Cronologia
Carlos Drummond de Andrade nasce a Itabira, nello
Stato di Minas Gerais (Brasile), il 31 ottobre 1902.
Inizia la sua carriera nella capitale Belo Horizonte,
stabilendosi in seguito a Rio de Janeiro, dove vivrà fino
alla morte. Ricopre prima l’incarico di collaboratore del
Ministro della Cultura, poi quello di direttore del Dipartimento
del Patrimonio Storico e Artistico Nazionale.
Intensissima la sua produzione sia in prosa che in
poesia, di grande interesse per lo studio del Modernismo
brasiliano (1922).
Nel 1930 pubblica il
suo libro d’esordio“Alguma
poesia” (qualche poesia) e
nel 1934 “Brejo das almas” (palude delle anime).
Nel 1940 pubblica “Sentimento do mundo” (sentimento del mondo); nel 1942 “José” in “Poesias”. Nel 1945, anno della pubblicazione di “Rosa do povo” (rosa del popolo), diventa
condirettore del giornale <<Tribuna
popular>>. Nel 1951 esce “Claro enigma” (chiaro enigma), nel 1955 “Fazendeiro
do ar”(fazendeiro del cielo).
Dagli Anni Sessanta si dedica esclusivamente alla
letteratura, pubblicando libri di poesia e racconti, fra
gli altri: Lição de coisas (lezione di cose)-1962; Obra Completa (2 vol.- Aguilar-1965) che riunisce tutta la sua produzione
letteraria; Versiprosa e Boitempo (buetempo)-1968
; Menino antigo
e Boitempo II (
bambino antico, buetempo II)– 1973; A visita (la visita)– 1977; O marginal
Clorindo Gato (il marginale C.G.)-1978; Esquecer
para lembrar (dimenticare per ricordare)–1978; A paixão
medida ( la passione misurata)– 1980; Corpo-
1984.
Notevole anche la sua attività di traduttore (Mauriac,
Laclos, Balzac, Proust, Maeterlink, Molière, Lorca e Hamsun)
oltre che di autore di cronache.
Carlos Drummond de Andrade muore a Rio de Janeiro
il 17 agosto 1987.
Fra le pubblicazioni postume: O amor natural (amore naturale)- 1992.
NOTE CRITICHE
Carlos Drummond De Andrade una voce simbolo nella vita letteraria brasiliana, poeta pubblico e sociale come pochi, pessimista ma partecipante, ritroso e umanissimo (Luciana
Stegagno Picchio).
Il percorso esistenziale di Carlos Drummond De Andrade
richiama alla mente quello di Fernando Pessoa: grigio, represso,
schivo.
Nonostante l’indiscutibile rilevanza della sua prosa
(cronache, racconti, articoli giornalistici), la fama di
Carlos Drummond è legata alla poesia, delle più alte e limpide
fra quante prodotte dal Modernismo brasiliano, di cui ne
rappresenta in qualche modo l’evoluzione. Secondo alcuni
critici, a partire dalla sua opera, ha inizio la produzione <<classica>> e
più rappresentativa del nuovo spirito letterario brasiliano.
La forza verbale di Carlos Drummond, la semplicità delle
scelte lessicali volutamente dimesse, coerenti con il relativismo
formale modernista, e la contemporaneità tematica hanno fatto
di lui il più apprezzato e discusso, e imitato, poeta del
Modernismo..
Erudito, aperto al confronto sociale del mondo moderno,
attento all’uomo qualunque, ha impregnato la sua opera di
una visione partecipe con lo sguardo rivolto al futuro.
Da molti è considerato il poeta di José, l’uomo qualunque senza coscienza
della propria identità di uomo, che sente il peso della sua
pochezza, al quale il poeta si rivolge con linguaggio diretto.
Personaggio che è <<tu>>, una parte di noi:
E
ora, José
la
festa è finita,
la
luce è spenta
tutti
se ne sono andati,
la
notte si è fatta fredda
e
ora, José?
e
ora, tu?
tu
che sei senza nome,
che
ti burli degli altri,
tu
che fai versi,
che
ami, protesti?
e
ora, José?
La sua opera attraversa varie fasi, o modi, che sono strati, livelli diversi della coscienza. Non è infatti
possibile stabilire categorie nell’eterno divenire poetico
di Carlos Drummond, nel suo evolversi coerente dal particolare
all’universale, dall’individuo al sociale in cui va realizzando
una poesia in linea ascendente, di irriducibile unità, anche
quando riprende temi fondamentali, e allo stesso tempo di
immersione nel quotidiano che la amplia armoniosamente in
una rivelazione del mondo interiore del poeta, del sentimento
del suo popolo e del suo paesaggio, senza nessuna restrizione
del mondo interiore del poeta di impressionante contenuto
universale. La sua poesia può essere considerata la più seria
e meditata (ma <<senza enfasi>> come lui stesso
direbbe) del Modernismo brasiliano.
Due linee di forza la caratterizzano: il quotidiano
(con l’umore in esso implicito) e il trascendente (oltre
la superficie opaca della realtà corrente) dove pessimismo
e umorismo s’intersecano costantemente:
Nel
mezzo del cammino c’era una pietra
c’era
una pietra nel mezzo del cammino
c’era
una pietra
nel
mezzo del cammino c’era una pietra.
Non
dimenticherò mai questo avvenimento
nella
vita delle mie retine così affaticate.
Non
dimenticherò che nel mezzo del cammino
c’era
una pietra
c’era
una pietra nel mezzo del cammino
nel
mezzo del cammino c’era una pietra.
Poesia dalla raffinata sensibilità prosodica,
destinata a dargli la fama. In essa c’è già tutto. Rappresenta
in modo esemplare le due tendenze: da un lato le espressioni nel
mezzo del cammino e c’era
una pietra attendono al suo estro per il quotidiano qualunque,
mentre nell’altra, retine affaticate, c’è l’ascolto della
tragedia della condizione umana. Il verso libero risponde ai
propositi di rinnovamento instaurati dal Modernismo.
Ma poi al sasso ostacolo
si sostituisce l’utopia umanistica: la sua visione è di questo
mondo, di questo tempo.
Il
tempo è la mia materia, il tempo presente, gli uomini presenti,
la
vita presente.
Nel citato José sboccia
la tematica politica dove il verso viene usato come un’arma
a favore della causa sociale. Posso,
senza armi, rivoltarmi?, si domanda il poeta. E, in Morte
del lattaio, riflette:
all’alba
in una città dove
abitualmente
si uccide.
Non per ciò il suo lirismo è assente. Lo
riscontriamo nell’emozione fraterna per la morte del ragazzo
ignaro e innocente, emozione che si direbbe suggerita dalla
sua vocazione per il trascendente:
La notte generale prosegue
la
mattina ci mette ad arrivare,
ma
il lattaio
steso
per terra, al freddo della notte,
ha
perso la fretta che aveva.
La grande preoccupazione della forma e del trattamento
dei temi poetici portò Carlos Drummond de Andrade a scrivere <<vere
professioni di fede>> in cui è evidente l’aspirazione
alla forma rara, all’apprendimento del mistero della parola
dove solo può esistere poesia.
Si rivolge quindi definitivamente alla ricerca del sentimento del mondo, alvo essenziale
della sua poesia: cercando l’Uomo nell’uomo, il perenne nell’effimero,
ha forgiato una cosmovisione in cui è possibile riconoscere
l’occulto e il misterioso insiti nella realtà contingente.
questa
alba
più notte
della notte.
Va ancora notato che l’indagine trascendentale
non ha reso sterile il flusso intimo, anzi lo ingloba. È la
commozione personale e profonda impressa in Carta:
quando non c’è amore
da
dare o da ricevere;
quando
solo c’è un ricordo,
anche
meno, polvere,
meno
ancora, niente,
niente
di niente in tutto,
in
me più che in tutto
Afferma, col tempo, la vigile
attitudine alla depurazione tematica, sfrondando ciò che gli pare transitorio
o accidentale, per quanto proprio lì si trovi il fondamento
della sua tematica preferita soprattutto quando esplora, come
materia di poesia, ciò che può apparire prosaico, quotidiano.
