NUOVO
DI ZECCA
Nel
suo Le regole dell’arte, Pierre Bourdieu afferma che
quando un nuovo gruppo di scrittori si presenta al gioco letterario,
deve per forza creare anche i suoi critici, editori, eventi,
lettori e canali di divulgazione. Ciò che Bourdieu non
dice, ma la storia letteraria lo conferma, è che devono
creare anche i suoi bar e luoghi di incontri notturni. O sarà che,
oggi come oggi, il virtuale è in grado di sostituire
il reale in tutto e per tutto?
L'ATTENZIONE
ORIENTATA
Giuseppe
Pontiggia, l'autore di "Morte in banca", "Vita
di uomini non illustri" e "Nati due volte",
morto recentemente, così pensava sullo insegnamento
della Scrittura creativa, al quale si è dedicato per
tanti anni, a Milano: "Scrivere non si può insegnare,
ma si può avvicinare: spiegando come il significato
possa cambiare spostando una parola, si fa acquisire un certo
tipo di sensibilità nei confronti della parola e della
frase. Mostrando ad esempio come si costruisce un attacco narrativo,
come l'hanno costruito grandi scrittori, si può realizzare
un'attenzione orientata che è il massimo ottenibile
da un corso di scrittura."
LE TRE QUALITÀ
Un
commento di Saul Bellow nella sua Prefazione per la raccolta
dei suoi saggi brevi “I conti tornano”: “Molti
anni fa, leggendo il saggio di Tolstoj su Maupassant, rimasi
colpito dal breve elenco delle qualità che Tolstoj considerava
indispensabili per scrivere bene. Esse erano: uno stile trasparente,
un fondamento morale – cioè una ferma posizione
sulla questione del bene e del male – e infine l’attenzione.
Applicandosi diligentemente, lo scrittore sarebbe riuscito
a inculcare il dono dell’attenzione nei suoi lettori,
sostituendo al mondo il suo mondo. Qui, determinazione e passione
sono intercambiabili. Sull’argomento possiamo soltanto
aggiungere che uno scrittore viene educato soprattutto dai
suoi errori. E come severamente suggerisce Henry James nel
suo romanzo breve Mezza età, nel momento in
cui hai completato la tua educazione e appreso un lavoro, è probabile
che tu ti accorga di non avere più tempo a disposizione.”
NATA INVANO
Clarice
Lispector, nel suo libro La scoperta del mondo, una raccolta
di crônicas, racconta la sua nascita: “Per ragioni
che nè mia madre nè mio padre potevano controllare,
nacqui e mi ritrovai così: nata.
Eppure ero stata predisposta per venire alla luce in un modo
tanto bello. Mia madre stava già male e, per una superstizione
piuttosto diffusa, si credeva che fare un figlio guarisse una
donna dalla malattia. Allora sono stata deliberatamente concepita:con
amore e con speranza. Solo che non guarii mia madre. E ancora
oggi mi sento in colpa per questo: mi avevano fatta per uno scopo
preciso, e ho fallito. Come se in trincea qualcuno contasse su
di me e io disertassi. So che i miei genitori mi perdonarono
il fatto di essere nata invano e aver disatteso quella loro grande
speranza. Ma io non mi perdono. Mi piacerebbe che fosse semplicemente
successo un miracolo: che fossi nata e avessi guarito mia madre.
[...]"
PIÙ ATTUALE CHE MAI
La
via di uscita offerta da Calvino nell’ultima parte di
Le città invisibili, “L’inferno che abitiamo
tutti i giorni”: “Cercare e saper riconoscere chi
e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e
farlo durare, e dargli spazio”.
MARGARIDA DI SINCELEJO
Margarida
Chica Salas, la donna che ispirò lo scrittore colombiano
Gabriel García Márquez nella scrittura di Cronaca
di una morte annunciata, è morta nella città caraibica
di Sincelejo. Margarida aveva 78 anni e aveva suggerito a García
Márquez il personaggio di Angela Vicario in quel romanzo
pubblicato un anno dopo la consegna del premio Nobel per la Letteratura,
nell’82. L'opera aveva avuto anche una trasposizione cinematografica
tutta italiana, con la regia di Francesco Rosi e l'interpretazione
di Ornella Muti.
