TRE SILENZI

Christiana de Caldas Brito



Marta


Si era abituata alla presenza di quell'uomo sulla sabbia.
All'inizio aveva aspettato un gesto, una parola. La curiosità di come fosse
la sua voce esisteva, inutile negarlo, ma era per lei consueto accettare
quello che la vita le dava, senza chiedere di più. Marta ricordava le
compagne di scuola che reclamavano dei professori o degli orari ridotti di
ricreazione. Lei, senza proteste, si adeguava. Educata ad aprire le porte e
far passare gli altri, era vissuta in un coro di "grazie", "certo", "va
bene" "come no!" Dentro di sé portava un nascondiglio pieno di domande mai
fatte, di desideri senza voce. "La felicità sta nel cedere", diceva sua
madre. Lei, docilmente, aveva imparato la lezione.
Si sentiva bene accanto allo sconosciuto della spiaggia. Forse per il
delicato tepore del sole?
Molto presto, ogni mattina, la mente ancora avvolta nell'imprecisa nebbia
dei sogni, seduta sulla sabbia umida, davanti al mare, lo aspettava.
Lui, in silenzio, si metteva vicino a lei.

Un giorno - prima di venire in villeggiatura - Marta si era trattenuta
davanti al cartello di un ufficio postale: "Per favore, mantenete la
distanza di cortesia." Il cartello non precisava la distanza. Sulla
spiaggia, con un piccolo movimento della mano avrebbe senz'altro toccato lo
sconosciuto. Si mise, allora, ad accumulare domande che sarebbero rimaste
nel nascondiglio: era scortese quell'uomo? La distanza di cortesia
nell'ufficio postale era la stessa della spiaggia? Cambia qualcosa se un
uomo mai visto si siede molto vicino a te, quando la spiaggia non è
affollata?
A poco a poco, accanto all'uomo della spiaggia, le domande si calmarono.
Dopo due settimane, osò guardarlo: esplorò con gli occhi le linee del suo
profilo. Come un piccolo moscerino, si vide imprigionata nella sua barba.
Non avrebbe potuto descrivere i dettagli di quel viso, oh, no, i consigli
della madre la confondevano: "Mai aprire regali di sconosciuti, Marta,
mai."
Va bene, mamma, non aprirò, non aprirò questo regalo.
Non mancava però agli incontri con l'uomo della sabbia. Un segreto cresceva
nel suo cuore.
Temeva che lui mancasse agli appuntamenti, ma ogni mattina si rassicurava
al fruscio delle sue scarpe da tennis contro la sabbia.
Avrebbero, ancora una volta in silenzio, condiviso il mare.
Respiravano insieme, accogliendo nella pelle il fragile mistero di restare
da soli sulla riva del mare, senza il via vai dei passanti, senza le grida
dei bambini che sarebbero arrivati in poco meno di un'ora.
Il sole, tirato un nastro di luce sul mare, adagiava con timidezza il
giorno sulle onde.

Marta imparava il silenzio.
Al momento di andare a casa, lasciava lo sconosciuto sulla riva, immobile.
I pantaloni bianchi e la maglia blu, visti da lontano, lo rendevano simile
ad un personaggio di un quadro impressionista. Lei si domandava - pur
sapendo che la domanda non era importante - come mai quell'uomo riuscisse a
mantenere così bianche le scarpe da tennis che contrastavano con il
caffelatte della sabbia.
Per tutto il mese di luglio si erano trovati in silenzio davanti al mare.
Si erano conosciuti senza mai parlarsi. Talvolta, le orme di un cane,
insieme ai trattini lasciati dalle zampe dei gabbiani, formavano fiori
sulla sabbia. A Marta era venuta voglia di ridere al pensiero di
raccogliere quei fiori.
Di notte, a casa, la spaventavano orribili sogni: ladri entravano per
derubarla. Con un grido impotente in gola, vedeva i suoi oggetti più cari
portati via. I ladri però non toccavano le domande del nascondiglio. Si
alzava per andare in cucina. "Che c'è?" mugugnava il marito. "Niente,
niente, dormi." Per salvaguardare lo spazio delle paure, Marta apriva tra
lei e suo marito, un silenzio grande come un parasole.
Molto presto, seduta davanti al mare, attendeva l'uomo del silenzio. Lui
veniva per trovarla, per starle vicino. Lo sapeva. Era questo il segreto:
Marta era felice.