Ma il poeta non erige barriere al fluire della corrente emotiva,
longeva come la sua stessa esistenza, e della memoria, più profonda
di tutto. Dimostra di essere portato a considerare il passato,
nel tentativo di riscrivere l’infanzia e di ridimensionare
il problema della morte.
Ritornando indietro, il poeta
chiude il ciclo iniziato in gioventù, ma non la ricerca, in un affanno
che segnala la sua sensibilità ansiosa di perfezione, in un
tutto coerente con l’altezza della sua ispirazione poetica.
Infine Carlos Drummond, ponendosi
al di sopra di qualsiasi restrizione modernista, ha saputo
affermare
la legittimità delle attitudini e delle preferenze che confermano
il carattere inconfondibile della sua opera, nello stile e
nel trattamento dei temi al punto di poter attingere, in molte
composizioni, la vera serenità e purezza classica.
Gli ultimi anni vedono la
luce di versi improntati a un erotismo malizioso e sereno
in cui l’uso della
parola utilizza tutte le risorse poetiche dell’attualità. Citiamo
il libro postumo di poesia “Vida natural” (vita naturale)- 1992.
Carlos Drummond De Andrade è stato
tradotto in tutto il mondo. Attualmente in Italia sono disponibili: “La visita” (prosa) Librischeiwiller-1996 e “Cuore numeroso” – Donzelli poesia 2002.
La selezione di poesie che
seguono, si pone lo scopo di offrire un esempio di ciò che segna la personalità di
Carlos Drummond de Andrade e il posto che il poeta occupa nella
letteratura di lingua portoghese del secolo scorso.
1) L’INDIVIDUO
POESIA
DI SETTE FACCE
Quando
nacqui, un angelo indisciplinato
di
quelli che vivono nell’ombra
mi
disse: Vai, Carlo, sii gauche nella
vita.
Le
case spiano gli uomini
che
corrono dietro alle donne.
Se
forse la sera fosse blu,
non
ci sarebbero tante passioni.
Il
tram passa pieno di gambe:
gambe
bianche nere gialle.
Perché tanta
gambe, mio Dio, domanda il mio cuore.
Però i
miei occhi
non
domandano niente.
L’uomo
dietro i baffi
è serio,
semplice e forte.
Quasi
non parla.
Ha
pochi, rari amici
l’uomo
dietro gli occhiali e i baffi.
Mio
Dio, perché mi abbandonasti
se
sapevi che io non ero Dio,
se
sapevi che ero debole.
Mondo
mondo vasto mondo,
se
mi chiamassi Raimondo
sarei
una rima, non sarei una soluzione.
Mondo
mondo vasto mondo,
più vasto è il
mio cuore.
Io
non dovrei dirtelo
ma
questo cognac
ci
commuovono come il diavolo.
POEMA DE SETE FACES - Quando nasci, um anjo torto
/ desses que vivem na sombra / disse: Vai, Carlos, ser gauche na vida .// As casas espiam os homens / que correm atrás de
mulheres. / A tarde talvez fosse azul, / não houvesse tantos
desejos. // O bonde passa cheio de pernas: / pernas brancas
pretas amarelas. / Para que tanta perna, meu Deus, pergunta meu coração.
// Porém meus olhos / não perguntam nada. // O homen atrás
do bigode / é sério, simples e forte. / Quase não conversa.
/ Tem poucos, raros amigos / o homem atrãs dos óculos e do
bigode. // Meu Deus, por que me abandonaste / se sabias que
eu não era Deus, / se sabias que eu era fraco. // Mundo mundo
vasto mundo, / se eu me chamasse Raimundo / seria uma rima,
não seria uma solução. / Mundo mundo vasto mundo, / mais
vasto é meu coração. // Eu não devia te dizer / mas essa
lua / mas esse conhaque // botam a gente comovido como o
diabo.
A
Emil Farhat
di
due milioni di abitanti,
sono
solo nella stanza
sono
solo in America.
Sarò proprio
solo?
Ancora
poco fa un rumore
annunciò la
vita al mio fianco.
Certo
non è vita umana,
ma è vita.
E sento la strega
prigioniera
nella zona della luce.
Di
due milioni di abitanti!
E
nemmeno avevo bisogno di tanto…
Avevo
bisogno di un amico,
di
quelli che tacciono, distanti,
che
leggono versi di Orazio
ma
segretamente influiscono
sulla
vita, l’amore, la carne.
Sono
solo, non ho un amico,
e
in quest’ora tardiva
come
cercare un amico?
E
nemmeno avevo bisogno di tanto.
Avevo
bisogno di una donna
che
entrasse in questo istante,
ricevesse
questo affetto,
salvasse
dall’annichilimento
istante
e affetto folli
che
ho da offrire.
In
due milioni di abitanti,
quante
donne probabili
si
interrogano allo specchio
misurando
il tempo perduto
finché giunga
la mattina
a
portare latte, giornale e quiete.
Però in
quest’ora vuota
come
scoprire una donna?
Questa
città di Rio!
Ho
molte parole tenere,
conosco
voci di animali,
so
dei baci più violenti,
viaggiai,
brigai, appresi.
Sono
circondato da occhi,
da
mani, affetti, domande.
Ma
se tento di comunicare,
ciò che
trovo è solo la notte
e
un’impressionante solitudine.
Compagni,
ascoltatemi!
La
presenza agitata
che
vuole rompere la notte
non è semplicemente
la strega.
È prima
il rivelare la confidenza
che
esala da un uomo.
A
BRUXA – A Emil Farhat -
Nesta cidade do Rio, / de dois milhões de habitantes, / estou
sozinho no quarto / estou sosznho na América. // Estarei
mesmo sozinho? / Ainda há pouco um ruído / anunciou vida
a meu lado. / Certo não é vida humana, / mas é vida. E sinto
a bruxa / presa na zona de luz. // De dois milhões de habitantes!
/ E nem precisava tanto… / Precisava de um amigo, / desses
calados, distantes, / que lêem versos de Horácio / mas secretamente
influem / na vida, no amor, na carne. // Estou só, não tenho
amigo, / e a essa hora tardia / como procurar amigo? // E
nem precisava tanto. / Precisava de mulher / que entrasse
nesse minuto, / recebesse este carinho, / salvasse do aniquilamento
/ um minuto e um carinho loucos / que tenho para oferecer.
// Em dois milhões de habitantes, / quantas mulheres prováveis
/ interrogam-se no espelho / medindo o tempo perdido / até que
venha a manhã / trazer leite, jornal e calma. / Porém a essa
hora vazia / como descobrir mulher? // Esta cidade do Rio!
/ Tenho tanta palavra meiga, / conheço vozes de bichos, /
sei os beijos mais violentos, / viajei, briguei, aprendi.
/ Estou cercado de olhos, / de mãos, afetos, procuras. //
Mas se tento comunicar-me, / o que há é apenas a noite /
e uma espantosa solidão. // Companheiros, escutai-me! / Essa
presença agitada / querendo romper a noite / não é simplesmente
a bruxa. / É antes a confidência / exalando-se de um homen.
VERSI SUL FARE DELLA SERA
la
sua pesante mano. Rughe, denti, calvizie.
Una
maggiore accettazione di tutto,
e
la paura di nuove scoperte.
Scriverò sonetti
della maturità?
Darò agli
altri l’illusione della quiete?
Sarò sempre
pazzo? sempre bugiardo?
Crederò ai
miti? Mi farò gioco del mondo?
Da
molto ho il sospetto del vecchio in me.
Già da
bambino, mi tormentava.
Oggi
sono solo. Nessun bambino salta
dalla
mia vita, per restaurarla.
Ma
se io potessi ricominciare il giorno!
Usare
di nuovo la mia adorazione,
il
mio grido, la mia fame… Vedo tutto
impossibile
e nitido, nello spazio.
Là dove
non è giunta la mia ironia,
fra
idoli dal volto oppresso,
sei
rimasta, spiegazione della mia vita,
come
gli oggetti perduti per strada.