I LAGER DEL PRESENTE
Federica
Sossi, che insegna filosofia teoretica all’università di
Bergamo, per anni si è occupata di lager nazisti e delle
testimonianze dei sopravvissuti., ma nel suo libro più recente, Autobiografie negate: immigrati nei lager del presente (Manifestolibri,
2002), raccoglie una serie di racconti e testimonianze durante
le sue visite ai Cpt (Centri di permanenza temporanea) istituiti
dalla legge Turco-Napolitano del 1998, e che la nuova legge
Bossi-Fini moltiplicherà di numero, allungando a 60
giorni il tempo della permanenza per i reclusi.
Cosa sono i Cpt ? L’autrice lo spiega attraverso il racconto
delle vittime, dei migranti senza permesso di soggiorno, o con
un permesso oramai scaduto, rinchiusi in questi luoghi o forse «non
luoghi». Infatti non sono carceri, non sono centri di ospitalità,
non sono ostelli, ma qualcosa d’altro, di indefinito. La
Sossi ci racconta che qui finiscono uomini e donne che non hanno
commesso reati se non quello di esistere e spostarsi. Sono luoghi
di «scomparsa», nel senso che gli stranieri finiscono
qui prima di essere espulsi. Non sono possibili le visite, nemmeno è prevista
la nomina di un avvocato; anche per i giornalisti e per le associazioni
umanitarie l’accesso è difficoltoso. Spesso sono
situati nelle zone periferiche delle città, creati nel
silenzio e silenziosamente operanti. Un racconto spaventoso nell’Italia
del Duemila.
CONCETTO DI LIBERTÀ
Una
storia brasiliana raccontata da Zélia Gattai, la moglie
di Jorge Amado: In una piccola edizione della casa editrice Macunaìma,
il poeta Vinícius de Moraes
pubblicò un
libro sul suo amico Pablo Neruda: Historia natural de Pablo
Neruda ou A elegia que vem de longe (Storia naturale
di Pablo Neruda, o l’elegia che viene da lontano).
Un bel giorno Vinícius se ne stava tranquillo a bere il
suo whisky a casa di Calá e a ridere delle barzellette
che il suo ospite – un maestro nel narrare storielle – gli
raccontava, quando apparve un giornalista del “Jornal do
Brasil” per intervistare il poeta sul libro appena uscito.
In quegli anni duri di censura e repressione le parole dovevano
essere misurate. Il giornalista, non so se per ingenuità,
gli faceva domande compromettenti. Lo stesso Vinícius
era stato vittima della dittatura, aveva perso il suo posto di
diplomatico dopo un dispaccio del presidente della Repubblica
che diceva: “Mandate via quel vagabondo. Firmato: Artur
da Costa e Silva”.
Da uomo esperto, Vinícius rispondeva evasivamente alle
domande, finché il giovane giornalista decise di fargli
la domanda definitiva:
“
Vinícius de Moraes: che cosa pensa della libertà?”
Vinícius non tentennò, rispose tranquillamente:
“
Per me la libertà è poter fare la cacca con la
porta aperta”.
LA MATERIA DI CUI SIAMO FATTI
Una
riflessione di Claudio Magris all’interno del suo Microcosmi: “Le
differenze di grandezza e d’intelligenza fra gli uomini,
sono in realtà millimetriche rispetto alla morte, al
dolore, alla guerra – e all’incapacità anche
per un genio di prevederla e di impedirla – , all’insonnia,
alla miseria, al mal di denti”.
LA FOLLA INFEROCITA
Qualche
settimana fa lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa è stato
quasi linciato dal pubblico quando, nella Fiera del Libro di
Bogotá, in Colombia, ha criticato severamente lo scrittore
colombiano Gabriel Garcia Márquez per la sua tradizionale
amicizia ai cubani e a Fidel Castro in particolare. Per salvarsi
la pelle dalla folla inferocita, Llosa è dovuto uscire
in fretta da una porta laterale.
LA CACCIA ALLE STREGHE
L’attore
statunitense Danny Glover, che ha recitato in diversi film
di grande botteghino anche in Italia, come la serie Arma
letale,
insieme a Mel Gibson, e le cui opinioni politiche – soprattutto
quelle che riguardano l’occupazione dell’Iraq e
l’attuale Governo Bush – sono considerate sovversive
negli Usa dei nostri giorni, sta subendo grandi pressioni anche
dal punto di vista della sua carriera. Diversi opinionisti,
e in modo più subdolo il sistema dello show business in
generale, invitano il pubblico a non comparire ai suoi spettacoli
teatrali e i produttori a non contrattarlo per i loro film
e pièce teatrali. Commentando questa vera “censura”,
Glover dice che: “Si tratta dell’estremismo nazionalista,
che ha la tendenza a diventare maniacale. Quando marciamo e
salutiamo le bandiere, dobbiamo essere sicuri delle ragioni
per le quali lo faciamo. L’idea loro invece è quella
di schiacciare qualsiasi forma di opposizione. Qualcosa di
molto scuro e di molto sinistro sta accadendo nel nostro paese,
e non ammetterlo significa solo che stiamo diventando ciechi”.
