiari: spesso sono insolite le modalità di espressione come sono familiari le situazioni analizzate, gli eterni universali del rapporto fra i sessi. E l’inglese si fa strumento flessibile e duttile quanti altri mai, in grado di esprimere con forza ed efficacia ogni tipo di variabilità di sentimento, di riflessione, di rivendicazione. Diventa l’arma più straordinaria per esprimere quell’urgenza comunicativa a cui accennavamo prima. Le poesie delle autrice dell’ex-Commonwealth, tra l’altro, appaiono testimonianza di quell’incontro-scontro multiculturale che appare complicare ulteriormente il già difficile dialogo tra i sessi, in cui la curiosità per l’altro e la capacità di ascolto sono la necessaria chiave per superare le difficoltà di comunicazione, l’ancestrale paura dell’altro5.
Le poesie qui presentate sono il risultato di una selezione che a volte si è rivelata difficile proprio in virtù della grande abbondanza del materiale disponibile. Con molta riluttanza, infatti, abbiamo rinunciato a poesie di valore che per varie ragioni non sono potute rientrare nei limiti di questa silloge. Ad esempio, abbiamo volutamente sacrificato testi scritti più di trent’anni fa e dato invece ampio spazio a poesie composte nell’ultimo decennio, per fornire una testimonianza di un mondo contemporaneo in rapido sviluppo in cui la ridefinizione dei ruoli di genere (ma anche dei veicoli di espressione artistica) si riflette ampiamente nell’arte in generale e nella poesia in particolare.
C’è poi una considerazione da fare sul concetto di qualità. Abbiamo privilegiato poesie che riuscissero efficacemente a dare un ordine, una veste compiuta ai pensieri e alle emozioni. Una forma che fosse sufficientemente sorvegliata e consapevole, in cui il “messaggio” e la forza dei contenuti fossero ben disciplinati all’interno di una struttura poetica. Ed è per dare una (sovra)-struttura alla ricchezza del materiale poetico raccolto che abbiamo pensato di suddividere l’antologia in sezioni: una più generale (chiamata, per l’appunto, Uomini), e altre più particolari, dedicate a specifiche “categorie” maschili: Amanti, Mariti, Padri, Figli e, per finire, Artisti.
Questi ultimi sono visti dalle loro donne, muse, modelle, o “semplici” moglie e fidanzate come uomini in cui il genio non redime affatto le debolezze maschili, anzi a volte le amplifica, rendendo la donna dell’artista ancora più sola, ancora più trascurata e relegata a compiti di manovalanza6 o intenta, nel migliore dei casi, a soddisfare l’ipocrita e consolatorio adagio secondo cui “dietro un grande uomo c’è una grande donna”.
Vorremmo concludere questa presentazione con una precisazione che ci sembra doverosa.
Nonostante raccolga poesie scritte da donne, e nonostante tutte le considerazioni espresse in precedenza, questa non vuole essere un’antologia di poesia “femminista”, connotazione che troviamo riduttiva e che non vorremmo venisse riferita a nessuna delle poetesse qui rappresentate. Neppure intende essere più negativa con quell’associazione di ghettizzante domesticità e intimismo che inevitabilmente porta con sé.
Al contrario, ci sembra che l’antologia si possa leggere innanzi tutto come testimonianza di quella poesia genuinamente “popolare” tipica della cultura letteraria anglosassone e che appartiene indifferentemente a uomini e donne. “Popolare” in quanto contrapposta allo stile paludato e accademico che va ancora per la maggiore in Italia. Poesia spesso alta, ma non per questo inaccessibile; poesia vera che stabilisce un nesso vero con la vita; poesia che – tra l’altro – “vende bene”, come attestano – per fare solo due esempi tra le donne – i successi editoriali di Wendy Cope e Carol Ann Duffy.
Poesia che vende anche perché divertente, frutto di quel “grand elementary principle of pleasure” enunciato dal romantico William Wordsworth nella sua prefazione alle Lyrical Ballads e più recentemente invocato da quel grande poeta contemporaneo che fu Philip Larkin.
Principle of pleasure che ha spesso informato anche le nostre scelte, e trasformato la fatica della traduzione in genuino divertimento.
Giorgia Sensi
Andrea Sirotti
(Poesia e Introduzione tratte da “Men / Uomoni”, casa editrice Le Lettere, Firenze, 2004.)
Note:
1 – the extraordinary tide è il titolo di una fortunata antologia di poesia femminile uscita in America per la Columbia University Press nel 2001 (a cura di Susan Aizenberg ed Erin Belieu.)
2 – Una delle poesie della nostra raccolta, Muse di Jo Shapcott rovescia significativamente questa consuetudine e relega un uomo al ruolo di “muso”.
3 – Curioso come Elaine Feinstein nella poesia Father usi la stessa similitudine, questa volta in senso positivo, a descrivere con tenerezza e affetto il proprio padre “trasandato e forte come un vecchio autobus”.
4 – Vedi i versi in esergo a questa scelta antologica.
5 – Paradigmatica in questo senso è la poesia Yes dell’americana Denise Duhamel che tratta del diverso atteggiamento comunicativo di una moglie americana e un marito filippino.
6 – Come nella poesia La Compagna del Poeta in cui U. A. Fanthorpe dopo aver elencato con ironia i requisiti di una brava moglie di poeta conclude amaramente: “E accettare con impeccabile compostezza / La più sconfortante delle dediche: infine a mia moglie, // Che l’ha battuto a macchina.”
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