Le
esperienze si moltiplicarono:
viaggi,
furti, alte solitudini,
la
disperazione, ora freddo cristallo,
la
malinconia, amata e respinta,
e
tanta indecisione fra due mari,
fra
due donne, due abiti.
Tutta
questa mano per fare un gesto
che
da tanto è facile mai si modella,
e
rimane inerte, zona di desiderio
sigillata
da arbusti aggressivi.
(Un
uomo si contempla senza amore,
si
dissipa senza nessuna curiosità.)
Ma
vengono il tempo e l’idea del passato
a
farti visita sulla curva di un giardino.
Viene
la rimembranza, e ti penetra
dentro
un cinema, improvvisamente.
E
le memorie scorrono dal collo,
dalla
giacca, dalla guerra, dall’arcobaleno;
si
srotolano nel sogno e ti inseguono,
alla
ri cerca della pupilla che le rifletta.
E
dopo le memorie viene il tempo
a
portare un nuovo assortimento di memorie,
finché,
affaticato, ti rifiuti
e
non sai se la vita è o è stata.
Questa
casa, che guardi di passaggio,
si
troverà nell’Acre? in Argentina? in te?
che
parola hai ascoltato? e dove, quando?
sarà stata
indifferente o solidale?
Un
pezzo di te fa breccia nella nebbia,
vola
forse a Bahia e lascia
altri
pezzi, dispersi nell’atlante,
nel
Paese-del-Riso e sulla tua balia negra.
Che
confusione di cose al crepuscolo!
Che
ricchezza! senza utilità, è vero.
Sarebbe
bello catturarle e metterle insieme
in
un tutto saggio, posto che sia sensibile:
un
ordine, una luce, un’allegria
che
scende nel petto saccheggiato.
E
non fu già il furore dei vent’anni
né la
rinuncia alle cose che elesse,
ma
la penetrazione nel tronco docile,
un’immersione
in piscina, senza sforzo,
un
incontro senza dolore, una fusione,
comprata
con lacrime, rughe e capelli.
VERSOS Á BOCA DA NOITE – Sinto que o tempo
sobre mim abate / sua mão pesada. Rugas, dentes, calva. / Uma
aceitação maior de tudo, / e o medo de novas descubertas. //
Escreverei sonetos de madureza? / Darei aos outros a ilusão
de calma? / Serei sempre louco? sempre mentiroso? / Acreditarei
em mitos? Zombarei do mundo? // Há muito suspeitei o velho
em mim. / Ainda criança, já me atormentava. / Hoje estou só.
Nenhum menino salta / de minha vida, para restaurá-la. // Mas
se eu pudesse recomençar o dia! / Usar de novo minha adoração,
/ meu grito, minha fome…Vejo tudo / impossível e nítido, no
espaço. // Lá onde não chegou minha ironia, / entre ídolos
de rosto carregado, / ficaste, explicação de minha vida, /
como os objetos perdidos na rua. // As experiências se multiplicaram:
/ viagens, furtos, altas solidões, / o desespero, agora cristal
frio, / a melancolia, amada e repelida, // e tanta indecisão
entre dois mares, / entre duas mulheres, duas roupas. / Toda
essa mão para fazer um gesto / que de tão frágil nunca se modela,
// e fica inerte, zona de desejo / selada por arbustos agressivos.
./ (Um homen se contempla sem amor, / se despe sem qualquer
curiosidade.) // Mas vêm o tempo e a idéia de passado / visitar-te
na curva de um jardim. / Vem a recordação, e te penetra / dentro
de um cinema, subitamente. // E as memórias escorrem do pescoço,
/ do paletó, da guerra, do arco-íris; / enroscam-se no sonho
e te perseguem, / à busca de pupíla que as reflita. // E depois
das memórias vem o tempo / trazer novo sortimento de memórias,
/ até que, fatigado, te recuses / e não sabias se a vida é ou
foi. // Esta casa, que miras de passagem, / estará no Acre?
na Argentina? em ti? / que palavra escutaste,
e onde, quando? / seria indiferente ou solidária? // Um pedaço
di ti rompe a neblina, / voa talvez para a Bahia e deixa /
outros pedaços, dissolvidos no atlas, / em País-do-Riso e em
tua ama preta. // Que confusão de coisas ao crepúscolo! / Que
riqueza! sem préstimo, é verdade. / Bom seria captá-las e compô-las
/ num todo sábio, posto que sensível: // uma ordem, uma luz,
uma alegria / baixando sôbre o peito despojado. / E já não
era o furor dos vinte anos / nem a renúncia às coisas que elegeu,
// mas a penetração no lenho dócil, / um mergulho em piscína,
sem esforço, / um achado sem dor, uma fusão, / tal uma inteligência
do universo // comprada em sal, em rugas e cabelo.
MUSICA A BUON MERCATO
Paloma,
Violetera, Feuilles Mortes.
Nostalgie di Matão e di che
altro?
La musica a buon mercato mi visita
e mi conduce
per un povero nirvana alla mia immagine.
Valzer e canzoni nel cassetto
in un armadio che vibra nel custodirle,
nel vecchio armadio, cedro,
pino o…?
(Lo stipettaio nel farlo ben sapeva
quanto questo legno avrebbe sofferto.)
Non voglio Handel per amico
né udire il vocio degli arcangeli.
Mi basta
quello che vedo della strada, senza messaggio,
e, come noi ci perdiamo,
si è perso.
A MÚSICA BARATA – Paloma,
Violetera, Feuilles Mortes. / Saudades do Matão e de
mais quem? / A música barata me visita / e me conduz / para
um pobre nirvana à minha imagem. // Valsas e canções engavetadas
/ num armário que vibra de guardá-las, / no velho armário,
cedro, pinho ou…? / O marceneiro ao fazê-lo bem sabia / quanto
essa madeira sofreria.) // Não quero Handel para meu amigo
/ nem ouço a matinada dos arcanjos. / Basta-me / o que veio
da rua, sem mensagem, / e, como nos perdemos, / se perdeu.
2) TERRA NATALE
UNA CITTADINA QUALSIASI
Case fra bananeti
donne fra aranceti
frutteto amore canti.
Un uomo va lentamente.
Un cane va lentamente.
Un asino va lentamente.
Lentamente… le finestre guardano.
Che vita da somaro, mio Dio.
CIDADEZINHA QUALQUER – Casas entre bananeiras
/ mulheres entre laranjeiras / pomar amor cantar. // Um homem
vai devagar./Um cachorro vai devagar. / Um burro vai devagar.
// Devagar… as janelas olham .// Esta vida besta, meu Deus.
PELLEGRINAGGIO
A Milton Campos
I pellegrini salgono la china
piena di spine, piena di pietre,
salgono la china che porta a Dio
e vanno lasciando colpe lungo il cammino.
Le campane suonano, chiamano i pellegrini:
Venite a lavare i vostri peccati.
Già siamo puri, campana,
grazie,
ma portiamo fiori, offerte e preghiere.
Nell’alto del colle arriva
la processione.
Un lebbroso col saio impugna lo stendardo.
Le cosce delle pellegrine giocano nel vento.
Gli uomini cantano, cantano senza fine.
Gesù sulla croce sospira
afflitto.
Fa tanto caldo, c’è tanta
gazzarra.
Negli occhi del santo c’è sangue
che scorre.
Nessuno se ne accorge, il
giorno è di festa.
Sul sagrato della chiesa
c’è acquavite,
caffè,
statuette, ex voto, carte da gioco, sigarette
e un sole immenso che macchia di oro
la polvere delle ferite e la polvere delle
stampelle.
Mio Buon Gesù che tutto puoi,
umilmente imploro una grazia.
Guariscimi, Signore, ma non da questa lebbra,
dall’amore che io ho e che
nessuno ha per me.
Signore, mio padrone, dammi del denaro,
tanto denaro per comperare
ciò che è caro ma è saporito
e nel mio paese nessuno mai ha avuto.
