TRE
EPICEDI
Rosaria Lo Russo
I piccioni che becchettano
il vomito fanno parte del grande cerchio della vita entro il
quale, come direbbe Mufasa, a tutti è d'uopo inscriversi, o è
piuttosto conversione d'orrore, mescolanza d'inutile e d'assurdo,
rimostranze alla Natura, richiesta di rimborso per mancata
soddisfazione?
Simba, Simba - vàttene, sparisci! -
Il Re Leone è clinicamente morto.
(La tramortita)
Odore violento di paste calde e
cioccolato fuso
madida creatura triste e difettata sorride ebete
(Piccolo respiro)
Nel fondo opaco dell'occhio brioscia e cappuccino.
Scoppia un pneumatico. Di alate strutture leonardesche
s'ode lo strepitoso cric croc sotto le ruote di una bici
traballante fra sconnessi acciottolati medievali:
I piccioni hanno perso i riflessi di un tempo:
Adesso rivive tra i fiori dove seminò zizzania
e malagevoli orti conchiusi da pietre focaie.
Con un movimento preciso e distratto delle dita laccate
stacca la striscia adesiva del tempo, e vi aderisce tutta
o cammina a passettini lungo la linea tratteggiata dagli
obliterati giorni.
Ad ogni figlio rinuncia con un'alzata di spalle
quasi che fosse un vezzo o peggio un vago ricordo.
La bocca a cuore, i panni sporchi e i cocci rotti sono suoi.
[Senza] Batter ciglio aggiunge una tacca ancora,
si sdipana come una tenia nell'intestino e la divora
a convonvolo una scritta luminosa: "Era impossibile non
sognare
Era impossibile non cedere continuamente al sogno"
- ... Para ver las reliquias aquì... -
Oscilla lieta ora sulle ossa dei principali morti
Grazie al comodo privato assistenziale non le manca
la terra sotto i piedi e uno è già quasi nella fossa: oh
Matthias:
Saranno lussuosamente vestiti o furono deposti semplicemente nudi?
Sbadigliando osserva sfarinarsi la matassa del suo linguaggio come
le mèches a strisce
della ragazza madre delle pulizie accantucciata lì in un angolo
a fumare l'ennesima smangiucchiandosi le mani tremolanti
che salutista burocrate dello spirito lei, chiromante
adesso craniocoronata cautamente in equilibrio tiranneggia.
Un medesimo vagabondare dell'occhio fra immagini di femmine
cittadine. Ma mi corre l'obbligo di una rettifica al girovagare
campaniano. Dunque pongo il caso che l'occhio fisso girovagante
del poeta sia sostituito da quello di Lei, non più solo bifida
figura ma molteplice figurante, non più immagine sdoppiata delle
Immagini Eterne, ma transeunte essente e dei molti sé
raffigurante: che è come dire ancora Immagine strabicamente a Sè
(e agli altri) dei sé scrivente.
Da ciò debbo trarre conforto e acquetamento: ogni fenomeno è per
sé sereno.
In memoriam
Da tanto tempo lo spirito non abita più qui.
Ma come si suole dire - o mia pensosa prepensionata mente -
ogni lasciata è persa: avere in casa la scrittura corrente oggi
mi serve
soltanto per non smentire la fiducia malriposta in una
che a tempo perso eroga da sempre - gettito -
nella perduta mente della cassintegrata amanuense.
Basta un attimo di distrazione e le spoglie tendine scivolano,
si sfilano rovinosamente tinnendo i cerchietti che sorressero
graziose pieghe, trame d'uncinetto
dentro il panorama che accoglie il mio il tuo nome un altro
le nostre vertebre sgranate come piselli dentro una ciotola di
stagno
Dentro la madre senza respiro infinitamente piangiamo
la morte soprana che ci precedette e ora ci infissa.
Passerà, passerà anche questa mi dico, piena di rimorso.
L'ultima immagine è sempre la più bella, non demordo.
Oggi rimedio che anche non torni all'inverno, mia dolce chimera
Ma non poter più vedere un mattino d'estate o bucarti con un ago
di rimembranza o fare due passi o spalancare la bocca
ad un duplice sorriso di teschio e d'inconsulta brama
non poter più sentire la gioia profonda in questi lombi,
Amica capretta, che smorzavi gli spigoli belando via cavo un filo
di voce
fosti sempre acuta e ossessiva come la bambina che mi dava i
pizzicotti.
I parcheggiatori notturni rimediano mozziconi di voce spenti.