Sulla nuova censura e le persecuzioni contro gli artisti dissidenti
negli USA, ha scritto recentemente la critica d’arte
cubana Graziella Pogolotti: “mentre il Maccartismo degli
anni 50 si scagliò prima contro i comunisti, poi contro
i ‘filocomunisti’ e poi contro quello che nel linguaggio
dell’epoca chiamavano ‘criptocomunisti’,
questo Neomaccartismo di oggi si scaglia contro la propria
tradizione neoliberale degli USA, al reprimere tutte le opinioni
avverse a quelle dei conservatori ora al potere”.
LA MENTE IN QUESTE CONDIZIONI
“Nessuna
lettura è possibile per un popolo con la mente in queste
condizioni. Nessuna frase di un grande scrittore può essere
comprensibile per gente così”, disse Ruskin nel
1871 a proposito del pubblico inglese. E lui attribuiva la
colpa “all’avarizia”. Ma il concetto di “avarizia” potrebbe
essere aggiornato e includere benissimo le forme più moderne
di materialismo, di consumismo e di futilità che ci
sono tanto familiari. E che evidentemente esistono meno oggi
in Inghilterra che altrove.
PERSONAGGI IN ATTESA
Saul
Bellow, dal suo discorso per il premio Nobel, nel 1976: “I
personaggi, ha detto una volta Elizabeth Bowen, non vengono
creati dagli scrittori. Essi preesistono, e devono essere trovati.
Se non li troviamo, se non riusciamo a rappresentarli, è colpa
nostra. Bisogna tuttavia ammettere che trovarli non è facile”.
IL LETTORE CORTÁZAR
In
una intervista a Sara Castro-Klare, Julio Cortázar ha rivelato
con queste parole la sua attività di lettore: “La
mia condotta come tale, tanto nella gioventù come adesso, è profondamente
umile. Voglio dire, forse ti sembrerà una cosa ingenua e
sciocca, ma quando apro un libro lo apro come potrei aprire una
scatola di cioccolatini, o entrare in un cinema, o sdraiarmi per
la prima volta su un letto con una donna che desidero; si tratta
cioè di una sensazione di felicità pregustata, di
certezza che tutto sarà bello, che tutto sarà fantastico.”
L’EDITORE CHE RISPETTA L’AUTORE
In
una recente intervista, il creatore della casa editrice francese
Paul Otchakovsky-Laurens, che ha compiuto nel 2003 vent’anni
di attività, rivela a Claire Devarrieux alcune particolarità delle
sue edizioni: “Sono tutte scelte molto personali, ed è normale
che io debba proteggermi. Ho fissato il limite di pubblicazioni
secondo le mie proprie capacità di lettura (in questo
periodo è di 43 libri all’anno). Parlo di lettura
professionale, seria, approfondita. Leggo tutti i libri che
pubblico, e li pubblico appunto perché li ho letti.
Li difendo come le mie convinzioni. Ho una responsabilità riguardo
agli autori, l’ho capito molto presto. Sin dall’inizio
della mia attività ho voluto accompagnare tutti gli
anelli della catena. Non mi rassegno ad essere un editore dietro
una scrivania. Bisogna entrare nelle librerie, leggere tutte
le critiche e recensioni, spiegare tutto ai rappresentanti
commerciali.” Alla domanda perché non richiede
mai ai suoi autori di riscrivere parti dei loro libri, Otchakovsky-Laurens
ha risposto che “non si può pensare a un mercante
d’arte che dice a un pittore di mettere un po’ più di
rosso qua e un po’ più di verde lì. Ho
imparato una lezione importante una volta quando lavoravo a
Flammarion, riguardo al primo libro di Bertrand Visage, Théatre
aux poupées rouges. Avevo trovato nel libro delle cose
che non mi convincevano, un personaggio racconta una storia
strana, che si è molto allungata e questo squilibrava
il testo. Dopo rivolgermi al comitato di lettura, che mi ha
dato ragione, ho telefonato a Bertrand Visage per dirgli che
doveva riscrivere quel brano. In seguito la Seuil avrebbe accettato
quel suo libro senza alcuna alterazione. Io ero rimasto male.