Gesù mio Dio crocifisso,
dammi coraggio per ammazzare
uno che mi importuna giorno e notte
e dice facezie alla mia donna.
Gesù Gesù pietà di me.
Ladro sono ma non sono cattivo no.
Perché mi perseguitano non
posso dire.
Non voglio essere arrestato,
o mio santo Gesù.
I pellegrini chiedono con gli occhi,
chiedono con la bocca, chiedono con le mani.
Gesù ormai stanco di tanto
chiedere
dorme sognando un’altra umanità.
ROMARIA – A
Milton Campos – Os romeiros sobem a ladeira / cheia de
espinhos, cheia de pedras, / sobem
a ladeira que leva a Deus / e vão deixando culpas no caminho.
// Os sinos tocam, chamam os romeiros: / Vinde lavar os vossos
pecados. / Já estamos puros, sino, obrigados, / mas trazemos
flores, prendas e rezas. // No alto do morro chega a procissão.
/ Um leproso de opa empunha o estandarte. / As coxas das
romeiras brincam no vento. / Os homens cantam, cantam sem
parar. // Jesus no lenho expira magoado. / Faz tanto calor,
há tanta algazarra. / Nos olhos do santo há sangue que escorre.
/ Ninguém não percebe, o dia é de festa. // No adro da igreja
há pinga, café, / imagens, fenômenos, baralhos, cigarros
/ e um sol imenso que lambuza de ouro / o pó das feridas e o pó das muletas. // Meu
Bom Jesus que tudo podeis, / humildemente te peço uma graça.
/ Sarai-me, Senhor, e não desta lepra, / do amor que eu tenho
e que ninguém me tem. // Senhor, meu amo, dai-me dinheiro,
/ muito dinheiro para eu comprar / aquilo que é caro mas é gostoso /
e na minha terra ninguém não possui. // Jesus meus Deus pregado
na cruz, / me dá coragem pra eu matar / um que me amola de
dia e de noite / e diz gracinhas à minha mulher. // Jesus
Jesus piedade de mim. / Ladrão eu sou mas não sou ruim não.
/ Por que me perseguem não posso dizer. / Não quero ser preso,
Jesus ó meu santo. // Os romeiros pedem com os olhos, / pedem
com a boca, pedem com as mãos. / Jesus já cansado de tanto
pedido / dorme sonhando com outra humanidade.
3) LA FAMIGLIA
FOTO DI FAMIGLIA
Questa foto di famiglia
è un po’ impolverata.
Ormai non si vede sul volto
del papà
quanti soldi guadagnò.
Nelle mani degli zii non si percepiscono
i viaggi che i due fecero.
La nonna è sciupata, gialla,
senza ricordi della monarchia.
I bambini, come sono cambiati.
Il volto di Pietro è tranquillo,
si è servito dei sogni più belli.
E Giovanni non dice più bugie.
Il giardino è diventato irreale.
I fiori sono macchie grigiastre.
E la sabbia, sotto piedi estinti,
è un oceano di nebbia.
Nel semicerchio delle sedie
si nota un certo trambusto.
I bambini cambiano di posto,
ma senza far rumore: è una
foto.
Venti anni è un grande tempo.
Modella qualsiasi immagine.
Se una figura va appassendo,
un’altra, sorridendo, si
propone.
Questi strani tipi seduti,
miei parenti? Non credo.
Sono visite che si divertono
in una sala che si apre poco.
Sono rimaste tracce della famiglia
perse nell’atteggiamento
dei corpi.
Abbastanza per suggerire
che un corpo è pieno di sorprese.
La cornice di questa foto
invano tiene prigionieri i suoi personaggi.
Stanno lì volontariamente,
saprebbero – se necessario – volare.
Potrebbero volatilizzarsi
nel chiaroscuro del salone,
andare a stare in fondo ai mobili
o nel taschino di vecchi panciotti.
La casa ha molti cassetti
e fogli, lunghe scale.
Chi conosce l’astuzia delle
cose,
quando la sostanza si annoia?
La foto non mi risponde,
mi fissa e si contempla
nei miei occhi impolverati.
E nel cristallo si moltiplicano
i parenti morti e vivi.
Ormai non distinguo quelli che se ne sono
andati
da quelli che restarono. Percepisco appena
la strana idea di famiglia
che viaggia attraverso la carne.
RETRATO DE FAMILIA – Este retrato de família
/ está um tanto empoeirado. / Já não se vê no rosto do pai
/ quanto dinheiro ele ganhou. // Nas mãos dos tios não se percebem
/ as viagens que ambos fizeram. / A avó ficou lisa, amarela,
/ sem memórias da monarquia. // Os meninos, como estão mudados.
/ O rosto de Pedro é tranqüilo, / usou os melhores sonhos.
/ E João não é mais mentiroso. // O jardim tornou-se
fantástico. / As flores são placas cinzentas. / E a areia,
sob pés extintos, / é um oceano de névoa. // No semicírculo
de cadeiras / nota-se certo movimento. / As crianças trocam
de lugar, / mas sem barulho: é um retrato. // Vinte anos é um grande tempo. / Modela qualquer imagem.
/ Se uma figura vai murchando, / outra, sorrindo, se propôe.
// Esses estranhos assentados, / meus parentes? Não acredito.
/ São visitas se divertindo / numa sala que se abre pouco.
// Ficam traços da família / perdidos no jeito dos corpos.
/ Bastante para sugerir / que um corpo é cheio de surpresas.
// A moldura deste retrato / em vão prende suas personagens.
/ Estão ali voluntariamente, / saberiam – se preciso – voar.
// Poderiam sutilizar-se / no claro-escuro do salão, / ir morar
no fundo de moveis / ou no bolso de velhos coletes. // A casa
tem muitas gavetas / e papéis, escadas compridas. / Quem sabe
a malícia das coisas, / quando a matéria se aborrece? // O
retrato não me responde, / ele me fita e se contempla / nos
meus olhos empoeirados. / E no cristal se multiplicam // os
parentes mortos e vivos. / Já não distingo os que se foram
/ dos que restaram. Percebo apenas / a estranha idéia de família
// viajando através da carne.
LETTERA
Volevo ben scriverla
con parole erudite,
le stesse, usuali,
per quanto tremassero
a un tocco di passione.
Perforando gli scuri
canali di argilla e ombra,
essa andrebbe raccontando
che sto bene, e amo sempre
e amo sempre più
in questo mio modo
contorto e reticente,
e attendo una risposta,
ma che non tardi; e chiedo
un oggetto minuscolo
solo per far piacere
a chi può offrirlo;
direbbe del tempo
che fa da queste parti;
le piogge si sono ormai prosciugate,
i bambini studiano,
un’ultima invenzione
(ancora non è perfetta)
fa leggere nei cuori,
ma tutti speriamo
di rivederci molto presto.
Molto presto, no.
Sta diventando il tempo
stranamente lungo
man mano che si accorcia.
Ciò che ieri si lanciava
lontano,
esuberante sauro,
oggi si paralizza
in sfinge di marmo,
e persino il sonno, il sonno
che era grato ed era assurdo
è un dormire sveglio
in una pianura grave.
Rapido è il sogno, appena,
che se ne va, nell’inviare
notizie amorose
quando non c’è amore
da dare o da ricevere;
quando solo c’è un ricordo,
anche meno, polvere,
meno ancora, niente,
niente di niente in tutto,
in me più che in tutto,
e non serve svegliare
chi per caso riposa
sulla collina senza alberi.
Tuttavia, questa è una lettera.