Con un piede nella fossa e uno sul podio li accendo,
passo e chiudo il dorso contratto della mano sulla fronte
e indago nel malcerto ricordo di colei che fu perdutamente
a tempo pieno amata proprio nel suo tempo perduto a vivere
di come occhio per occhio dente per dente ella fu tutta da lui
a poco a poco perduta
L'ultima immagine è la più dura a morire
Bisognerà normalizzarci sulla frequenza delle lacrime:
Ti ho sognata gobba come un punto interrogativo, le acque scure
Galleggiavi placida sulle tue linfe come un'ofelia insomnio
Circumnavigando globuli rilasciandoti a derive
per dismisurati noduli con i binoculi gonfi di un caleidoscopico
rimpianto di colori
Liquide schegge d'iride trattenute come gli aghi scombussolati
Con cui giocavi l'ultima tua scattosa mano di shangai.
Non riesco a dimenticare l'albume del tuo sguardo senza ciglia
Tempo scaduto, tempo scaduto!
"Se non fossi stata povera e sola" - Che vuoi, non
respirava
"Se non fossi stata sola e malata" - Stentava ad
esistere
"Se non fossi stata sola e abbandonata" - Restava appesa
alle mascelle volitive
- E chi ha la pazienza, oggi, di morire? -
Ti aspettavamo al varco vestita da sposa - "Era una vera
forza della cultura"
(proteggete i miei Padri)
Ti volevamo recisa come un'ifigenia bandita --- /"T'hanno
buttata in una fossa comune"
(proteggete i miei Padri)
Non ti avevano studiato bene prima d'investirci su
--- Ti faccio pubblicità per l'avvenire:
Finalmente imparavi a morire
Un vecchio grammofono suona la vostra canzone. Lui ti ricorda
così, un fremito
di coniglio, il sorriso involontario di una smorfia
impercettibile.
"Era lei tutta la mia famiglia,
i figli che avrei voluto, tutto perduto
conati d'orientamento, rumori della casa
il presepe, una pianta che vive d'aria
succo d'aloe vera, adorabile bibliotecaria"
Ti hanno sbattuta fuori all'esame sul Bengodi
Non ti preoccupare, ti aspetto fuori.
Si ruppero le benevolenti tutt'e sei le rotule
E mi sentii mancare io cronista del cuore la terra sotto i piedi
ma ci afferrarono centinaia di mani nodose secche come foglie
una ressa di mani addosso ch'ebbe effetto d'ipnosi:
Nonna mare campagna dolce spacco insenatura
pelle fresca di pesca cuònsolo morbida fenditura
le manine pascolo fra i tuoi seni, armento, manine giunte,
chi ce l'ha chi ce l'ha a chi l'ho messo l'anello? dolce tanfo
d'umido e d'incenso fra i seni rosei come grosse persiche bianche
Mi salti al naso vino moscato, risaiola e capellini d'angelo,
strabica riderella di Venere, soffocàti singulti di nobildonna
piumata:
Ecco il nostro tremendo segreto: Persefone e Demetra
le manine di Persefone accartocciate nel vortice di Ade
l'addome di Persefone risucchiato dal vorticante vacuo
buio e fu Persefone volente e nolente
e fu Persefone ridotta ad anima
Ecco il segreto di Pulcinella: Persefone e Demetra
in vacanza, il ciclo estivo, l'estasi per compiacere Mamma Arte
La Fanciulla sulle ginocchia della Madre come un libro aperto
e il terzo incomodo, il chicco di grano sepolto che lui
deve per forza dissotterrare per amarla a tutti i costi
il ciclo estivo di colui che sposa infera in risalita
la depressa fanciulla disperò dall'abitudine a subirsi
anima a subissare anime in regime di bene condivisi abissi
Piangiamo al varco la nostra bambina, mio triplice amore
Il sacrificio dell'ultimo menarca per la perduta remissione.
Rosaria Lo Russo
Fiorentina, è scrittrice e voce recitante. Ha pubblicato cinque
libri di poesia - il più recente, Comedia,
edito da Bompiani nel 1998 - due volumi di traduzioni di poesie
della statunitense Anne Sexton e vari saggi di comparatistica,
critica letteraria e storia dello spettacolo. Redattrice per dieci
anni della rivista di poesia comparata "Semicerchio",
insegna lettura in versi ad alta voce presso la scuola di poesia
fondata a Firenze dall'associazione culturale Cenobio
Fiorentino-Rivista Semicerchio, e il Laboratorio di Poesia del
Corso Master presso la Scuola Sagarana, a Lucca. Attualmente
collabora con il compositore romano Luigi Cinque all'opera-poesia Hypertext
Ulysses. Gli Ulisse del Mediterraneo, le forme del narrare.
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