Una mattina, non lo vide. Era forse andato via dalla località di
villeggiatura senza dirle nulla? Perché si sentiva tradita? L'uomo della
spiaggia non le aveva regalato il silenzio che ora lei conservava con sé?
Il giorno dopo, impastata di speranza, andò in spiaggia. La sabbia le
sembrò più scura degli altri giorni, senza il nastro di luce sul mare. Le
onde non si muovevano.
Lui non venne.
Che nome dare a quel dolore così nuovo?
Continuò a sedersi da sola in riva al mare. Ogni mattino.
Finita la villeggiatura, tornò in città con il marito.
***
Alcuni giorni dopo, decide di separarsi. Dice al marito che un uomo si è
seduto vicino a lei sulla spiaggia. Il marito, credendo di essere preso in
giro, domanda chi è l'uomo. Marta dice di non saperlo. "Sei innamorata di
uno sconosciuto? Lo vuoi rivedere?" Per lei, le cose non sono chiare. In
realtà, non è importante tornare a vedere quell'uomo. Vorrebbe sedersi
ancora accanto a lui? Marta s'interroga e non trova risposte. Sa soltanto
di aver condiviso con l'uomo della spiaggia un silenzio diverso da quello
che la univa al marito.



Bessy



Per la famiglia Davies, questo era il secondo anno di villeggiatura in
Italia, ma per Bessy sarebbe stata la prima volta. Lei non aveva mai
attraversato la Manica e già da parecchie settimane sfogliava in
continuazione il suo "Italian by yourself".
Nell'organizzare la villeggiatura, i signori Davies avevano deciso di non
andare in albergo, come l'anno precedente, ma di affittare un villino, in
modo che Bessy portasse i bambini in spiaggia. Il mare per i signori Davies
era soltanto un'immensa cartolina liquida da osservare di pomeriggio e da
lontano.
Bessy si alzava molto presto per andare in spiaggia. La signora dello
stabilimento ammirava la lentigginosa ragazza inglese che correva tutti
quei chilometri - abitudine davvero utile per la salute - ma non riusciva a
spiegarsi come mai, dopo l'esercizio, la giovane si sedesse per fumare -
abitudine per niente sana - .

Quella sigaretta davanti al mare, era per Bessy l'unico momento della
giornata in cui il suo pensiero, come un gabbiano, si librava in aria. Non
era molto contenta di come le cose si svolgevano dai Davies. Lasciarli
significava perdere lo stipendio. Rimanere voleva dire… già, cosa voleva
dire? A Londra, la signora Davies passava gran parte della giornata fuori;
i bambini andavano all'asilo, il signor Davies aveva l'officina in garage
e... Bessy restava con lui in garage.
Mark Davies aveva invaso la sua vita, come quelle onde la riva, in modo
calmo e deciso. Bessy non sapeva come sfuggirgli. Aspettava un qualche
evento straordinario che provocasse un cambiamento. Era arrivata al punto
di desiderare che per qualche ragione i suoi genitori la richiamassero in
Yorkshire.
La sabbia resa scura dall'arrivo delle onde, in pochi secondi si asciugava,
tornando ad essere chiara. Bessy rifletteva su come sarebbe semplice se i
problemi potessero essere risolti con la stessa facilità con cui la sabbia
si asciugava.
Verso le otto era già a casa per svegliare i bambini. Facevano colazione e
ritornava insieme a loro in spiaggia.
Nel pomeriggio, sotto l'ombra di una grande robinia, Daisy e Steve
disegnavano, il signor e la signora Davies uscivano, Bessy raccontava
storie ai bambini. La sera, dopo che loro si erano addormentati, ripassava
le sue lezioni d'italiano.

Quel mattino, un uomo si sedette vicino a lei. Un uomo in pantaloni chiari
e camicia blu, con una barba che gli copriva il viso. Le faceva compagnia e
lei si domandava cosa aspettasse per dirigerle la parola. Si divertiva al
pensiero di un italiano timido, cosa per lei contraddittoria. Era disposta
a prendere l'iniziativa. Immaginava quali frasi del suo "Italian by
yourself" potessero adattarsi alla circostanza, ma i momenti accanto allo
sconosciuto erano così rilassanti che Bessy nulla diceva, rimandando
l'occasione di chiarire chi fosse e cosa volesse quell'uomo.
Il mattino seguente, lo sconosciuto si metteva nuovamente vicino a lei,
senza dire una parola. Per tre settimane, si sedettero l'uno accanto
all'altra, in silenzio.
Chiese al personale dello stabilimento chi fosse quell'uomo, là, lo vedete?
No, non lo conoscevano, neanche lo distinguevano bene, data la distanza.
Bessy osservava da vicino le sue scarpe da tennis senza segni di consumo.
Sembravano acquistate da poco. Un dettaglio senza importanza, si diceva.
Importante era sapere chi fosse quel compagno silenzioso. Era arrivato il
momento dei chiarimenti.
Buttò in aria la domanda, con la stessa disinvoltura con cui Daisy e Steve
avrebbero tirato il pallone in acqua: "Lei è italiano?" Sicuramente, dalla
pronuncia, avrebbe capito che lei era inglese. L'uomo continuò impassibile.
"Scusi", insistette, "ha un fiammifero?" Era la domanda della pagina
quarantasei. L'uomo, in silenzio, manteneva lo sguardo sul mare. Forse è
sordo, pensò Bessy, alzando la voce: "Mi sente? Mi sente, signore?" Lo
sconosciuto non si volse. "Do you speak English?" Lui continuò ad
ignorarla.