CARTA – Bem quisera escrevê-la / com palavras
sabídas, / as mesmas, triviais, / embora estremecessem / a
um toque de paixão. / Perfurando os obscuros / canais de argila
e sombra, / ela iria contando / que vou bem, e amo sempre /
e amo cada vez mais / a essa minha maneira / torcida e reticente,
/ e espero uma resposta, / mas que não tarde; e peço / um objeto
minúscolo / só para dar prazer / a quem pode ofertá-lo; diria
ela do tempo / que faz de nosso lado; / as chuvas já secaram,
/ as crianas estudam, / uma última invenção / (inda não é perfeita)
/ faz ler nos corações, / mas todos esperamos / rever-nos bem
depressa ./ Muito depressa, não. / Vai-se tornando o tempo
/ estranhamente longo / á medida que encurta. / O que ontem
disparava, / desbordado alazão, / hoje se paralisa / em esfinge
de mármore, / e até o sono, o sono / que era grato e era absurdo
/ é um dormir acordado / numa planície grave. / Rápido é o
sonho, apenas, / que se vai, de mandar / notícias amorosas
/ quando não há amor / a dar ou receber; / quando só há lembrança,
/ ainda menos, pó, / menos ainda, nada, / nada de nada em tudo,
/ em mim maie do que em tudo, / e não vale acordar / quem acaso
repousa / na colina sem árvores. / Contudo, esta è uma carta.
ESSERE
Il figlio che non feci
oggi sarebbe un uomo.
Lui corre nella brezza,
senza carne, senza nome.
A volte lo incontro
in un incontro di nube.
Appoggia sulla mia spalla
la sua spalla nessuna.
Interrogo mio figlio,
oggetto di aria:
in quale grotta o conchiglia
ti trovi astratto?
Là dove io giacevo,
mi risponde l’alito,
non mi percepisti,
per quanto ti chiamassi
come ancora ti chiamo
(oltre, oltre l’amore)
dove nulla, tutto
aspira a crearsi.
Il figlio che non feci
si fa da se stesso.
SER – O filho que não fiz / hoje seria homem.
/ Ele corre na brisa, / sem carne, sem nome./ / Às vezes o
encontro / num encontro de nuvem. / Apóia em meu ombro / seu
ombro nenhum. // Interrogo meu filho, / objeto de ar: / em
que gruta ou concha / quedas abstrato? // Lá onde eu jazia,
/ responde-me o hálito, / não
me percebeste, / contudo chamava-te / como ainda te chamo /
(além, além do amor) / onde nada, tudo / aspira a criar-se.
// O filho que não fiz / faz-se por si mesmo.
4) GLI AMICI
VIAGGIO DI AMÉRICO FACÓ
Ombra mantovana, il poeta
s’incammina
nell’inframondo deserto,
dove la corolla
notturna dispiega il suo mistero
fatale ma trascendente: quei palazzi
tessuti di pavore e candida argilla,
dove l’amore si completa,
spogliato
della cenere dei contatti. Da questa riva,
vedo da lontano, che si dilegua, la schiva
barca,
e lo saluto: Gentile, gentile spirito,
sereno quanto forte, che mi insegni
l’arte di morire bene, fonte
di vita,
unisti il raro al raro, e componesti
di umano disaccordo, libero, puro,
il tuo cantico sensuale, flauto celeste.
VIAGEM DE AMÉRICO FACÓ – Sombra
mantuana, o poeta se encaminha /
ao inframundo deserto, onde a corola / noturna desenrola seu
mistério / fatal mas
trascendente: àqueles paços // tecidos de pavor e argila cândida,
/ onde o amor se completa, despojado / da cinza dos contatos.
Desta margem, / diviso, que se esfuma, a esquiva barca, / e
aceno-lhe: Gentil, gentil espírito, / sereno quanto forte,
que me ensinas / a arte de bem morrer, fonte de vida, // uniste
o raro ao raro, e compuseste / de humano desacorde, isento,
puro, / teu cântico sensual, flauta e celeste.
A FEDERICO GARCIA LORCA
Sul tuo corpo, che da dieci anni
si va trasfondendo in garofani
di rosso colore spagnolo,
qui sto per deporre
vergogna e lacrime.
Vergogna per tanto tempo
essere vissuto – se morte è vita –
sotto la terra dove gli sproni tintinnano
e calcano la più sottile
erba
e il pensiero più fine
di amore, di giustizia e pace.
Lacrime di notturna rugiada,
non di amarezza disillusa,
lacrime che soltanto distillano
desiderio e ansia e certezza
di ciò che il giorno si farà alba.
(Si farà alba.)
Questo chiaro giorno spagnolo,
raccolto nell’ombra di oggi
sopra il tuo tumulo deve aprirsi,
mostrando gloriosamente
- al canto moltiplicato
di chitarra, gitano e gallo –
che per sempre vivranno
i poeti martitrizzati.
A FEDERICO GARCÍA LORCA – Sobre teu corpo,
que há dez anos / se
vem transfundindo em cravos / de rubra cor espanhola, / aqui
estou para depositar / vergonha e lágrimas. // Vergonha de
há tanto tempo / viveres – se morte é vida- / sob chão onde
esporas tinem / e calcam a mais fina grama / e o pensamento
mais fino / de amor, de justiça e paz. // Lágrimas de noturno
orvalho, / não de mágoa desiludida, / lágrimas que tão-só destilam
/ desejo e ânsia e certeza / de que o dia amanhecerá. // (Amanhecerá.)
// Esse claro dia espanhol, / composto na treva de hoje / sobre
teu túmulo há de abrir-se, / mostrando gloriosamente / -ao
canto multiplicado / de guitarra, gitano e galo - / que para
sempre viverão // os poetas martirizados.
5) CONTRASTO SOCIALE
SENTIMENTO DEL MONDO
Ho due mani appena
e il sentimento del mondo,
ma sono pieno di schiavi,
i miei ricordi scorrono
e il corpo condiscende
nella convergenza dell’amore.
Quando mi alzerò, il cielo
sarà morto e saccheggiato,
io stesso sarò morto,
morto il mio desiderio, morto
il pantano senza poesia.
I compagni non dissero
che c’era una guerra
ed era necessario
portare fuoco e alimento.
Mi sento perso,
anteriore a frontiere,
umilmente vi chiedo
che mi perdoniate.
Quando i corpi passeranno,
io rimarrò solo
a disfare il ricordo
del campanaro, della vedova e del microscopista
che abitavano la baracca
a non furono trovati
all’alba
questa alba
più notte della notte.
SENTIMENTO DO MUNDO – Tenho apenas duas
mãos / e o sentimento do mundo, / mas estou cheio de escravos,
/ minhas lembranças escorrem / e
o corpo transige / na confluência do amor. // Quando me levantar,
o céu / estará morto e saqueado, / eu mesmo estarei morto,
/ morto meu desejo, morto / o pantâno sem acordes. // Os camaradas
não disseram / que havia uma guerra / e era necessário / trazer
fogo e alimento. / Sinto-me disperso, / anterior a fronteiras,
/ humildemente vos peço / que me perdoeis. // Quando os corpos
passarem, / eu ficarei sozinho / desfiando a recordação / do
sineiro, da viúva e do microscopista / que habitavam a barraca
/ e não foram encontrados / ao amanhecer // esse amanhecer
/ mais noite que a noite.
MANO NELLA MANO
Non sarò il poeta di un mondo
caduco.
Pure non canterò il mondo
futuro.
Sono legato alla vita e guardo i miei compagni.
Sono taciturni ma nutrono grandi speranze.
In loro, considero l’enorme realtà.
Il presente è così grande,
non separiamoci.
Non allontaniamoci molto, camminiamo mano
nella mano.
Non sarò il cantore di una
donna, di una storia,
non dirò dei sospiri all’imbrunire,
del paesaggio visto dalla finestra,
non distribuirò stupefacenti
o lettere di suicida,
non fuggirò in un’isola né sarò rapito
dai serafini.
Il tempo è la mia materia,
il tempo presente, gli uomini presenti,
la vita presente.
MÃOS DADAS – Não serei o poeta de um mundo
caduco. / Também não cantarei o mundo futuro. / Estou preso à vida
e olho meus companheiros. / Estão taciturnos mas nutrem grandes
esperanças. / Entre eles, considero a enorme realidade. / O
presente è tão grande, não nos afastemos. / Não nos afastemos
muito, vamos de mãos dadas. // Não serei o cantor de uma mulher,
de uma história, / não direi os suspiros ao anoitecer, a paisagem
vista da janela, / não distribuirei entorpecentes ou cartas
de suicida, / não fugirei para as ilhas nem serei raptado por
serafins. / O tempo é a minha matéria, o tempo presente, os
homens presentes, / a vida presente.