Quando il libro è uscito, mi sono reso conto che una
delle cose più interessanti in esse era proprio quello
che io avevo preso come un difetto strutturale, e che funzionava
come un elemento spiazzante, un elemento disturbante nella
narrazione ‘ben lubrificata’ del romanzo francese.
A partire da allora ho sviluppato l’idea che quello che
prendiamo per difetti o equivoci è probabilmente proprio
ciò che rappresenta la novità. Oggigiorno, io
accetto o rifiuto un libro, e se sospetto che qualcosa in esso
non funziona, lo dico all’autore, che deciderà se
cambiarlo o no. Un libro è molto simile a un organismo
vivente. Se tu lo rileggi tre anni più tardi, non saranno
mai gli stessi brani quelli che tu prediligerai, l’economia
della tua lettura è stata modificata, quindi bisogna
essere molto prudente. Io non sono altro che un semplice intermediario.”
IL CHIRURGO SPUDORATO
Nel
suo ultimo libro, The Spooky Art, scritto per celebrare i suoi
80 anni, Norman Mailer, cerca di insegnare agli scrittori alle
prime armi alcune regole segrete del mestiere, ma alla fine
Mailer non resiste alla sua abituale vena polemica e stronca
spietatamente, con molta ironia, scrittori consagrati del suo
paese, vivi o morti, come Truman Capote, Joseph Heller, Saul
Bellow, William Borroughs, Kurt Vonnegut Jr e Toni Morrison.
Praticamente non si salva nessuno tranne lui stesso. Giustificandosi,
si dichiara convinto che uno scrittore che, nella sua opera,
si preoccupa di non ferire gli altri, i “colleghi”,
sarebbe come un chirurgo che, di fronte a un’operazione
urgente, si domanda: “Devo fare questa incisione? Devo
dare a questa bella giovane una cicatrice che potrà causare
problemi alla sua vita sessuale nei prossimi trent’anni?”.
CONDANNATI ALLE GALEE
Trovato
tra gli appunti di un monaco del secolo XII: “Se non
sai cos’è la scrittura, devi credermi è un’attività di
grande sacrificio, e se vuoi una spiegazione dettagliata, lasciami
dirti che si tratta di un lavoro penoso: esso rovina la visione,
piega le spalle, schiaccia il ventre e la schiena, comprime
i reni e lascia tutto il corpo indolenzito (...) Così,
come un marinaio arrivato al porto, lo scrittore si compiace
di essere arrivato all’ultima riga”.
PIETÀ PER I LIBRI
Un
racconto brevissimo dello scrittore tedesco Werner Dürrson,
intitolato “Atto breve”:
“
Soffrivo, si ricordò Lohmann, soffrivo per il cavallo
sfinito, per la lumaca mezza calpestata sul ciglio della strada,
per la vespa divisa a metà, ma anche per il libro che
mio padre si metteva a leggere una volta all’anno, solitamente
a Natale, e trasalivo quando le sue mani gigantesche afferravano
quella fragile forma che a me sembrava un essere vivente, la
posavano sul tavolo e, nonostante essa fosse assolutamente arrendevole,
la aprivano violentemente, vi sferravano un pugno nel bel mezzo
della colonna vertebrale e lo passavano su e giù, la schiacciavano
in modo tale che essa, in un primo momento, rimaneva immobile
in quella posizione forzata e lui vi si poteva avventare addosso;
e le pagine che cercavano di rizzarsi debolmente le piegava con
l’unghia del suo pollice enorme, e se neanche questo bastava,
perché la colonna vertebrale, con le ultime energie rimaste,
ritrovava la propria elasticità, allora afferrava la sua
vittima con entrambe le mani e le rivoltava le spalle all’indietro
fino a quando le vertebre non scricchiolavano ed essa giaceva
là sfiancata, solo a questo punto poteva, con il capo
e il busto chini, abbandonarsi, completamente indisturbato alla
propria voglia, o cos’altro fosse, mentre il cuore, trattenendo
ogni urlo, mi si era stretto nel petto. Peccato che sillabe parole
frasi stampate non possano prendere il volo, come semplici pensieri,
pensavo. I miei libri in ogni caso, continuava Lohmann, li tenevo
ben lontano da lui”.
Copertina.
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