Indispettita ed arrabbiata, Bessy se ne andò.
Il mattino seguente, si diresse all'uomo: "Excuse me." Lui, in silenzio,
guardava il mare.
Era forse pazzo?
Bessy s'incamminò verso la signora dello stabilimento. Un uomo l'aveva
molestata! Si appiccicava a lei, voleva allungare la mano per toccarla.
Possibile che in Italia, una straniera giovane e carina non poteva sedersi
in una spiaggia da sola?
Ne parlò a Mark Davies che, solo per evitare noie, non fece denuncia ai
carabinieri, ma il giorno dopo, molto presto, andò in spiaggia con Bessy
per proteggerla.
Lo sconosciuto non si presentò. Né quella mattina né le seguenti.
Bessy continuava a sedersi sulla sabbia e a fumare, però l'assenza di
quell'uomo le pesava. In fondo, non le aveva mancato di rispetto. Perché
era stata così urtata dal suo silenzio?
Prima di tornare a Londra, una sera, sul tardi, Mark e Bessy fecero l'amore
sulla sabbia, proprio nel posto dove si era seduto lo sconosciuto. Mark
Davies promise a Bessy, come aveva fatto le altre volte, che presto
l'avrebbe sposata. Affermò che era proprio deciso a lasciare la moglie.
Bessy sapeva che quella promessa non si sarebbe mai avverata. Le onde del
mare sulla riva battevano e si disfacevano in assoluto silenzio. Quel
silenzio la impauriva: "Ripetimi, Mark, ripetimi quello che hai detto." A
Mark non costò dire un'altra volta che l'avrebbe sposata, che lei non
doveva lasciare il lavoro di babysitter a casa sua.
La villeggiatura finì e i Davies tornarono a Londra, Bessy con loro.
***
Ogni tanto, Bessy si ricorda dello sconosciuto della spiaggia. In garage,
soprattutto. Allora, chiede a Mark di riempirla di parole.



Evelina


Il Dottor Bianchi le aveva raccomandato di andare molto presto al mare. Il
sole delle prime ore avrebbe giovato alla sua salute. Evelina scelse un
albergo tranquillo. Insistette per avere una camera di fondo. La confusione
della spiaggia la innervosiva. Era stato così anche da ragazza.
Per stare tutta sola sulla sabbia, arrivava prima del bagnino, portando con
sé le sue settimane enigmistiche. Era brava nelle parole crociate. Gli
eventi della sua vita però non si erano incrociati nella forma giusta.
Molti quadretti del suo passato erano rimasti vuoti.
Non riusciva neanche a capire a quale punto fosse la sua malattia. Il
Dottor Bianchi era molto riservato e, come lei, di poche parole.
Ogni tanto, sulla spiaggia, pensava a Giulio. Forse per il sole che
spargeva migliaia di riccioli argentati sulla superficie del mare, forse
per le onde che sembravano scrivere sull'acqua.

Per lunghi anni, le sue lettere si erano incrociate nello spazio con quelle
di Giulio che venivano dal Sud America. All'inizio, molto composta, quella
corrispondenza si era trasformata in ansiose e dichiarate richieste di un
affetto che Evelina non osava né dare né ricevere.
Da giovane, non aveva fatto altro che preparare lezioni e correggere
compiti. Gli allievi le volevano bene; lei, voleva bene alle lezioni. Non
guardava gli allievi negli occhi. Mai. Quando correggeva i compiti, si
ricordava bene delle fisionomie dei ragazzi e le loro fattezze sorgevano
chiare davanti a lei, ma in classe evitava che il suo sguardo - le
verticali - potesse incrociarsi con gli sguardi degli alunni - le
orizzontali.
La vita di Evelina - un vero schema ordinato - si trovava ingabbiata dentro
caselle prefissate.
Quando Giulio manifestò il desiderio di venire in Europa per conoscerla,
Evelina rimandò l'occasione: prima, la morte del padre, poi, i costanti
impegni scolastici. Giulio le chiese una foto. Gliene inviò una di quando
era bambina. Temeva di non piacergli.
Non seppe mai perché proprio di primavera le lettere di Giulio cessarono di
arrivare. Non crollano le case che sembrano solide? Non si asciugano i
fiumi? Valanghe di neve possono sommergere gli sciatori. Cose davvero
terribili succedono, ma ad Evelina, niente, proprio niente sembrò più
terribile del silenzio di Giulio.