LA MORTE DEL LATTAIO
A
Cyro Novais
C’è poco latte nel paese,
è necessario consegnarlo
presto.
C’è molta sete nel paese,
è necessario consegnarlo
presto.
Circola in paese una leggenda,
che un ladro si ammazza con uno sparo.
Intanto il ragazzo che è lattaio
all’alba con la sua latta
esce di corsa a distribuire
latte buono a gente cattiva.
La sua latta, le sue bottiglie
e le sue scarpe di gomma
vanno dicendo agli uomini nel sonno
che qualcuno si è svegliato
prestino
ed è venuto dall’estrema
periferia
a portare il latte più freddo
e più bianco della migliore
vacca
per dare a tutti forza
nella lotta brava della città.
Nella mano la bottiglia bianca
non ha tempo di dire
le cose che gli attribuisco
né l’ignaro ragazzo lattaio,
abitante della Via Namur,
dipendente della centrale,
di 21 anni,
sa che cosa sia un impulso
di umana comprensione.
E poiché ha fretta, il corpo
va lasciando lungo le case
un po’ di merce.
E siccome la porta dei cortili
nasconderebbe pure gente
che aspira al poco latte
disponibile il tempi nostri,
avanziamo in questo vicoletto,
prendiamo la strettoia,
lasciamo il litro
senza fare rumore, è chiaro,
che il rumore nulla risolve.
Il mio lattaio così delicato
dal passo leggero e lieve,
scivola più che
camminare.
È certo che qualche rumore
sempre si fa: un passo falso,
un vaso di fiori sul cammino,
un cane che abbaia per principio,
o un gatto stizzoso.
E c’è sempre uno che si sveglia,
brontola e torna a dormire.
Ma questo si svegliò in preda
al panico
(dei ladri infestano il quartiere),
non volle sapere di niente.
La pistola dal cassetto
gli balzò in mano.
Un ladro? Si prende con uno sparo.
Gli spari all’alba
liquidarono il mio lattaio.
Se aveva una ragazza, se era vergine,
se era allegro, se era bravo,
non so,
è tardi per sapere.
Ma l’uomo ha perso il sonno
del tutto, e fugge in strada.
Mio Dio, ho ucciso un innocente.
Una pallottola che ammazza un ladruncolo
pure serve per rubare
la vita di un nostro fratello.
Chi vuole chiamare un medico,
la polizia non mette mano
in questo figlio di mio padre.
Salva è la proprietà.
La notte generale prosegue
la mattina ci mette ad arrivare,
ma il lattaio
steso per terra, al freddo della notte,
ha perso la fretta che aveva.
Dalla bottiglia in frantumi,
sulla strada già serena
scorre una cosa spessa
che è latte, sangue… non
so.
Fra oggetti confusi,
appena redenti dalla notte,
due colori si cercano,
soavemente si toccano,
amorosamente si allacciano,
formando un terzo tono
che chiamiamo aurora.
MORTE DO LEITEIRO – A
Cyro Novais - Há pouco leite no país, / é preciso entregá-lo
cedo. / Há muita sede no país, / é preciso entregá-lo cedo.
/ Há no país uma legenda, / que ladrão se mata com tiro.
/ Então o moço que é leiteiro / de madrugada com sua lata
/ sai correndo e distribuindo / leite bom para gente ruim.
/ Sua lata, suas garrafas / e seus sapatos de borracha /
vão dizendo aos homens no sono / que alguém acordou cedinho
/ e veio do último subúrbio / trazer o leite mais frio /
e mais alvo da melhor vaca / para todos criarem força / na
luta brava da cidade. // Na mão a garrafa branca / não tem
tempo de dizer / as coisas que lhe atribuo / nem o moço leiteiro
ignaro, / morador na Rua Namur, / empregado no entreposto,
/ com 21 anos de idade, / sabe lá o que seja impulso / de
humana compreensão. / E já que tem pressa, o corpo / vai
deixando à beira das casas / uma apenas mercadoria. // E
como a porta dos fundos / também escondesse gente / que aspira
ao pouco de leite / disponível em nosso tempo, / avancemos
por esse beco, / peguemos o corredor, / depositemos o litro
/ sem fazer barulho, è claro, / que barulho nada resolve.
// Meu leiteiro tão sutil / de passo maneiro e leve, / antes
desliza que marcha ./ É certo que algum rumor / sempre se
faz: passo errado, / vaso de flor no caminho, / cão latindo
por princípio, / ou um gato quizilento. // E há sempre um
senhor que acorda, / resmunga e torna a dormir. / Mas este
acordou em pânico / (ladrões infestam o bairro), / não quis
saber de mais nada. / O revólver da gaveta / saltou para
sua mão. / Ladrão? Se pega com tiro. / Os tiros na madrugada
/ liquidaram meu leiteiro. / Se era noivo, se era virgem,
/ se era alegre, se era bom, / não sei, / è tarde para saber.
// Mas o homem perdeu o sono / de todo, e foge pra rua. /
Meus Deus, matei um inocente. / Bala que mata gatuno / também
serve pra furtar / a vida de nosso irmão. / Quem quiser que
chame médico, / polícia não bota a mão / neste filho de meu
pai. / Está salva a propriedade. / A noite geral prossegue
/ a manhã custa a chegar, / mas o leiteiro / estatelado,
ao relento, / perdeu a pressa que tinha. // Da garrafa estilhaçada,
/ no ladrilho já sereno / escorre uma coisa espessa / que é leite,
sangue…não sei. / Por entre objetos confusos, / mal redimidos
da noite, / duas cores se procuram, / suavemente se tocam,
/ amorosamente se enlaçam, / formando um terceiro tom / a
que chamamos aurora.
6) LA CONOSCENZA DELL’AMORE
DIMORE
Amore? Amare? Voci che udii, ormai non ricordo
dove: forse fra grandi grate solenni, in
un
incenerito e pungente luogo che annaffiammo
di furia,
estasi, adorazione, timore. Forse nel minimo
territorio accovacciato fra la spuma e il gneiss, dove respira,
- ma quanto spaventato! un bambino appena.
E che presagi
dai suoi capelli si sciolgono!
Sì, udii
di amore, in un’ora
infinita, benché sepolta nella più scricchiolante
sabbia
che i piedi calpestano, calpestano,
e a loro volta – è legge – scompaiono.
E udii di amare, come di un dono a pochi
offerto; o di un crimine.
Di nuovo queste voci, ti prego: Nascondile
con tono sobrio,
o se no, gridale in faccia agli uomini;
sciogli i pietrificati; stordisci
gli steli nell’atto di crescere;
ripeti: amore, amare.
L’aria s’increspa a forza
di udirle; e oltre il tempo risuonano, remi
d’oro che battono l’acqua
trasfigurata; correnti
cadono. In noi risorge l’antico; il nuovo;
ciò che dal nulla
estrasse forma di vita; e non di fiducia,
di turbamento si nutre.
Ecco che l’abolito potere
in quello di oggi si riflette, si confondono,
e quanti di questo male un giorno (sono
morti) singhiozzarono,
abitano nel nostro corpo riuniti e singhiozzano
con noi.
ESTÂNCIA – Amor? Amar? Vozes que ouvi, já não
me lembro / onde: talvez entre grades solenes, num / calcinado
e pungitivo lugar que regamos de fúria, / êxtase, adoração,
temor. Talvez no mínimo / território acuado entre espuma e
o gneiss, onde respira,
/ - mas que assustada! uma criança apenas. E que presságios
/ de seus cabelos se desenrolam! Sim, ouvi de amor, em hora
/ infinda, se bem que sepultada na mais rangente areia / que
os pés pisam, pisam, e por sua vez – é lei – desaparecem. /
E ouvi de amar, como de um dom a poucos ofertado; ou de um
crime. // De novo essas vozes, peço-te: Esconde-as em tom sóbrio,
/ ou senão, grita-as à face dos homens; desata os pietrificados;
aturde/os caules no ato de crescer; repete: amor, amar. / O
ar se crispa , de ouvi-las; e para além do tempo ressoam, remos
/ de ouro batendo a água transfigurada; correntes / tombam.
