Speciale: IMMAGINI E VERSI

ORIGINE DELLA VIA LATTEA

La poesia di questo numero, scritta da Aimee Nezhukumatathil una giovane autrice americana di origine indo-filippina, introduce un altro aspetto che accomuna la poesia e le arti figurative: la potenza simbolico-evocativa delle immagini, che possono condurre la riflessione poetica (e il ragionare dello spettatore) su strade imprevedibili e sorprendentemente relativizzate. Così il sopruso subito dalla regina degli dei, l’impossibilità di agire secondo la propria volontà, trova il suo contraltare simbolico nell’immagine “periferica” dei due pavoni che sono mentalmente lontani tra loro e che paradossalmente possono ritrovare unità e intimità atraverso la cattura da parte del cherubino sospeso sopra a loro con una rete. Alla poetessa viene in mente la distanza che la separa dal suo amante e il peso delle costrizioni fisiche che si frappongono al loro amore e alla possibilità di condividere la stessa esperienza estetica. Così un’immagine di grande apertura stellare e cosmica (presente sin dal titolo del quadro e della poesia) si chiude con il suo opposto: il vagheggiamento di un luogo intimo, chiuso, inviolabile come testimonia l’efficacissima immagine finale del salice.

Andrea Sirotti


ORIGINE DELLA VIA LATTEA
dal dipinto con lo stesso nome di Tintoretto, 1564.

Aimee Nezhukumatathil

Nel celeste boudoir della regina Era, il dio Ermes tenta,
lei dormiente, di spillarne il latte nella bocca del neonato Ercole.
Naturalmente, come succede sempre in questi miti,

accade un imprevisto: il latte schizza via

verso un cielo indaco, incendiandosi in piccole fiammelle
che gli dei, più tardi, coglieranno e disporranno

come fa un gioielliere con le sue pietre splendenti
sul velluto, ad un angolo così perfetto che la luce

fa dire a una donna ti prego, amore, prendimi questo.

Non riesco a distogliere lo sguardo dall’angolo a destra
del dipinto, e mi torna in mente l’uomo
che mi manca, lontano cinquecento miglia. Una coppia

di pavoni sta accoccolata su un cuscino regale – il maschio
osserva attento la fonte di luce che esce dal seno della regina.
Un cherubino incombe sugli uccelli, pronto con la rete

a rapire i favoriti di Era se lei fa tanto di
ribellarsi. I pavoni dovrebbero accorgersi del pericolo,
ma non è così: lui è intento, e la femmina si volta di lato

come se fosse già stanca, o infastidita da quello splendore.

Segretamente vorrei che fossero catturati, messi in un sacco insieme
per farli guardare ancora dalla stessa parte, piegare il collo

vicini a progettare la fuga, giurando di tornare al loro salice –
le sue fronde come una trina, così basse da toccare terra.

(traduzione di Andrea Sirotti)

 

In lingua originale:

ORIGIN OF THE MILKY WAY
after the painting with the same name by Tintoretto, 1564.

Aimee Nezhukumatathil

 

In Queen Hera's celestial boudoir, the god Hermes tries
to force her milk into baby Hercules while she sleeps.
But of course, as the way of these myths go,

there's an accident: her milk sprays instead
to an indigo sky, igniting into tiny flames
for the gods to later pluck and arrange the way

a jeweler cunningly places his shiny stones
on velvet at just the perfect angle so the light
makes a woman say Please dear, I want this one.

I can't stop staring at the right-hand corner
of the painting, and I am reminded of the man
I am missing, five hundred miles away. A peacock

and peahen sit nestled on a regal pillow—the male alert,
observing the fountain of light falling from the queen's breast.
A cherub flies above these birds, ready with a net.

to kidnap Hera's prized possessions if she does not
comply. The birds should see what's coming,
but they don't: he is occupied, and the female turns away

as if she's tired already, or can't stand to see this brightness.
I secretly want them to be caught, bagged together if only
to have them look in the same direction again, bend their necks

close to plot their escape, vow a return to their willow tree—
the branches so lacy, so low, they touch the earth.

Reprinted with permission of the author.


Aimee Nezhukumatathil è nata a Chicago nel 1974 da madre filippina e padre indiano. Si è laureata in inglese all’università dell’Ohio ottenendo poi un master in poesia e scrittura creativa. Tra i riconoscimenti ottenuti figurano il Boatwright Prize della rivista Shenandoah (2002), il Richard Hugo Prize di Poetry Northwest e due nomination per il Pushcart prize. Le sue poesie figurano in molte antologie e hanno avuto importanti riconoscimenti critici. Attualmente è assistende di scrittura creativa all’università dello stato di New York-Fredonia.

Iacopo Robusti detto il Tintoretto nacque a Venezia nel 1518 e vi morì nel 1594. Dovette il soprannome alla professione di tintore esercitata dal padre. Le fonti riferiscono di un suo breve e contrastato periodo di formazione nella bottega di Tiziano, ma la critica moderna ha piuttosto ipotizzato come suoi maestri ora Bonifacio de’ Pitati, ora Paris Bordone, ora Andrea Schiavone con il quale il Tintoretto collaborò a una serie di pannelli per cassoni. Le sue prime opere indicano il profondo interesse per le esperienze manieriste dell’Italia. Mirò a realizzare la sintesi tra la potenza del disegno michelangiolesco e il cromatismo di Tiziano, mediante la luce che, investendo le figure, ne rileva i contorni e ne accende il colore. Accanto ad alcune tele di un classicismo riposato (Adamo, Eva, Arianna incoronata da Venere, Susanna, ecc.), ne dipinse altre che, per l’impeto drammatico della composizione e la potenza chiaroscurale, precorrono la pittura del seicento. Troviamo sue opere nelle principali gallerie italiane e straniere, soprattutto a Venezia; le più celebri sono: il Miracolo dello schiavo, il Giudiziouniversale, le tele della scuola di s. Rocco tra cui la Crocefissione; il Cenacolo di S. Giorgio Maggiore e l’immenso Paradiso nella sala del Maggior consiglio del Palazzo Ducale. Furono pittori anche i figli Domenico, Marco e Marietta, detta Tintoretta.


        
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