I suoi problemi di salute iniziarono con la pensione. Per lo meno, era
quello che Evelina pensava. Le giornate diventarono tutte uguali e la
settimana una lunga domenica. Dolori all'addome e poi, l'operazione. La sua
delusione non era la presenza di cellule impazzite all'interno dei suoi
organi. La vera delusione aveva a che fare con la cassetta della posta
piena soltanto di dépliant di supermercati, bollettini parrocchiali,
cartoline di ex colleghe.
Gli scrisse molte lettere, invitandolo a venire. Niente. Evelina non seppe
mai se il suo amato fosse morto, se avesse trovato un'altra o se semplicemente l’avesse
dimenticata.
Aveva portato con sé, in villeggiatura, nella vecchia valigia, niente di meno
che dodici anni di corrispondenza.
In una spiaggia così estesa, c'era da domandarsi perché lo sconosciuto si
mettesse proprio accanto a lei.
Aveva avuto un attimo di paura quando, per la prima volta, quell'uomo si
era seduto vicino a lei sulla spiaggia. Ma unita alla paura, s'installò una
quasi contentezza. Qualcuno si era accorto della sua presenza e lei si
alzava ogni mattina per andare in spiaggia come se l'aspettassero degli
allievi.
Lui e lei rimanevano in assoluto silenzio. Le faceva piacere non dover
rispondere a banali domande o sentire inutili osservazioni. Le uniche
parole che amava erano quelle dei quadretti della settimana enigmistica o
quelle che aveva ricevuto da Giulio.

Accanto allo sconosciuto della spiaggia, Evelina non aveva la solita
sensazione di essere di troppo. I minuti passavano e nessuno dei due osava
tagliare quel sottile filo di buon gusto intrecciato alla convenzione. Per
giorni e giorni, si sedettero davanti al mare. Lei portava le parole
crociate, come se lui non ci fosse. Ma lui c'era. Poteva sentirgli il
respiro calmo e umido mentre lei, con la matita, delicatamente riempiva di
lettere le caselle. Il silenzio cadeva nella sua anima come pioggia in
un'aiuola secca.
Una mattina, mentre si preparava per andare in spiaggia, sembrò turbata:
davanti allo specchio, alzò, con le dita, la pelle del viso, guardandosi
come se un'altra persona la guardasse. In realtà, alzava, con le dita, gli
anni che si erano depositati sul suo viso. Perché proprio adesso ne
prendeva coscienza?
Per tutto il pomeriggio, cercò di leggere. I suoi sospiri erano improvvise
onde che arrivavano da un mare sconosciuto. Presto si rese conto di non
star seguendo quello che leggeva. Chiuse il libro. Un tremendo pensiero
abbandonò le ombre della sua memoria. Non era pronta ad accogliere quel
pensiero che cresceva dentro di sé in un meccanismo simile a quello delle
sue cellule malate.
Non può essere altrimenti, si disse.
Evelina raggiunse una certezza.

Il mattino dopo, per la prima volta dopo tanti incontri sulla spiaggia, non
andò allo stabilimento. Le sue mani tremavano ed il cuore batteva al ritmo
della sua certezza. Ebbe paura di crollare. Una donna malata come lei non
doveva esporsi. Il Dottor Bianchi le aveva consigliato una villeggiatura
tranquilla.
Lasciò passare qualche giorno e scrisse una lunga lettera.
Diede una mancia al ragazzo della portineria. Gli spiegò in quale
stabilimento si trovava il signore solitario al quale doveva consegnare la
lettera. Descrisse dettagliatamente come il signore era vestito, il colore
dei suoi capelli, la barba. All'ultimo minuto corse per raggiungere il
ragazzo: si era scordata di dirgli delle scarpe da tennis bianche.
Resta nella hall, in attesa, con il libro in mano. Nuovamente legge, senza
capirne il senso. La sua mente, altrove, vola con i gabbiani in riva al
mare.
Il ragazzo ritorna con la lettera. Non era riuscito a trovare il signore.
Nello stabilimento nessuno sapeva di lui.
***
Lei sale in camera e strappa la lettera in tanti pezzetti. Due quadretti
bianchi cadono fuori del cestino: in uno c'è la parola "mai"; nell'altro,
le spirali della sua G maiuscola.


Christiana de Caldas Brito, brasiliana, vive a Roma dove lavora come
psicoterapeuta. Ha pubblicato il libro di racconti "Amanda Olinda Azzurra e
le altre" Lilith, Roma, 1998.
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