Em nós ressurge o antigo; o novo; o que de nada / extrai forma
de vida; e não de confiança, de desassossego se nutre. / Eis
que a posse abolida na de hoje se reflete, confundem-se, /
e quantos desse mal um dia (estão mortos) soluçaram, / habitam
nosso corpo reunido e soluçam conosco.
ISTANTE
Un seme ingravidava la sera.
Era il giorno che nasceva, invece della
notte.
Perdeva amore il suo alito codardo,
e la vita, destriero rubro, tirava un calcio,
ma così delizioso, che la
ferita
nel petto frastornato, acceso in festa,
risvegliava, incisione impazzita,
sul tempo senza stelo, una promessa.
La mattina sempre-sempre, e docilastuti
io cacciatori a correre, e le prede
in un felice consegnarsi, fra singhiozzi.
E che ancora, vita eterna, mi riservi?
Ciò che si risolse in un
solo momento
non sta nell’infinito, ed è fuga
e vento.
INSTANTE – Uma semente engravidava a tarde.
/ Era o dia nascendo, em vez da noite. / Perdia amor seu hálito
covarde, / e a vida, corcel rubro, dava um coice, // mas tão
delicioso, que a ferida / no peito transtornado, aceso em festa,
/ acordava, gravura enlouquecida, / sobre o tempo sem caule,
uma promessa. // A manhã sempre-sempre, e dociastutos / eus
caçadores a correr, e as presas / num feliz entregar-se, entre
soluços. // E que mais, vida eterna, me planejas? / O que se
desatou num só momento / não cabe no infinito, e é fuga e vento.
LA STANZA IN DISORDINE
Nella curva pericolosa dei cinquanta
scivolai in questo amore. Che dolore! che
petalo
sensibile e segreto mi tormenta
e mi provoca per la sintesi del fiore
che non si sa come è fatto:
amore,
nella quitessenza della parola, e muto
di naturale silenzio non gli spetta
in tanto gesto cogliere e amare
la nube che da ambigua si
diluìsce
in questo oggetto più vago
della nube
e più proibito, corpo! corpo,
corpo,
verità così estrema, sete così varia,
e questo cavallo sciolto per il letto,
a spasso sul petto di chi ama.
O QUARTO EM DESORDEM – Na curva perigosa
dos cinqüenta / derrapei
neste amor. Que dor! que pétala / sensível e secreta me atormenta
/ e me provoca à síntese da flor // que não se sabe como é feita:
amor, / na quinta-essência da palavra, e mudo / de natural
silêncio já não cabe / em tanto gesto de colher e amar // a
nuvem que de ambígua se delui / nesse objeto mais vago do que
nuvem / e mai defeso, corpo! corpo, corpo, // verdade tão final,
sede tão vária, /e esse cavalo solto pela cama, / a passear o peito de quem ama.
7) LA SUA POESIA
BRINDISI AL BANCHETTO DELLE MUSE
Poesia, tumulto e nausea,
poesia, canzone suicida,
poesia, che ricominci
da un altro mondo, in un’altra
vita.
Ci hai lasciati più affamati,
poesia, cibo strano,
se nessun pane ti equivale:
la mosca ingoia il ragno.
Poesia, sui principi
e i vaghi doni dell’universo:
nel tuo grembo incestuoso,
il bel cancro del verso.
Blu, in fiamma, il tellurio
reintegra l’essenza del poeta,
e ciò che è perso si salva…
Poesia, morte segreta.
BRINDE NO BANQUETE DAS MUSAS – Poesia, marulho
e náusea, / poesia, canção suicida, / poesia, que recomeças
/ de outro mundo, noutra vida. // Deixaste-nos mais famintos,
/ poesia, comida estranha, / se nenhum pão te equivale / a
mosca deglute a aranha. // Poesia, sobre os princípios / e
os vagos dons do universo: / em teu regaço incestuoso, / o
belo câncer do verso. // Azul, em chama, o telúrio / reintegra
a essência do poeta, / e o que é perdido se salva… / Poesia,
morte secreta.
BOTTEGA IRRITATA
Io voglio comporre un sonetto duro
come mai poeta osò scrivere.
Io voglio dipingere un sonetto scuro,
secco, soffocato, difficile da leggere.
Voglio che il mio sonetto, in futuro,
non susciti in nessuno nessun piacere.
E che, nella sua maligna aria immatura,
allo stesso tempo sappia essere, non essere.
Questo mio verbo antipatico e impuro
deve pungere, deve far soffrire,
tendine di Venere sotto il pedicure.
Nessuno lo ricorderà: sparo
sul muro,
cane che minge nel caos, mentre la stella
Arturo,
chiaro enigma, si lascia sorprendere.
OFICINA IRRITADA – Eu quero compor um soneto
duro / como poeta algum ousara escrever. / Eu quero pintar
um soneto escuro, / seco, abafado, dificil de ler. // Quero
que meu soneto, no futuro, / não desperde em ninguém nenhum
prazer. / E que, no seu maligno ar imaturo, / ao mesmo tempo saiba ser, não ser. // Esse
meu verbo antipático e impuro / há de pungir, há de fazer sofrer,
/ tendão de Vênus sob o pedicuro. // Ninguém o lembrará: tiro
no muro, / cão mijando no caos, enquanto Arcturo, / claro enigma,
se deixa surpreender.
8) ESERCIZI LUDICI
ORDINI DEL FISCHIETTO
Un fischio breve: Attenzione, proseguire.
Due fischi brevi: Alt.
Un fischio breve di notte: Accendere i fari.
Un fischio lungo: Rallentare.
Un fischio lungo e breve: Autisti in vettura.
(A
questo segnale tutti gli autisti
prendono
posto in macchina
per
metterla in moto immediatamente.)
SINAL DE APITO – Um silvo breve: Atenção,
siga. / Dois silvos breves: Pare. / Um silvo breve à noite:
Acenda a lanterna. / Um silvo longo: Diminua a marcha.: / Um
silvo longo e breve: Motoristas a posto. // (A este sinal todos
os motoristas / tomam lugar nos seus veículos / para movimentá-los
imediatamente.)
I MORTI IN PALANDRANA
C’era in un angolo della
sala un album di fotografie insopportabili,
alto molti metri e vecchio di infiniti minuti,
su cui tutti si sporgevano
per la gioia di burlarsi dei morti in palandrana.
Una tarma incominciò a rodere
le palandrane indifferenti
e rose le pagine, le dediche e persino la
polvere delle foto.
Solo non rose l’immortale
singhiozzo di vita che prorompeva
che prorompeva da quelle pagine.
OS MORTOS DE SOBRECASACA – Havia a um canto
da sala um álbum de fotografias intoleráveis, / altos de muitos
metros e velho de infinitos minutos, / em que todos se debruçavam
/ na alegria de zombar dos mortos de sobrecasaca. // Um verme
principiou a roer as sobrecasacas indiferentes / e roeu as
páginas, as dedicatórias e mesmo a poeria dos retratos. / Só não
roeu o imortal soluço de vida que rebentava / que rebentava
daquelas páginas.
9) UNA VISIONE, O TENTATIVO
DI, DELL’ESISTENZA
GIARDINO
Nero giardino dove le viole suonano
e il male della vita in eco si disperde:
a caso una canzone avvolge i rami,
come la statua incerta si riflette
nel lago da lunghi anni abitato
da pesci, no, materia corruttibile,
ma da pallide conte di collane
che qualcuno va sfilando, occhi svuotati
e mani offerte e meccaniche,
di un vegetale segreto adorne,
mentre altre visioni si delineano
e subito si avvolgono: mascherata,
che so della tua essenza (o non ne hai),
giardino appena, petali, presagio.
JARDIM – Negro
jardim onde violas soam / e o mal da vida em ecos se dispersa:
/ à toa uma canção envolve os ramos, / como a estátua indecisa
se reflete // no lago há longos anos habitado / por peixes,
não, matária putrescivel, / mas por pálidas contas de colares
/ que alguém vai desatando, olhos vazados // e mãos oferecidas
e mecânicas, / de um vegetal segredo enfeitiçadas, / enquanto
outras visões se delineiam // e logo se enovelam: mascarada,
/ que sei de sua essência (ou não a tem), / jardim apenas,
pétalas; presságio.
COMPOSIZIONE
Ed è sempre la pioggia
nei deserti senza ombrello,
e la cicatrice, si percepisce, nel muro
nudo.
E sono dissolti frammenti di stucco
e la polvere delle demolizioni di tutto
che ostruiscono il deforme paese futuro.
Debole, nel fogliame, il
soccorso dell’imbu.
Una goccia, nel nudo campo disboscato,
Dove viviamo è acqua. Il
sonno, umido,
in urne desolate. Già si
riversano,
consumate, nella corrente, le cose amate
che erano pura delizia, oggi carbone.
Il resto è argilla, senza
speranza di scultura.
COMPOSIÇÃO – E é sempre a chuva / nos desertos
sem guarda-chuva, / e a cicatriz, percebe-se, no muro nu. //
E são dissolvidos fragmentos de estuque / e o pó das demolições
de tudo / que atravanca o disforme país futuro. / Débil, nas
ramas, o socorro do imbu. / Pinga, no desarvorado campo nu.
// Onde vivemos é água. O sono, úmido, / em urnas desoladas.
Já se entornam, / fungidas, na corrente, as coisas caras /
que eram pura delícia, hoje carvão. // O mais é barro, sem
esperança de escultura.
CERAMICA
I cocci della vita, incollati, formano una
strana tazzina.
Non usata,
ci spia dalla credenza.
CERÂMICA – Os cacos da vida, colados, formam
uma estranha xícara. / Sem uso ,/ ela nos espia do aparador.
DOMICILIO
…L’appartamento
apriva
finestre sul mondo. Bambini venivano
a cogliere nella risacca le notizie
della vita per vivere o della incosciente
nostalgia di noi stessi.
La povertà
della terra era più grande
fra i metalli
che la via mescolava a brutti corpi,
incerti, nella fretta. E dal terrazzo
in solitudine gli echi rifluivano
e ogni esilio in molti si trasformava
e un’altra città fuori dalla
città
nell’artiglio di un amo andava
sorgendo,
adunca pescagione, male diffuso,
problema di esistere, amore non usato.
DOMICÍLIO - …O apartamento abria / janelas
para o mundo. Crianças vinham / colher na maresia essas notícias
/ da vida por viver ou da inconsciente // saudade de nós mesmos.
A pobreza / da terra era maior entre os metais / que a rua
misturava a feios corpos, / duvidosos, na pressa. E do terraço
// em solitude os ecos refluíam / e cada exílio em muitos se
tornava / e outra cidade fora da cidade // na garra de um azol
ia subindo, / adunca pescaria, mal difuso, / problema de existir,
amor sem uso.
CANTO SPONGIOSO
Bella
questa mattina senza carenza di miti
e miele sorbito senza blasfemia.
Bella
questa mattina o un’altra
possibile,
questa vita o un’altra invenzione,
senza, nell’ombra, fantasmi.
L’umidità della sabbia aderisce
al piede.
Ingoio il mare, che mi ingoia.
Valve, curvi pensieri, sfumature della luce
blu
completa
su forme costituite.
Bella,
al passaggio del corpo, la sua fusione
nel corpo generale del mondo.
Voglia di cantare. Ma così assoluta
che taccio, repleto.
CANTO ESPONJOSO – Bela / esta manhã sem
carência de mito / e mel sorvido sem blasfêmia. // Bela / esta
manhã ou outra possível, / esta vida ou outra invenção, / sem,
na sombra, fantasmas. // Umidade de areia adere ao pé. / Engulo
o mar, que me engole. / Valvas, curvos pensamentos, matizes
da luz / azul / completa / sobre formas constituídas. // Bela,
/ a passagem do corpo, sua fusão / no corpo geral do mundo.
/ Vontade de cantar. Mas tão absoluta / que me calo, repleto.
L’ARCO
Che vuole l’angelo? chiamarlo.
Che vuole l’anima? perdersi.
Perdersi in rudi guianas
per mai più incontrarsi.
Che vuole la voce? incantarlo.
Che vuole l’udito? imbeversi
di grida sacrileghe
fino a rimanere stordito.
Che vuole la nuvola? rapirlo.
Che vuole il corpo? dissolversi,
distruggere memoria di vita
e quanto sia memoria.
Che vuole la passione? trattenerlo.
Che vuole il petto? chiudersi
contro i poteri del mondo
per nelle tenebre fondersi.
Che vuole la canzone? ergersi
ad arco sopra gli abissi.
Che vuole l’uomo? salvarsi,
con il premio di una canzone.
O ARCO – Que quer o anjo? chamá-lo. / Que
quer a alma? perder-se. / Perder-se em rudes guianas / para
jamais encontrar-se. // Que quer a voz? encantá-lo. / Que quer
o ouvido? embeber-se / de gritos blasfematórios / até quedar
aturditdo. // Que quer a nuvem? raptá-lo. / Que quer o corpo?
solver-se, / delir memória de vida / e quanto seja memória.
// Que quer a paixão? detê-lo. / Que quer o peito? fechar-se
/ contra os poderes do mundo / para na treva fundir-se. // Que
quer a canção? erguer-se / em arco sobre os abismos. / Que
quer o homem? salvar-se, / ao prêmio de uma canção.
SCOPERTA
Il dente morde la frutta avvelenata
la frutta morde il dente avvelenato
il veleno morde la fruttta e morde il dente
il dente, mordendosi, ormai scopre
la polpa deliziosissima del nulla.
DESCOBERTA – O dente morde a fruta envenenada
/ a fruta morde o dente envenenado / o veneno morde a fruta
e morde o dente / o dente, se mordendo, já descobre / a polpa
deliciosíssima do nada.
SEGRETO
La poesia è incomunicabile.
Stattene in disparte nel tuo angolo.
Non amare.
Sento dire che c’è una sparatoria
a tiro del nostro corpo.
È la rivoluzione? l’amore?
Non dire niente.
Tutto è possibile, solo io
impossibile.
Il mare trabocca di pesci.
Ci sono uomini che camminano in mare
come se camminassero per strada.
Non raccontare.
Supponi che un angelo di fuoco
spazzi la faccia della terra
e gli uomini sacrificati
chiedano perdono.
Non chiedere.
SEGREDO – A poesia é incomunicável. / Fique
torto no seu canto. / Não ame. // Ouço dizer que há tiroteio
/ ao alance do nosso corpo. / É a revolução? o amor? / Não
diga nada. // Tudo é possível, só eu impossível. / O mar transborda
de peixes: / Há homens que andam no mar / como se andassem
na rua. / Não conte. // Suponha que um anjo de fogo / varresse
a face da terra / e os homens sacrificados / pedissem perdão.
/ Não peça.
ACQUA-COLORE
Il Paese del Colore è liquido
e si rivela
nell’anilina dei vasi della
farmacia.
Basta guardare, e fluttuo sul verde
non verde bosco, il verde-oltre-il-verde.
E il blu è un’insenatura
nella campana di vetro.
Avrei voluto nascere là,
sto nascendo.
Trapasso la laguna di oro del giallo.
Il colore è l’esistente;
il resto, fallacia.
ÁGUA-COR – O País da Cor é líquido e revela-se
/ na anilina dos vasos de farmácia. / Basta olhar, e flutuo
sobre o verde / não verde-mata, o verde-além-do-verde. // E
o azul é uma enseada na redoma. / Quisera nescer lá, estou
nascendo. / Varo a laguna de ouro do amarelo. / A cor é o existente;
o mais, falácia.